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Letture / Il Re delle guide si racconta

Attraverso episodi tra i più significativi della sua vita alpinistica, Alberto Re racconta mezzo secolo e più di avventure, prime ascensioni e viaggi esplorativi che lo hanno portato in veste di guida alpina un po’ ovunque nel mondo, dal Polo Nord al Sud America, dal Sahara alla Namibia, dalla Spagna alla Russia, dall’India all’Iran, in una rete di connessioni che tocca quasi tutto il globo.  Niente di strano che per “contenere” fatti e personaggi del suo variopinto universo ci siano volute per l’intrepido Re delle guide più di 500 pagine di un volume fresco di stampa, inserito nella pregiata collana dei Licheni (“Orizzonte Montagne. Una vita da guida alpina”, ed. Priuli e Verlucca, 541 pagine, 25 euro). Il minimo per un’esistenza dominata da una straordinaria passione per la montagna e per il lavoro di Guida alpina. Senza trascurare l’affetto riservato da Re ai suoi cari sempre presenti con nostalgia in queste sue pagine, dovunque si trovi: il prezzo di una vita di professionali vagabondaggi.

Entusiasmo, la parola che più ricorre nel libro

Viaggiando, Alberto Re ha conosciuto i protagonisti dell’alpinismo della seconda metà del secolo scorso ed è entrato in contatto, grazie a un’innata capacità comunicativa, con popolazioni di tutto il mondo, dai portatori del Garwhal indiano agli Arhuaco della Colombia ai Berberi dell’Atlante marocchino. Poteva sembrare questa sua vita una vacanza permanente e un po’ forse una vacanza lo è stata. Ma il suo è stato un lavoro a volte duro, a volte difficile, sempre colmo di soddisfazioni e di “entusiasmo”, la parola che forse ricorre di più nel libro. E il libro non può che riflettere questo suo viaggio nel tempo e nello spazio alla ricerca sempre di un nuovo orizzonte come possono testimoniare gli amici-clienti che ricevevano puntualmente per posta all’inizio dell’anno il dettaglio delle sue proposte ovvero dei suoi sogni. 

Nato sulle sponde del Mediterraneo a Marsiglia, nel 1937, da genitori emigrati dal Cuneese, allo scoppio della guerra, il piccolo Alberto arrivò ben presto a Barge, al Bricco dei Luciano, una frazione di campagna dove vivevano i nonni materni. Fin da ragazzo strade e sentieri furono per lui esclusivamente in salita: per andare a scuola, in paese, nei boschi, oppure, a trovare i parenti nelle frazioni sparse su altre montagna. 

Poi con il trasferimento della famiglia a Torino è cominciata una vita che Alberto definisce “normale” da disegnatore tecnico alla Fiat, affiancata però dalle uscite in montagna, a cominciare dal Monviso, la “sua” montagna. Che non gli piacesse una vita comoda e forse un po’ scialba è un aspetto che emerge da ogni pagina di questo libro di memorie. Determinanti furono l’incontro con la Scuola Gervasutti del Cai di Torino, la scalata di pareti difficili in alta montagna sulle Alpi e due spedizioni in continenti diversi, l’Hannuman Tibba in Himalaya e il monte Sarmiento in Terra del Fuoco. Furono tappe importanti del suo percorso. Gli servirono, a suo dire, per capire fin dove poteva spingersi con la sua preparazione tecnica e le sue risorse fisiche non indifferenti.

Gli anni della “Gervasutti” e del Soccorso alpino

Alla “Gervasutti” il Re delle guide si formò alpinisticamente e trovò i compagni di cordata con cui condividere cime e passioni. Re si era ormai avviato verso un cammino che lo avrebbe portato a lasciare la città per trasferirsi con la famiglia in montagna, a Bardonecchia. E nella cittadina piemontese trovò subito da fare seguendo un iter formativo per ottenere prima la specializzazione di tecnico di Soccorso Alpino e poi finalmente il titolo di Guida alpina. 

“Quando ho cominciato a lavorare come guida nel 1974”, racconta Alberto Re, “il concetto di organizzare dei gruppi di clienti per scalare montagne in paesi lontani era quasi inesistente. Io però ne sentivo la portata innovativa e mi entusiasmavo nell’immaginare di ‘condurre’ delle persone su cime che in realtà ambivo raggiungere per soddisfare le mie ambizioni. Nel 1978 il successo con gli sci sui settemila metri del Trisul in Himalaya gli spalancò le porte per un’avventura durata quasi cinquant’anni sulle montagne del mondo. E foreste, deserti, ghiacciai per lui non ebbero più misteri. 

Percorrere terreni sconosciuti, tentare montagne sempre più alte e sempre più lontane, dare allo sci la dimensione di un vero viaggio di esplorazione, avviare altri verso queste scoperte. Questi sono stati gli aspetti più ricchi e affascinanti del lavoro di guida. Senza mai interrompere la sua attività alla scoperta di nuovi orizzonti. Fu presidente delle guide alpine del Piemonte dal 1990 al 2009 e poi presidente del Collegio Nazionale delle Guide Alpine Italiane dal 1997 al 2003. Infaticabile, sempre attivo nei suoi ruoli istituzionali.

L’arrivo in vetta, un momento di impagabile gioia di vivere. In apertura Alberto Re in primo piano con un gruppo di amici saliti a festeggiare le sue ottanta primavere al rifugio Selleries nel Parco Orsiera Rocciavré. Ph. Serafin/MountCity.
Il suo bonario “avanti coi carri”

Si può azzardare che la sua biografia ancora fresca di stampa sia stata la sua scalata più impegnativa. A chi lo spronava a scrivere diceva di non sentirsi all’altezza, termine inappropriato per un alpinista. Un peccatuccio di modestia. E ora eccolo il libro tanto sofferto e desiderato che si apre con la presentazione di Vincenzo Torti, past presidente generale del Cai, e si conclude con un ampio ventaglio di ringraziamenti ad amici e colleghi. A cominciare da Oriana Pecchio, alpinista, medico di montagna e penna eccellente, che ha contribuito a mettere un po’ di indispensabile cipria e un pizzico di pepe in una storia aggrovigliata. 

In realtà sono in tanti, compreso chi scrive queste righe, a essere grati ad Alberto Re per gli indimenticabili momenti vissuti saldamente legati alla sua corda, incalzati dal suo bonario “avanti coi carri” frutto di scolastiche letture e dall’invito a non arrendersi quando “la montagna si oppone”. 

Vero è che cinquant’anni di lavoro sulle montagne del mondo sono un traguardo quasi impossibile da raggiungere senza dover subire qualche affronto dalle amate montagne. Ed è indubbio che il momento peggiore Alberto se l’è passato tra le braccia (si fa per dire) del Monviso, una delle montagne che più ha amato e scalato da tutti i versanti. 

Il crudele affronto della montagna del cuore

Quella volta sulla cresta est, il Monviso si annunciò perfidamente con colpi violenti e scariche di sassi. Impossibile sfuggirgli. La gamba sinistra colpita in pieno si rovesciò all’indietro. Il dolore era insopportabile. A Briancon i medici gli sistemarono con un’anestesia totale il femore lussato. Si rimise rapidamente in piedi da quella roccia che è. Otto mesi dopo, roba da non credere, affrontò con gli sci la Chamonix-Zermatt. E non era passato neanche un anno quando riprese la scalata sulla Est dal punto in cui l’aveva interrotta. Fu allora che il Monviso se ne stette zitto a osservarlo con ammirazione. 

Di sogni a lungo inseguiti, compreso il primo ottomila guida-cliente nella storia dell’alpinismo, è pieno il libro di Alberto Re tutto pervaso dal suo entusiasmo scintillante con qualche rara concessione a un’innata sensibilità, e in particolare alla commozione che talvolta manifestò in vista di vette important e faticosamente raggiunte, conquistate. Compreso questo libro che è pur sempre una conquista. Scrivendo e all’occorrenza riscrivendo con puntiglio, Alberto è riuscito a ottenere che la lettura sia sempre scorrevole anche dove il discorso si fa strettamente tecnico e per apprezzarlo occorre essere un po’ degli iniziati della materia. E così, miracolo, queste pagine sembrano proprio scritte di getto e leggendole sembra di sentirlo Alberto la sera in rifugio raccontare e raccontarsi in attesa che venisse servita la cena al termine di quelle che definiva “giornate di gloria”. Erano i momenti in cui i suoi orizzonti vecchi e nuovi venivano meticolosamente esplorati con bonario accento piemontese e tutti in rifugio stavano a bocca aperta ad ascoltarlo davanti a un immancabile bicchiere di rosso. Il suo vino preferito e di sicuro il suo elisir. (Ser)

Verso la vetta del vulcano Illinizza in Ecuador (archivio A. Re)

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