Il clima che verrà in due immagini inequivocabili
È un inverno caldo e secco quello che stiamo vivendo. Non è il primo e non sarà l’ultimo. La scienza ci aiuta a capire qualcosa con dati climatici. Un recente rapporto di ARPA Piemonte mi dice che il 2022 “evidenzia un doppio primato in oltre due secoli di misure (1753 per le temperature e 1803 per le precipitazioni): anno più caldo con 16°C e meno piovoso con 310 mm. Rispetto alla norma del periodo 1991-2020, l’anomalia termica positiva annuale è +1.6°C mentre il deficit pluviometrico è pari a 587.8 mm (pari al -65%)”.
La caratteristica termica principale dell’annata 2022 è stata quindi quella di una temperatura frequentemente al di sopra della norma climatica, piuttosto che di periodi brevi di anomalie termiche positive intense come spesso accaduto in passato. La precipitazione cumulata dell’anno 2022 in Piemonte è stata di 611.9 mm, con un deficit pluviometrico di -417.6 mm (pari al 41%) nei confronti della media climatica del trentennio 1991-2020.
L’anno solare 2022 è risultato il secondo più secco dopo il 2001. Quasi tutti i mesi hanno registrato una precipitazione inferiore alla norma del periodo 1991-2020; uniche eccezioni agosto, risultato il mese più piovoso dell’anno, e dicembre, che ha avuto la maggiore anomalia pluviometrica positiva.
Nel corso dell’anno sono state rilevanti anche le condizioni di siccità, prolungata e diffusa, che ha inciso in modo eccezionale sulle risorse naturali ed ambientali. Il fenomeno è partito già nella stagione invernale 2021-2022, con un lungo periodo di giornate secche (precipitazione giornaliera inferiore a 5 mm/24h) compreso tra il 9 dicembre 2021 e il 29 marzo 2022; tale serie di 111 giorni si è posizionata ufficialmente al 2° posto tra i periodi secchi invernali più lunghi degli ultimi 65 anni, dopo la stagione 1999-2000 (137 giorni): gennaio, febbraio e marzo sono stati i tre mesi più secchi e con la maggiore anomalia negativa.
Le condizioni di scarsità di precipitazioni meteorologiche si sono quindi protratte anche in estate, quando sono state interrotte solo da brevi episodi temporaleschi, ed infine anche in autunno quando le piogge scese sono state la metà di quello che normalmente cade in questa stagione che è solitamente la più piovosa dell’anno in Piemonte.
Duecento anni di misurazioni meteorologiche dimostrano che gli sciocchi (“Queste cose sono sempre accadute”) sono proprio sciocchi. La mia generazione se la potrà cavare, ma quelle che verranno dovranno fare conti amari. La responsabilità sarà anche nostra.
Un dato è certo: l’industria della neve è in declino. Ha portato, negli ultimi cinquant’anni, bene e soldi alle Alpi, ma ora non più. Un report della TSI (Televisione Svizzera Italiana) dice che, su 236 stazioni sciistiche svizzere, a gennaio la metà è chiusa per mancanza di neve.
Il progetto “Avvicinare le montagne” (una devastante idea di 50 interventi infrastrutturali tra Veglia e Devero finanziato da soldi misteriosi) è stato ritirato perché non ha superato la procedura di VAS (Valutazione Ambientale Strategica). Viva lo stato di diritto. Camminavo giorni fa nei boschi luminosi della Bassa Ossola che guardano ai laghi. Pensavo alle mie montagne, le Alpi Pennine e Lepontine, ai luoghi dove sono diventato uomo, lo sono diventati i miei figli e lo diventeranno i miei nipoti.
Ho sentito forte il dovere etico di conservarli, nella loro straordinaria bellezza e armonia, per loro e per i tanti che verranno dopo di loro.
L’amico Gianni Boriolo, presidente della sezione CAI di Gravellona Toce ed eccellente fotografo, mi ha inviato due immagini della Punta d’Arbola in Val Formazza (3235 m), montagna “classica” dove la mia generazione ha imparato ad usare i ramponi. La prima è del 1948, la seconda è del luglio 2022. Le foto parlano da sole.
Paolo Crosa Lenz
Lepontica, febbraio 2023