Cambiamenti climatici / Ghiaccio sempre più fragile
I cambiamenti climatici stanno influenzando la scalata su cascate di ghiaccio più di altre attività. A sostenerlo è Edoardo Fioretti, presidente della Commissione Veneto-Friulana Alpinismo. Anzitutto perché le stagioni invernali contrassegnate da alte temperature, o da temperature che oscillano, sono le meno indicate per uscite sulle cascate. E poi perché se non ci sono precipitazioni abbondanti, insomma se non c’è acqua che gela, è meglio che l’arrampicatore resti a casa. Di sicuro, da una cascata si arguisce come sta cambiando il clima.
“Un tempo”, ricorda Fioretti, “si diceva che gli inverni più adatti per praticare il cascatismo erano quelli secchi e poveri di neve. Oggi non è più così. Non solo servono le precipitazioni. Quindi la siccità è il nemico più severo per i cascatisti. Ma è anche necessario che le temperature non siano troppo fredde”.
Il ghiaccio quando è molto cristallino e vetroso, è fragile. Per salirlo in sicurezza dovrebbe essere plastico, ma non troppo, quindi con temperatura d’ambiente intorno ai 5 gradi, non ai 10 o ai 15. Ecco, dunque, che prima di avventurarsi su una parete, bisogna saggiarla. Tra l’altro, informa ancora Fioretti, non è vero che più acqua c’è, più interessante diventa la cascata. “I flussi troppo abbondanti si solidificano con maggiore difficoltà”.
E in ogni caso, secondo il dirigente del Cai, la prudenza consiglia di tenere in debito conto altri elementi ancora. Tanta neve, ad esempio, non significa tanto ghiaccio, ma piuttosto elevato pericolo di valanghe. “Non si dimentichi che numerose cascate si trovano spesso al fondo di veri e propri imbuti”.
La stagione in corso non si presenta al meglio. “L’escursione termica durante il giorno, così notevole in tanti ambienti, va considerata puntualmente dagli arrampicatori, perché il ghiaccio, al limite, si trasforma di ora in ora. Gli sbalzi continui incidono sulla sicurezza. E, si badi, non è solo una questione di caldo, ma anche di improvvise ondate di freddo che rendono le strutture più rigide e quindi più esposte al rischio di crolli”.
Per ovviare alle difficoltà climatiche la pratica del ghiaccio, in molte zone delle Alpi è stata agevolata dalla nascita di numerose strutture semi artificiali che sfruttano salti di roccia naturali a cui viene portata l’acqua tramite tubi e captazioni. Una pratica sulle Dolomiti ancora non diffusa.
“Quest’attività sportiva è in crescente diffusione”, afferma Fioretti, “perché di fatto è un prolungamento dell’arrampicata estiva, quella in falesia o in palestra, quindi a portata “popolare”. Si arriva sul posto in auto ed è sufficiente percorrere qualche centinaio di metri per essere alla base della cascata. Non occorre faticare attraverso lunghe ore di avvicinamento. Proprio per questo è raccomandata la prudenza”. La scalata su ghiaccio è anche una pratica costosa. Un chiodo da ghiaccio costa tra i 60 e gli 80 euro. La piccozza ha anch’essa un costo importante.
Fonte: Francesco Dal Mas, Corriere delle Alpi, 12 febbraio