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Letture / In montagna con la “pieghevole”

“Affido la mia anima alle divinità del valico e inizio a scendere. Sedici chilometri di curve e corti rettilinei intervallati da tornanti e poi: pochissimi guardrail, pini a volontà, scorci su strapiombi da ‘mammamia che paura’, motociclisti educati che per fortuna mi evitano come la peste e infine, costantemente nella testa, l’impressione di essere finito in una spirale che mi risucchia a valle”. 

Si può affrontare un lviaggio sulle Alpi senz’auto come racconta l’intraprendente Paolo Mellini (Alla conquista delle Alpi con una bici pieghevole, Ediciclo, 144 pagine, 16 euro) confidando esclusivamente in una bicicletta pieghevole da usare solo in discesa e nei trasporti pubblici locali? Cullando il sogno di una montagna car-free, regno di ciclisti, camminatori e corriere ecologiche, l’autore, sostenuto da un sommo sprezzo del ridicolo, è filato via leggero da Trieste a Savona. Attento a ridurre la propria impronta ecologica, è fuggito dal trantran quotidiano e, valico dopo valico – grazie alla bicicletta battezzata Margot, alla grande bellezza delle montagne ma soprattutto a numerosi incontri indimenticabili –, ha portato a spasso il bambino dentro di sé. 

In queste pagine ci vengono restituiti secondo l’autore tutti gli ingredienti di un viaggio avventuroso e incauto, tra salite impossibili, panorami mozzafiato, discese al cardiopalma, incontri del destino e mangiate luculliane. Ciò rende indubbiamente la lettura appassionante, ma non bisogna dimenticare che all’inizio dell’altro secolo i clcloalpinisti ne facevano di peggio (e di meglio, secondo i gusti). Caricandosi in spalla la loro ferraglia, scavalcavano passi ingombri di neve alla ricerca di un posto dove piantare la tendina. Ma era ordinaria amministrazione per gente come Kurt Diemberger che si vanta di avere avuto a disposizione per le sue scalate a pedali la bici del nonno. Nientemeno. (Ser)

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