L’occasione sprecata del Covid
Secondo il dossier “Nevediversa” di Legambiente, in Italia sarebbero 150 i nuovi progetti o gli ampliamenti di caroselli sciistici che minacciano siti protetti da Rete Natura 2000 dell’Unione Europea; 234 gli impianti definitivamente dismessi, che potrebbero essere riusati o smantellati con i fondi del Pnrr; 135 le strutture temporaneamente chiuse e 149 quelle agonizzanti che sopravvivono solo grazie a forti iniezioni di denaro pubblico. Lo sci risulta sempre meno sostenibile e sprecata si è rivelata l’occasione del Covid per differenziare l’offerta turistica in montagna…
Il prezzo degli skipass nelle principali località supera nella nuova stagione i 60 euro al giorno e lo sci è diventato sempre più un lusso. Insostenibile appare la settimana bianca per una famiglia di quattro persone: una cosa da ricchi l’ha definita Assoutenti. Secondo l’indagine del centro di ricerca Eurac Research di Bolzano con un aumento della temperatura di 4°C, la percentuale di impianti sciistici accessibili si ridurrebbe al 12% rispetto a quelli attuali: ovvero a circa 180 sui 1500 attualmente in funzione. Non solo: secondo una relazione dell’Ipcc-Intergovernmental panel on climate change, entro fine secolo sparirà la neve nella maggior parte delle stazioni sciistiche sulle Alpi ma anche in Nord America, nei Pirenei, in Scandinavia e Giappone. Eppure, riscaldamento globale e penuria di neve non hanno fermato la costruzione di nuovi impianti sciistici o addirittura il progetto di nuovi mega comprensori: come quello di collegare Cervinia-Valtournenche al Monterosa Ski, unendo di fatto cinque valli dal Piemonte al Canton Vallese.
Va riconosciuto tuttavia che oggi lo sci alpino continua a essere il motore trainante per il turismo e l’economia delle terre alte. Un settore che vale oltre 10 miliardi e compreso l’indotto impiega 300 mila addetti, e che oggi si trova in grave difficoltà per via dell’aumento dell’inflazione e per l’impennata dei costi dell’energia indispensabile per far funzionare funivie e cannoni sparaneve.
Per resistere a un inverno complicato ora si stanno formulando varie ipotesi: dal ridurre l’orario di funzionamento degli impianti, al rallentare la velocità di skilift e seggiovie, fino al limitare l’apertura delle piste al weekend nelle stazioni più piccole. E pensare che due anni fa il lockdown aveva rappresentato un’opportunità imperdibile per differenziare l’offerta basata sull’anacronistica monocultura dello sci alpino. Con gli impianti di risalita chiusi per decreto, ci si rese conto che l’inverno in quota non è solo sci e piste da discesa.
Siamo tornati all’anno zero. Brutto segno. La pandemia non ci ha insegnato nulla. “Il turismo legato allo sci, che nel recente passato ha avuto un ruolo trainante per la montagna, ha bisogno di cambiare pelle”, si legge nel citato dossier “Nevediversa” di Legambiente. “Le montagne, da meri luoghi di consumo, devono trasformarsi in sedi di elaborazioni innovative e sostenibili cogliendo l’occasione che si presenta con i fondi del Pnrr”.