“Altro che mele, coltiverete arachidi”

Gli allarmi del climatologo Luca Mercalli (foto qui sopra) durante un convegno a Trento e del geologo e divulgatore Mario Tozzi invitato a una trasmissione di Massimo Gramellini. Entrambi sono presenze ormai abituali in Tv nelle ore di maggiore ascolto.

Manca l’acqua e crescono le temperature. Si teme un’estate siccitosa che metterà nuovamente in crisi il comparto agricolo e minaccia anche quello idroelettrico. Se ne è parlato giovedì 16 marzo a Trento nel corso del convegno voluto da Comifo (Consorzi irrigui e di miglioramento fondiario del Trentino) che al Grand Hotel Trento ha visto l’intervento del climatologo Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana. “Se non rallentiamo l’emissione di gas serra”, ha anche detto Mercalli, “le temperature cresceranno di quattro-cinque gradi entro il 2100, persino otto sull’arco alpino. Altro che mele del Trentino, vi troverete a coltivare arachidi”, ha profetizzato l’esperto, parole riportate sul quotidiano quotidiano L’Adige.
Non migliori le prospettive per quanto riguarda l’acqua: “I ghiacciai fondono, le precipitazioni nevose si fanno scarse, quelle piovose si fanno irregolari. Occorre raccogliere la poca acqua che cade per evitare che vada a mare”, spiega Mercalli. “Servono opere irrigue, invasi, una migliore rete, ma è un impegno che prende dieci o vent’anni”. 

Per evitare una pesante siccità nell’estate 2023, l’unica speranza è che piova ad aprile e maggio. Nel corso della trasmissione “Le parole” di Raitre a cura di Massimo Gramellini, il geologo e divulgatore Mario Tozzi ha colto sabato 20 marzo anche l’occasione per attirare l’attenzione sull’esorbitante consumo di acqua per produrre neve artificiale destinata alle piste di sci. Un ennesimo allarme ovvero grido di dolore, e non è detto che tale grido giunga alle orecchie dei distratti politici a dispetto della gravissima crisi idrica e della minaccia di razionare le ormai inesistenti scorte idriche. 

Mario Tozzi

Come risulta dal fascicolo numero 743 in pdf uscito in dicembre  della collana “Questioni di Economia e Finanza” della Banca d’Italia, la combinazione tra la carenza di acqua e il drammatico aumento dei costi dell’energia rende sempre più un lusso sparare la neve sulle piste, una parte della quale viene spazzata via dal vento, un’altra evapora o sublima. Per rifornire di neve artificiale i 23.800 ettari di piste innevabili sull’arco alpino è stato documentato un consumo energetico complessivo di ben 600 Gwh (gigawattora), che corrisponde al consumo annuo di energia elettrica di 130.000 famiglie di quattro persone, come specificato dalla Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi.

In termini di rapporto tra costi e benefici, dovrebbe essere ormai noto che il ricorso all’innevamento artificiale trova giustificazione solo in una stagione stabile e in una clientela sempre più elitaria. Buon segno se di queste emergenze si fa  almeno un cenno in Tv nelle ore di maggiore ascolto. (Ser) 

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