Stramilano, edizione numero 50. A manetta come sempre
Conto alla rovescia per la cinquantesima edizione della Stramilano in programma domenica 19 marzo, storica manifestazione podistica che unisce atleti, famiglie e appassionati di ogni età. Come da tradizione sono tre i percorsi in cui si sviluppa la manifestazione e in cui i partecipanti possono misurarsi. Roberto Serafin che qui racconta un’edizione degli anni ottanta fu tra gli organizzatori, tutti iscritti al Gruppo alpinistico Fior di Roccia, sottosezione del Club Alpino Italiano. E tutti disposti a distribuire bevande ai trafelati marciatori. Molti di loro, compito ben più ambito, erano incaricati di tenere sotto controllo la scalpitante massa dei marciatori alla partenza da piazza del Duomo...
“Tutti i soci sono mobilitati per collaborare all’organizzazione della XVII Stramilano”. La lettera circolare che ai primi di aprile di quel 1987 venne trovata nella casella della posta non ammetteva deroghe. “A questa edizione”, era scritto, “parteciperanno oltre 40.000-50.000 concorrenti e ne consegue che ogni socio dovrà rendersi responsabile del proprio lavoro per una perfetta riuscita della manifestazione”.
Mai era capitato che il Fior di Roccia mandasse circolari dal tono così ultimativo. Stupiva quella frase scritta a stampatello: “E’ in gioco il buon nome della Società”. Ma era una società nata nel 1927 che si era coperta di gloria partecipando a spedizioni alpinistiche extraeuropee e si meritava rispetto!
Il clima stava cambiando. In un documentario intitolato “Milano” Ermanno Olmi mostrava i primi fast food, le palestre dove si faceva ginnastica, le persone chiuse nelle proprie automobili, le folle dello stadio, le vetrine del Peck in Monte Napoleone La città che scioglieva le sue nevrosi nel lavoro cercava adesso spazi per realizzare uno straccio di fitness correndo a su e giù per il Monte Stella e facendo atletica nell’intervallo mensa al campo Giuriati.
La Stramilano a cui diede vita il Fior di Roccia con il suo scatenato reggente Camillo Onesti (che si definiva “un esagitato agonista”) era perfetta per chi desiderava riscattarsi dalla routine e trascorrere una giornata pazzerellona in calzoncini corti come autorizzava a fare il pettorale portato con orgoglio da padri e figli.
Ci fu comunque tra i soci del Fior di Roccia chi rinunciò quell’anno a tuffarsi nella marea festosa dei concorrenti, preferendo badare al buon nome della società con tutto ciò “che ne conseguiva”. Dare una mano all’organizzazione significava anche unirsi ai soci che in piazza del Duomo formavano la cosiddetta “barriera umana”. Era davvero un muro invalicabile quello formato da Locatelli, Mauri, Polvara, Brunelli, Grazzani. Al rifornimento di via Tibaldi invece Fae, Vecchio, Ferrando, Boni, Pizzi e pochi altri sapevano benissimo come sbrogliarsela da quei veterani della Stramilano che erano.
Si rilegge con piacere quanto scrisse in quella domenica del 1987 Franco Presicci, cronista del Giorno, tra i più smaliziati esperti di “nera” che offrisse il grande giornalismo milanese. “Piazza del Duomo, fin dalle 8 del mattino, era un formicolare variopinto. Sul palco Attilio Monetti si sgolava cantando ‘Stramilano’, cavallo di battaglia della Milly (essetierreaemmeiellaenneo…). La folla rispondeva con un boato. Mille, diecimila mani sventolavano verso la madrina Maria Teresa Ruta che aveva già le dita stanche a furia di firmare autografi”.
“Sul palco delle autorità”, annotò ancora Presicci, “c’è anche il Vicepresidente della Camera dei Deputati Aldo Aniasi che tenne a battesimo la Stramilano”. Già. Negli anni settanta le prime edizioni si correvano di notte, partenza da piazzale Lodi. E le luci delle fotoelettriche frugavano il cielo come per guidare i concorrenti verso l’Arena. Prima di realizzare la barriera umana di cui sopra, in corso Vittorio Emanuele alla partenza due camion dell’Amnu venivano messi per traverso per tenere sotto controllo gli atleti, con l’aggiunta di una squadra di nerboruti giocatori di football americano pronti ad agguantare i desperados che tentavano una fuga a manetta come se fossero al Giro d’Italia.
Quel 1987 il fiume cominciò a scorrere tumultuoso verso le ore 9.20 senza palesi tentativi di forzare il blocco. Un altro veterano tra i cronisti della Stramilano, Luciano Visintin del Corriere, osservò che le stramberie e gli esibizionismi erano meno praticati del solito. ”Qualcuno in schettini, i soliti che fanno rotolare la botticella, ma le concessioni al ghiribizzo e all’esibizionismo bislacco sono sempre meno frequenti in questa ormai classica sgambata di primavera. La Stramilano perde a poco a poco i suoi connotati carnevaleschi e ne acquista di più specificamente ginnici, igienici ed ecoloigici”.
Certo ci fu un indubbio salto di qualità. La Stramilano era anche un invito a osservare buone pratiche per vivere meglio o per sopravvivere in un mondo minacciato dal buco dell’ozono. Ai tempi in cui al cinema si poteva ancora fumare e gli schermi erano impregnati di nicotina. “Grazie a Dio sto bene perché non bevo e non conosco chi vende droghe”, portava scritto il carrozziere industriale a riposo Ernesto Giola, classe 1927, suppergiù la stessa del Fior di Roccia.
Saggiamente il medico sportivo Francesco Conconi ne approfittò per invitare tutti a non diventare prigionieri di uno schema mentale che vuole tutti sedentari dopo una certa età. Sono trascorsi più di trent’anni e l’auspicio è che la vecchia Stramilano serva, bene o male, a mantenere in carreggiata la run generation del terzo millennio. Prigioniera di ben altri schemi mentali, assediata da conflitti che minacciano di diventare nucleari. Lassù l’esagitato agonista Camillo Onesti nutre qualche preoccupazione,,, (Ser)