Il permafrost minaccia i rifugi. A rischio la Margherita?
“La maggiore criticità dovuta alla crisi climatica per i rifugi d’alta quota, oltre a quelle legate all’approvvigionamento idrico e al fabbisogno energetico, è relativa ai cedimenti del terreno sul quale è edificata la struttura, dovuti all’assottigliamento del permafrost. Questi cedimenti sono sempre più diffusi, anche per i sentieri, le pareti”. L’allarme è dell’architetto Luca Gibello, presidente dell’Associazione cantieri di alta quota. Tra i rifugi più a rischio di stabilità risulta che sia la Capanna Margherita al Monte Rosa: una notizia che si è diffusa in questi giorni e sta destando non poche preoccupazioni.
“Gibello fa riferimento soprattutto alle Alpi occidentali e alle quote più alte di quelle dei rifugi nelle Dolomiti”, puntualizza Renato Frigo del Cai Veneto. “ Ma i dati Arpav sul permafrost comunque ci preoccupano. Il Centro Valanghe di Arabba di Arpav ha una stazione meteorologica permanente sul gruppo montuoso del Sella al Piz Boè (2900 m) per lo studio di questo fenomeno. Attraverso un foro di circa 30 metri praticato sul terreno si analizza l’andamento della temperatura del suolo a diverse profondità”.
Le conclusioni? “Il permafrost”, si legge in un rapporto, “è presente solo in alta quota e con l’innalzamento delle temperature dovute ai cambiamenti climatici va via via assottigliandosi creando problemi sia per l’approvvigionamento della risorsa idrica sia di dissesto idrogeologico”. Lo strato attivo di permafrost del Piz Boè, ovvero la parte superiore di roccia che gela durante l’inverno e che fonde durante l’estate, è a circa 4 metri di profondità ma con temperature che sono variate negli ultimi anni.
“Tendenzialmente e prudentemente si potrebbe indicare che i possibili crolli delle pareti rocciose dovuti alla diminuzione del permafrost, potrebbero essere più frequenti verso la fine dell’estate, quando i valori di temperatura della roccia saranno maggiori a causa del caldo estivo”, spiega Gibello. “La differenza tra le diverse annate in termini di temperature rilevate a diverse altezze è ben visibile in prossimità della superficie, per poi unificarsi ai 15 metri di profondità”.
Va notato che i cedimenti più frequenti sulle alte quote dolomitiche sono i crolli di parti instabili di pareti, come avvenuto l’estate scorsa, o l’instabilità di alcuni sentieri che incrociano ruscelli ed i torrenti: li puoi trovare in secca ma all’improvviso, quando piove molto, raccolgono acqua in maniera micidiale, ed ecco i cedimenti di versante. (Ser)
E’ un fenomeno davvero preoccupante!!