Porre limiti al turismo? / Intervista al Direttore di Cipra Italia
Frequentare la natura senza lasciare tracce: il progetto speciAlps2 che si è concluso nel 2022 e di cui ha riferito MountCity ha sperimentato alcune misure per orientare i flussi turistici. Sono già in cantiere idee per progetti successivi a quanto si apprende dalla Commissione per la protezione delle Alpi. Ne parliamo con Francesco Pastorelli, Direttore di Cipra Italia, tra i maggiori esperti di problematiche legate al turismo alpino.
È prevedibile che la pressione sulle aree naturali sensibili continuerà ad aumentare, per esempio a causa della crisi climatica, come afferma la responsabile del progetto Magdalena Holzer di CIPRA Internazionale. “Le iniziative come speciAlps2”, spiega Pastorelli, “non saranno mai abbastanza per garantire agli ospiti una esperienza di alta qualità e tutelare ambienti naturali e paesaggi delicati dagli impatti del turismo”.
La gestione dei flussi turistici è una questione trasversale per la quale molte regioni non dispongono di un ente responsabile. È qui che è entrato in gioco speciAlps2: due incontri di progetto internazionali a Luče/SL e a Balme/I e una conferenza online hanno fornito nel 2022 una piattaforma per lo scambio di esperienze a livello alpino maturate durante i due anni del progetto. I risultati possono essere visionati e ascoltati, sotto forma di podcast e di una mappa alpina interattiva che riporta buoni esempi di gestione delle visitatrici e dei visitatori.
Il progetto è stato finanziato dal Ministero federale tedesco per l’Ambiente, la Conservazione della Natura, la Sicurezza Nucleare e la Protezione dei Consumatori BMUV. La CIPRA Internazionale e la Rete di comuni “Alleanza nelle Alpi” hanno coordinato le attività.
Pastorelli, coordinatore della regione pilota italiana, Balme, ha analizzato assieme agli attori locali e all’Università di Torino quali sono le possibilità per ridurre l’impatto dovuto ai visitatori, in particolari quelli motorizzati, che raggiungono l’altipiano del Pian della Mussa, in particolare nei fine settimana estivi: da un numero massimo giornaliero di veicoli al potenziamento del trasporto pubblico, compreso il collegamento con la linea ferroviaria che giunge in fondovalle, dal parcheggio a pagamento alla chiusura dell’area al traffico automobilistico in alcune giornate dimostrative.

“Il concetto di limite di carico di un’area delicata deve essere comunicato in un modo e appropriato per evitare possibili ulteriori conflitti ed avere consenso”, afferma Pastorelli. “Il problema principale è legato al fatto che ogni soluzione richiede un cambiamento di approccio. Il cambiamento può avvenire solo se si acquisisce consapevolezza del problema che spesso invece non viene riconosciuto come tale oppure viene negato. Ad esempio, quando si sostiene che i turisti sono importanti per l’economia locale e per questo al turismo non va posto alcun limite. Invece abbiamo bisogno di porre dei limiti. Dobbiamo essere in grado di mettere oggi dei limiti se vogliamo conservare domani l’ambiente naturale, questo bene che abbiamo ereditato e che dobbiamo lasciare in buone condizioni alle prossime generazioni. Ecco, la sottovalutazione dell’impatto provocato dai troppi visitatori, il non capire che il danno viene arrecato non solo all’ambiente naturale, ma allo stesso turismo che così perde di qualità è il primo problema da affrontare”.
Come si potrebbe risolvere, dottor Pastorelli, il problema dei troppi visitatori in aree sensibili?
“Sicuramente attraverso un cambiamento culturale, la comunicazione e la consapevolezza. Pensare a lungo termine e non all’immediato. Capire che è meglio rinunciare a qualcosa oggi per mantenere un bene prezioso per il futuro. Il paesaggio naturale è il bene più prezioso. Dobbiamo capire che se viene compromesso questo sarà un danno irreversibile. Purtroppo si rischia di non dare il giusto valore a beni come paesaggio o biodiversità. Bisognerebbe comprendere l’importanza di tutti i servizi ecosistemici, ossia quei servizi che la natura offre alla collettività, non soltanto sotto forma di fornitura di cibo e materie prime, ma anche di aria ed acqua pulita, di protezione del clima, di opportunità di svago”.
Le limitazioni sono sempre accettate?
“Abbiamo lavorato per provare a definire per Balme un “limite di carico”, un numero massimo di automobili che durante una giornata estiva possono salire all’altopiano. Non è facile far accettare questo concetto, tanto ai turisti – che non sono molto disponibili ad accettare limitazioni – quanto a molti abitanti della valle – che pensano che il turismo possa crescere all’infinito. Comunque non bisogna essere precipitosi e pretendere di risolvere subito i problemi. Una volta individuata la direzione, meglio fare un passo alla volta e correggere la rotta se necessario. Occorre costruire il consenso e non imporre”.
Orientare i visitatori è compito dei comuni?
“I comuni, soprattutto i piccoli comuni, non possono essere lasciati soli ad affrontare il problema. Per due ragioni. La prima è che spesso non hanno i mezzi (economici, di risorse umane, ad esempio per effettuare della sorveglianza) la seconda, ancora più importante è che quando si deve mettere mano a un regolamento, quando si devono adottare provvedimenti impopolari (e qualche malcontento ci sarà sempre) il comune sarebbe ben più forte se potesse muoversi in un quadro normativo per lo meno regionale se non nazionale o addirittura comunitario”.
Una soluzione può essere offerta dalla Convenzione delle Alpi?
“Una normativa nazionale o regionale che recepisse la Convenzione e stabilisse che per un certo tipo di strade di montagna o per località che attirano molti turisti, si devono prendere provvedimenti per contenere gli effetti del traffico motorizzato sarebbe molto utile per i comuni. I comuni avrebbero più facilità ad assumere certi provvedimenti che sono visti come una limitazione della libertà dei cittadini. Invece i sindaci rischiano di vedersi criticare sia dai propri cittadini sia dai turisti. Poi occorrerebbe dotare i comuni sui cui territori si trovano queste strade, queste destinazioni turistiche, di strumenti e risorse per poter gestire questo genere di problema, in particolare poter far fronte alla sorveglianza”.
Ritiene valida l’idea della domenica senz’auto?
“Si può partire dall’organizzare una domenica senz’auto, soprattutto a scopo dimostrativo, per far vedere come potrebbe cambiare quell’area senza automobili. E anche per fare in modo che le persone muovendosi a piedi o con mezzi alternativi possano godere appieno della natura del luogo (soprattutto all’interno di un SIC, quindi un’area protetta), per poi arrivare, gradualmente, un passo alla volta, non ad eliminare del tutto le auto, ma ad avere una riduzione costante, almeno nei periodi di maggior pressione. Il concetto di limite di carico, ossia il numero massimo di auto che possono salire al Piano in una giornata, deve essere spiegato ai visitatori: non si tratta di un modo per allontanare i turisti, ma di uno strumento per preservare un territorio e nello stesso tempo per offrire ai turisti una miglior qualità del soggiorno”.
Le valli con problemi simili possono trovare soluzioni in comune?
“Abbiamo avuto modo di capire come il Comune di Usseglio, situato nella valle parallela a quella di Lanzo, abbia cercato di risolvere un problema molto simile. In modo analogo stiamo studiando le soluzioni adottate da altre località. Tuttavia non è affatto scontato che una soluzione funzionante in una valle possa essere riproposta pari pari in un’altra. Sarà necessario calibrare e tenere conto delle differenze. Ma almeno si può evitare di ripetere gli stessi errori commessi da altri”.