Ciclovia del Garda, capolavoro o sfregio del paesaggio?

Siamo abituati ai ruggiti dei leoni da tastiera, ma ora forse si esagera con le polemiche scatenate contro la nuova Ciclovia del Garda. Fino a ieri era considerata un progetto ambizioso e particolarmente riuscito. Suscitava rispetto con i suoi 140 chilometri tracciati utilizzando piste ciclabili già esistenti e aggiungendo nuove tratte. Era un sogno per ogni ciclista. Tutto pronto? Non ancora. E ci vorrà un po’ di pazienza. I lavori finiranno nel 2026. Mancano tre anni dunque alla conclusione e a voler leggere i giornali locali si sta scatenando il finimondo ancor prima che sia varato uno schema di protocollo d’intesa fra Regione Veneto, Provincia autonoma di Trento e Regione Lombardia. 

La ciclovia del Garda è un intervento sicuramente di rilievo nazionale, sia perché coinvolge un vasto territorio appartenente a tre diverse realtà amministrative che si affacciano sul più grande lago italiano e che già da tempo collaborano all’attuazione di progetti strategici di interesse turistico e commerciale, sia per l’enorme potenzialità attrattiva di flussi turistici che questo anello ciclabile interregionale di lunga percorrenza sarà in grado di esercitare.

Ora si scopre però che la sicurezza dei ciclisti non sarebbe garantita. Che le conseguenze saranno negative su traffico e circolazione. Che l’impatto economico negativo sarà tutt’altro che trascurabile. E infine, che la ciclopedonale sarà un vero e proprio sfregio ambientale ai danni del lago. 

Albergatori e commercianti sono scesi in campo contro il tracciato nel tratto occidentale tra Salò e Gardone Riviera. Lo hanno fatto inviando una richiesta ai sindaci  dei due paesi e alla Comunità del Garda. A metterci la faccia sono stati Davide Sari, presidente del consorzio albergatori Carg, e Andrea Maggioni, presidente dell’associazione di commercianti Salò Promotion. 

Albergatori e commercianti non contestano l’importanza dell’investimento nella ciclabile (“sia il consorzio che l’associazione sono favorevoli a qualsiasi iniziativa di valorizzazione turistica del territorio”), ma puntano l’indice contro le debolezze del tracciato. 

“Le nostre osservazioni a riguardo della ciclovia – spiegano Sari e Maggioni – si raggruppano in tre diverse categorie: la prima, nonché più rilevante, riguarda la sicurezza e la viabilità, la seconda l’impatto paesaggistico e la terza considerazioni di impatto economico”.

Il progetto attuale – osservano le associazioni di categoria – prevede lo sviluppo della ciclovia all’interno di centri storici e lungo la “nota” Strada statale 45bis. In quel tratto sono stati individuati “attraversamenti della Ss 45 bis – almeno 7 volte – nel tratto che va da Salò fino a Toscolano Maderno. Come evidenziato nella relazione tecnica, la Ss 45 bis – oltre a essere palesemente inadeguata – è ad alto transito e ogni anno sono davvero molti gli incidenti che si verificano a causa delle code, della forte velocità e infine del transito contestuale di bici, auto e mezzi a due ruote.

Non basta: sul percorso ci sono anche attraversamenti di numerose strade comunali che si intersecano con la Ss 45 bis. Soprattutto nel tratto di Barbarano e in quello di Gardone Riviera dove è già in essere una passeggiata ciclopedonale protagonista di spiacevoli incidenti tra ciclisti ed auto obbligate ad attraversare la ciclopedonale per raggiungere i diversi punti dell’abitato.

Albergatori e commercianti sottolineano inoltre la “presenza di tratti ibridi, di estrema pericolosità, in cui la ciclabile in progetto transiterà direttamente sulla Ss 45 bis. Questo costringe le auto al sorpasso delle bici, o – nel rispetto del nuovo codice della strada –  a dare precedenza alle bici, contribuendo così al peggioramento della attuale viabilità già al collasso”.

A preoccupare è anche la rimozione di numerosi posti auto in tutto il tragitto che interessa i due Comuni di Salò e Gardone Riviera. C’è poi la questione, non meno importante, della tutela del paesaggio. Le associazioni di categoria sono “sorprese di come questa tutela verrebbe improvvisamente e inspiegabilmente a mancare: la costruzione della ciclovia prevede nell’attuale progetto la rimozione del verde (numerosissime aiuole e piante definite “non di pregio”) contribuendo a un’ulteriore cementificazione e uso di suolo. Ma di che razza di tutela del paesaggio si può parlare? (Ser)

Fonte: 

https://www.ladige.it/territori/riva-arco/2023/02/06/ciclovia-del-garda-albergatori-e-commercianti-in-campo-quel-tracciato-e-da-rivedere-1.3419172

Un pensiero riguardo “Ciclovia del Garda, capolavoro o sfregio del paesaggio?

  • 01/04/2023 in 22:46
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    L’hanno già chiamata «la ciclabile più bella del mondo», o la «ciclabile dei sogni». Certamente il primo tratto della pista da Limone a Riva del Garda impressiona per bellezza, capacità progettuali e operative. Si tratta di una passerella a sbalzo, larga circa 2.5 m, lunga circa 2 km, agganciata alla parete rocciosa che strapiomba nel lago, accanto alla ‘storica’ strada del Meandro, così battezzata da Gabriele d’Annunzio negli anni Trenta del secolo scorso, poi ripresa come statale 45 bis ‘Gardesana Occidentale’. In un panorama italiano dove la costruzione di nuove piste ciclabili è particolarmente parsimoniosa e frutto talvolta di improvvisazioni con rischiose conseguenze per gli utilizzatori – succede non di rado che le piste siano più pericolose delle strade ordinarie – vedere un’opera progettata e realizzata a regola d’arte conforta e fa sperare bene per il futuro.
    Il nostro Codice della Strada (art. 3) non contempla le piste ciclabili come tipologia stradale a sé stante, ma come una parte accessoria della viabilità ordinaria. Negli altri Paesi europei, le infrastrutture dedicate alle due ruote sono considerate vere e proprie strade e quindi progettate come tali, senza soluzione di continuità, dotate di frequenti vie di fuga, aventi diritto di precedenza sulle strade minori convergenti, sufficientemente larghe e prive di ostacoli come gradini o sbalzi di livello. La nuova ciclabile del Lago di Garda, sia pure nella sua brevità, garantisce alcune di queste qualità.
    La scelta «di staccare il sedime del nuovo percorso – come recita la relazione tecnica dei progettisti – dal muro e dalla roccia, per dar vita ad un tracciato che, slegato sia dalla linearità del bordo strada sia dalla irregolarità del profilo della parete rocciosa, possa avere un andamento planimetrico più armonioso, con raggi di curvatura adeguati alle esigenze di un percorso ciclabile» rivela, per altri versi, la superiorità dell’approccio ingegneristico a quello strettamente paesaggistico. Una volta vista e provata la ciclabile, sorge infatti una considerazione non secondaria. Questa voluta ‘slegatura’ è, in fin dei conti, un vantaggio o una perdita in termini paesaggistici? Mettere in così netta evidenza il nastro ciclabile sul bordo della rupe è segno di corretto inserimento nel paesaggio, oppure no? Ho avuto qualche perplessità. Soprattutto riguardando l’impatto visuale della ‘vecchia’ Gardesana con il suo ‘vedo e non vedo’, con l’alternanza di gallerie e di tratti scoperti ben corroborati dalla vegetazione d’arredo. La Strada Gardesana, ricordiamolo, fu una delle prime strade italiane, assieme a quella del Terminillo nel Lazio, a essere progettata con chiari scopi di inserimento paesaggistico? Di fronte a un tale modello è giusto derogare con un’opera dichiaratamente avulsa?
    Non distante dalla nuova ciclabile esiste un’altra vecchia strada, realizzata ancor prima della Gardesana. Si chiama ‘del Ponale’ e risale il costone della rupe precipite sul Garda, per guadagnare il gradino morfologico che mette nella Valle di Ledro. Tracciata in altri tempi e con altre tecniche, che oggi chiameremmo ‘rudimentali’, ha sbancato la roccia, creato un terrazzino dove correre, ha sfruttato la pavimentazione naturale, adeguandola dove serviva, talvolta ha aperto delle piccole gallerie, si è allargata in belvedere ove occorreva e ha disposto saggiamente un corredo vegetale per riparare dal sole i passanti. La strada del Ponale esiste ancora, ma non si vede, o poco. La nuova ciclabile invece si vede tutta e, in certo senso, se ne fa un vanto. Una scelta coraggiosa che sfida in qualche modo il consueto criterio del ‘minimizzare l’impatto’. Con questo non si vuol dire che si doveva realizzare una ciclabile sulla medesima sede della strada attuale, +forse però si poteva trattare la morfologia della zona in modo più variato, meno uniforme. Sento che mi mancano l’appoggio al terreno, quelle variazioni della sagoma provocate dagli accidenti dell’orografia, una certa varietà di aspetti, il senso stesso del procedere attraverso un paesaggio e non ‘a parte’. Sulla nuova ciclabile si ‘corre’, perché le curve sono ‘armoniche’, perché la pavimentazione è scorrevole, due cose fatte apposta per facilitare l’abbrivio. Sulla nuova ciclabile non si frena ed è difficile fermarsi, perché non vi sono sporti dove sostare ad ammirare il panorama (al contrario della parallela Gardesana con i suoi ‘punti luce’ nelle gallerie e le sporgenze della carreggiata per favorire la sosta). Temo poi che si verificheranno problemi di convivenza fra ciclisti e pedoni: i primi che chiedono strada, i secondi che non sapranno dove ‘rifugiarsi’ per cedere il passo. Di fronte a un’opera largamente e meritatamente elogiata avanzare osservazioni suona un po’ ‘fuori dal coro’, e ne me scuso. Forse girando troppo in bici mi sono abituato alla critica,, sono però impressioni che si colgono proprio da utente, pedalando in una bella giornata di fine estate sul Lago di Garda.

    Albano Marcarini

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