I graffi all’auto non erano dell’orso
Cospargersi la testa di cenere è il minimo che si possa fare dopo avere ripreso in MountCity la notizia che un orso aveva danneggiato un’auto parcheggiata al maso Oberberglerhof a Novale di Fiè, ai piedi dello Sciliar, riempiendola di graffi. Contrordine, il danno alla vernice dell’auto non è dovuto alle unghiate dell’orso. E non c’è alcun motivo di riaccendere il dibattito sulla presenza dell’orso in Alto Adige e sul risarcimento di danni causati dai grandi predatori non solo al bestiame ma anche agli oggetti.
Inconsistente è anche l’ipotesi (pure ripresa colpevolmente in questo blog) che l’orso poteva essere stato attirato da una piccola preda rifugiatasi all’interno dell’auto. Oppure, come ipotizzavano i forestali, che l’orso sarebbe stato richiamato dall’odore per lui gradito (?) di una perdita di liquido del radiatore. Niente di tutto ciò anche se chi ha dimestichezza con gli orsi sa che i plantigradi dei parchi americani amano introdursi nelle auto parcheggiate e lasciate per distrazione aperte, stabilito che ad attirarli potrebbe essere il pic nic posto incautamente in vista sui sedili.

Riusciremo mai noi di MountCity a farci perdonare per avere ripreso notizie già all’origine fuori controllo? Un’attenuante potrebbe essere che l’orso è un animale che per sua natura si colloca in una dimensione fiabesca e può scatenare la fantasia di un blogger attempato. Forse per dimostrare quanto l’orso scateni la fantasia basterebbe la lettura del libro di Dino Buzzati “La famosa invasione degli orsi in Sicilia” da cui è stato tratto un film del cartoonist Lorenzo Mattotti. Qualche anno fa l’avvincente storia di un’orsa nel Trentino alla fine dell’Ottocento fu anche raccontata in termini fiabeschi dal bravo giornalista Rosario Fichera nel romanzo “Il soffio dell’orsa” pubblicata da Arti grafiche Saturni.

Fichera ribadì quanto già emergeva dal suo appassionante libro: notevoli sono le qualità dell’orso, la sua possibilità di convivenza con l’uomo. Tutte qualità riconosciute anche nei secoli passati, in cui non si conoscevano ancora bene le scimmie e l’orso era considerato come il più vicino alle caratteristiche umane. Tanto che prima di Darwin si pensava addirittura che potesse essere l’antenato dell’umanità perché sa ergersi sulle zampe posteriori.
Il tentativo fallito di screditare l’orso che si sarebbe accanito contro lo carrozzeria di un’auto parcheggiata richiama alla mente, per concludere, una vignetta che Alberto De Bettin, geniale disegnatore bellunese colto e montanaro appassionato, dedicò al plantigrado. Alberto immaginò che l’animale al cospetto di turisti spaventatissimi per la sua presenza cercasse di conquistarli offrendo loro un barattolo di miele. Il suo miele prediletto. La vignetta resta a nostro avviso uno dei più cordiali inviti a un turismo rispettoso mai visti sui giornali negli ultimi tempi.
De Bettin non si riferiva certo al turismo delle moto da cross, delle motoslitte, dell’eliski bensì a quello (comunque in crescita) incline agli equilibri tra natura e cultura. Il turismo di chi, suggestionato favorevolmente da una vignetta, è ancora capace di entrare in punta di piedi nel sistema naturale. E non certo per semplificarlo a propria immagine e somiglianza. (Ser)