Venti ore semisommerso dalla valanga. Salvo!

Trafitto dagli aghi delle flebo, Carluccio Sartori racconta che effetto fa sopravvivere per venti ore semisommerso sotto una valanga in Valle Badia. Il sollievo glielo si legge negli occhi e il reparto rianimazione dell’Ospedale di Bolzano gli deve sembrare un grand hotel al confronto con la gelida caverna che era riuscito a scavarsi dopo essere stato travolto dalla neve mentre faceva sci alpinismo. 

Il quotidiano L’Adige lo ha intervistato mettendo in evidenza nella home page alcune sue espressioni mentre dipana un racconto appassionante e al tempo stesso angosciante come di solito lo sono quelli dei sepolti vivi.

Quando ti capita l’incidente sul tuo terreno, dove hai anni di esperienza pratica e teorica, dove di solito gli altri ti chiedono consigli raccontare diventa quasi un obbligo. Ma Sartori considera chiusa con questo incidente la sua carriera di sci alpinista? Si, no, chissà. Però a casa se perseverasse in questa rischiosa attività non glielo perdonerebbero. Ma che volete fare, siamo uomini e siamo alpinisti. Vogliamo salire le montagne e i pericoli sappiamo come prevenirli. Quasi sempre.

Impagabile resta il ricordo delle stelle che brillavano in cielo mentre il suo cuore batteva forte e il timore era che di colpo non ce la facesse più e si fermasse. Però quel battere forsennato del cuore è stato anche un prezioso stimolo a tenere duro. “La mia notte”, ha raccontato Sartori, “è stata un guardare continuo la volta stellata e cercare di tenere aperto quel buco che mi ero scavato. No, non sono uno che prega. Però mia mamma l’ho pregata e so che lei mi ha protetto”. (Ser)

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