Dopo Vaia / Alla ricerca di nuovi equilibri 

Scusandosi per una sintesi da lui stesso giudicata troppo stretta (“la giornata è stata molto più ricca di quanto trovate scritto, a dimostrazione che certi convegni, pochi, sono utilissimi)”, Luigi Casanova riferisce in questo suo report sul convegno “Vaia: un tragico evento che ci obbliga a ripensarci: uno sguardo olistico sulle opportunità e i cambiamenti”. Il simposio è stato organizzato il 24 ottobre al MUSE di Trento da CRU UnipolSai con i patrocini di PEFC Italia – Fondazione Dolomiti UNESCO. 

Lo spunto del convegno è stato preso dal documento elaborato da 26 associazioni o enti trentini del gennaio 2022, documento che invita la società a riflettere sul devastante evento di Vaia per riprendere fiducia nel lavoro nelle foreste, nei pascoli alpini e tramutare una tragedia in opportunità, investendo nel bene delle generazioni che abitano e abiteranno le montagne.

La giornata di lavoro è stata coordinata dalla giornalista de “Il Corriere del Trentino” Marika Giovannini. L’introduzione è stata di Walter Alotti, presidente del CRU Unipol Sai del Triveneto che ha delineato gli scopi che il convegno si prefigge: diffondere sensibilità per investire in opportunità del territorio avendo attenzione a quanto i cambiamenti climatici ci presentano, pensando al mondo del lavoro e alla gestione più corretta possibile del territorio.

E’ stato compito di Walter Nicoletti, a nome di Green Deal delle foreste trentine, illustrare la nascita del gruppo, la sua eterogeneità, a dimostrazione di un diffuso bisogno di confronto nella ricerca dei migliori interventi possibili nella gestione del patrimonio forestale, di quello dei pascoli di alta quota, del dovere di investire nella conservazione e nella tutela, anche attiva, della biodiversità. Partendo dalla consapevolezza che lo sviluppo ha dei limiti insuperabili: oggi non è più possibile soffermarci al semplice ripristino di ambienti impoveriti. Ѐ necessario, da subito, un cambiamento dello sguardo politico sulla montagna, a partire dalle emergenze per arrivare a strutturare politiche di visione di medio e lungo periodo. Si stanno proponendo ovunque, specie da parte di tanti giovani, input e proposte che riguardano il recupero di una agricoltura a consumo zero, certo nei fondovalle, ma anche in quota. Così facendo si riprende una valorizzazione delle figure professionali del territorio, quelle storiche e quelle di nuova formazione e innovative.

Il geobotanico Cesare Lasen, membro del Comitato scientifico della Fondazione Dolomiti UNESCO, ha sviluppato la cornice di attenzioni che dovrebbe sostenere i nostri comportamenti nella valorizzazione di tutte le funzioni ecosistemiche di una foresta. Lasen si è soffermato sulla lettura delle foreste e della loro ricchezza di biodiversità, quali potrebbero essere i boschi del domani nella crisi dei cambiamenti climatici in atto. Significativo il passaggio che ha presentato la foresta letta come non solo un insieme naturalistico, ma anche come una struttura che divulga emozioni, miti, leggende, attenzioni spirituali.

Oggi, ha osservato Lasen, l’intero sistema forestale soffre criticità importanti, le foreste non sono valorizzate nell’insieme della ricchezza che offrono e delle sofferenze che le colpiscono: incendi, degradazione mai giustificata delle risorse ambientali, una crescita quantitativa alla quale non corrisponde una crescita qualitativa. Se i punti di forza del sistema forestale sono tanti, si devono invece affrontarne le debolezze. Non tagliare di più, ma tagliare meglio e dove serve, mentre oggi in troppe montagne italiane assistiamo a prelievi massivi e disordinati. All’interno del conflitto fra conservazione e utilizzazione deve prevalere una attenta pianificazione multidisciplinare che ci aiuti tutti, in condivisione, a trovare equilibrio.

Se Vaia è stato anche un passaggio fortemente emotivo che ci ha permesso di recuperare attenzioni verso il sistema forestale, si sta assistendo a un bisogno impellente: colmare un deficit di conoscenze, e c’è sete di conoscenza. Avendo presente che il vero tema di oggi e del domani immediato è la crisi climatica.

Quindi attenzione ai paesaggi che evolvono a seguito di interventi antropici e naturali, ai valori naturalistici che ci devono portare a rendere esigibili le invarianti urbanistiche, alle utilizzazioni forestali e specialmente ai sistemi di esbosco. Va ripresa la dovuta attenzione verso la centralità delle aree protette superando logiche settoriali per investire in valutazioni interdisciplinari.

Preso atto che gli attuali consumi sono insostenibili, si abbia coscienza che le risorse naturali non sono illimitate, che ad oggi meno del 3% della superficie terrestre è integra. Anche per questo motivo è cogente la difesa dei valori naturalistici, l’impoverimento di questi è progressivo, incessante, anche perché si stanno frantumando gli habitat e questa azione mette in difficoltà la resilienza naturale. Si parla di Liste rosse, delle aree naturali e protette, dello studio della libera evoluzione dell’ambiente, della necessità – dovere dei controlli. 

Per frenare o recuperare l’esodo dalle montagne il turismo è attività insufficiente pur se importante: serve tornare ad investire nella gestione qualitativa degli ambienti alpini.

Dopo Vaia: a che punto siamo? Caterina Gagliano del Servizio foreste e fauna della Provincia autonoma di Trento ha illustrato l’impegno svolto dal servizio in collaborazione con la Provincia, i comuni e gli enti proprietari, il personale, nell’affrontare le emergenze provocate dalla tempesta Vaia. L’80% del legname recuperabile è stato venduto, il 20% rimasto sul terreno è irraggiungibile (circa 820.000 mc). La spesa investita complessiva supera i 20 milioni di euro, 2,5 dei quali investiti sui piazzali di deposito ( 88 piazzali su 23 ettari). Si sono aperti 1534 cantieri, saranno messe a dimora 350 mila piantine, il monitoraggio del bostrico è sostenuto da 229 trappole a ferormoni. Ad oggi il bostrico ha causato 1.470.000 mc. tariffari di danno (-37% su Vaia) e ha colpito oltre 8.000 ettari (- 42% su Vaia). Per i rimboschimenti, dove utili o necessari, si prevede di coprire 200 ettari l’anno con 2 – 3 specie.

Gianmaria Somavilla direttore dell’Unità operativa dei servizi forestali della Regione Veneto ha illustrato la realtà del suo ambito lavorativo, le province di Belluno e Vicenza. La Regione è coperta per il 23% da foreste (413.000 ettari), causa Vaia ha subito danni per oltre un miliardo di euro sulla viabilità, 20.000 gli ettari interessati, oltre i 3 milioni i metri cubi di schianti dei quali 1,9 nella provincia di Belluno. I siti valanghivi apertisi coprono 1004 ettari. Il recupero è al 65%, più intenso sull’altopiano di Asiago, più impegnativo, anche per diffusione delle proprietà e la parcellizzazione di queste, nel bellunese. Il bostrico è stato limitato nel 2019 e 2020 causa primavere fredde, invece con il 2021 e 2022 ha trovato diffusione epidemica (in Europa 50 milioni di mc.). 1000 sono i nuclei di bosco attaccati, circa 3000 ettari per una cifra superiore al milione di metri cubi di piante morte. Per la sicurezza gli investimenti sono straordinari, si tenga presente che il costo è di 350.000 euro per ettaro e si agisce con una attenzione olistica. Si abbiano presenti le temperature in Veneto. Dal 1993 al 2003 l’aumento medio del decennio è stato di 0,55°C. Senza dubbio incrementi più accentuati nel decennio successivo. Si deve investire in umiltà e avere strategie adattabili, flessibili alle situazioni.

Gὕenther Unterthiner, dirigente del Servizio foreste della Provincia autonoma di Bolzano, ha illustrato l’azione della Provincia. Immediato è stato il coinvolgimento degli attori interessati, proprietari privati, aziende del settore. La struttura del servizio ha così potuto coordinare i lavori e specialmente ripristinare la viabilità dove necessario e seguendo una programmazione specifica. Sono state impiegate da subito 140 aziende boschive, 1100 gru a cavo su 6000 ettari: alla fine si è raccolto 1,6 milioni di metri cubi. Ѐ stata sottolineata l’importanza del coinvolgimento dei proprietari, per arrivare anche a diffondere consapevolezza e formazione, si è costruita interazione fra aspetti economici e sociali. La Provincia ha investito 14 milioni di euro sulla viabilità forestale, 19 milioni i contributi erogati. I successivi schianti da neve (2019 e 2020) sono stati più impegnativi da raccogliere in quanto distribuiti più diffusamente e meno concentrati, oltre 2 milioni di mc. Ora è necessario trovare una giusta misura per non peggiorare una situazione critica, sostenere misure di intervento anche molto diversificate per zone e funzioni del bosco, quindi anche decidere se fare o non fare.

Rinaldo Comino ha illustrato la realtà del Friuli Venezia Giulia, meno omogenea nelle specie arboree di quelle già illustrate, con i danni di Vaia concentrati per lo più nel settore nord occidentale della Regione autonoma. Ha sottolineato come il loro compito sia rivolto a garantire multifunzionalità alla copertura forestale. Su un totale di 330.000 ettari di superficie Vaia ha colpito 3700 ettari causando oltre 800.000 mc. di schianti recuperati al 95% anche grazie all’apporto dei proprietari privati. Come gli altri ambiti il bosco ha poi subito danni per le nevicate del 2019 e del 2020 e ora con l’attacco del bostrico si superano i 200 mila mc.  di piante colpite. In soli 5 anni i danni forestali da bostrico sono stati superiori ai 300 mila mc. e una copertura di territorio di 1500 ettari. Ritiene che tanti danni siano dovuti ad un bosco eccessivamente vetusto causa anche l’abbandono della montagna, la polverizzazione delle proprietà, un impianto normativo (eccesso di burocrazia) non più adeguato. Quanto avvenuto e sta avvenendo è un acceleratore di un percorso di modifica strutturale delle foreste, anche causa i danni da bostrico. Per affrontare Vaia la Regione ha investito 4 milioni di auro per 450.000 mc. recuperati, e 2,5 milioni per 80.000 mc. di bostrico. Altro sostegno economico è pervenuto dai fondi del PSR (Piano di Sviluppo Rurale), 8 milioni di euro. 

Le buone pratiche

Nel convegno di Trento sono state illustrate alcune buone pratiche nate dall’esperienza di Vaia. Si è consapevoli che i territori abbiano espresso ulteriore ricchezza. Bruno Crosignani, già capodistretto forestale delle valli di Fiemme e Fassa, ha presentato un progetto che realizzato nella zona in alta quota di passo Lavazé a protezione della viabilità. Le valli dell’Avisio sono state le più colpite dalla tempesta, 1,5 milioni di schianti su un patrimonio di circa 9 milioni, senza sommare i successivi danni dovuti alle nevicate pesanti. Anche causa la pandemia di Covid l’emergenza è stata protratta a tre anni. Ma ci sarebbe stato bisogno di una visione su tempi più lunghi per disporre di ulteriori risorse economiche e umane oltre alla prontezza degli interventi. Anche qui gli interventi a protezione delle valanghe sono stati massicci, specie per la protezione della viabilità. Forse era possibile in alcune zone agire diversamente in quanto laddove si è intervenuti si è provocato un danno importante alla rinnovazione naturale, anche azzerata. Un eccesso di intervento strutturale. Aver lasciato in bosco sul versante di passo Lavazé legname schiantato, in accordo con l’amministrazione comunale, oltre a permettere sicurezza, oltre ad aver difeso la rinnovazione naturale, ha permesso un risparmio in lavori di circa 1,5 milioni di euro. Gran parte di passo Lavazé è stata affidata al recupero naturale del bosco.

Giada Mearus, insegnante al CFP – ENAIP di Tesero, istituto di formazione professionale del legno che coinvolge studenti anche di aree esterne alla provincia, ha spiegato come intervengano nel trasferire conoscenze agli studenti sulla complessità del bosco. Non solo legno da lavorare, la foresta è entità compartecipe della nostra vita, aria, case, carta, arte, libri e formazione. Gli studenti diventano compartecipi di questa complessità, il futuro falegname conoscerà il percorso intero del legno, dal bosco all’abitazione. Si tratta di una piattaforma di lancio culturale e di lavoro per le generazioni future tesa anche a sostenere le aziende del settore. Si è trasferita loro la percezione di come Vaia ci abbia cambiati, anche nella formazione scolastica e alla fine nella percezione della complessità di vita del legno che si lavora.

L’ambito aziendale è stato ripreso da Albino Angeli della ditta XLAM Dolomiti di Castelnuovo, un’azienda che raccoglie il personale dalle scuole e lo rende compartecipe della trasformazione di secondo e terzo livello, lasciando sul territorio di produzione il valore aggiunto più alto possibile. L’azienda lavora oltre 40 mila mc. l’anno, il fatturato si aggira sui 28 milioni di euro, 72 dipendenti. Il tavolame proveniente dalle segherie viene trasformato in pannelli idonei alla costruzione delle case in legno, vi si lavora in tutto il mondo, case alte anche nove piani (ultimo esempio, residenza abitativa a Rovereto, 92 appartamenti, 2.500 mc. di legname proveniente da Vaia). Si è costruita la filiera solidale di PEFC, una certificazione capace di legare il territorio, dal bosco alla formazione, dal tavolame al prodotto finito. Per arrivare a lavori come impegnativi anche dal punto di vista artistico come nella galleria Fox Town progettata dall’arch. Botta. Va ricordato che il legno lavorato mantiene una sua strategica funzione: un serbatoio di  stoccaggio della CO2.

Non poteva mancare il lavoro nel paesaggio e nel settore agricolo dell’allevamento. Grazie ad Alessandra Gomiero, alla collaborazione con le locali ASUC, alla disponibilità di una azienda agricola locale, il GAL del Trentino orientale, parte del bosco schiantato da Vaia (siamo sull’altopiano di Pinè), in una situazione ottimale per pendenze, quota, servizio di viabilità forestale, è stata trasformata in pascolo e altra in area di produzione di foraggio. Come in tutte le precedenti esperienze si affranca un metodo di lavoro condiviso, che coinvolge più attori, che produce reddito in zona: un approccio solidaristico che si rafforza nelle difficoltà. Il pinetano ha subito schianti di Vaia che arrivano a 150 mila metri cubi. Quattro ASUC sono state impegnate nella raccolta del legno, abete rosso e pino silvestre, un valore che si aggira sul milione e mezzo di euro, ma anche una quantità che vanifica le utilizzazioni per i prossimi dieci anni. Oggi le aziende agricole sono efficienti quando riescono ad essere multifunzionali e offrire produzioni tipiche locali. Si è modificata in parte la funzione del territorio, da bosco a produzione agricola in una realtà dove il pascolo è prezioso, copre solo l’11% del territorio. In questo modo Vaia è stata anche una opportunità, per riflettere e per agire, creando lavoro, qualità produttiva e paesaggistica.

A Marta Villa, del Dipartimento di sociologia e ricerca sociale dell’Università di Trento, è spettato il compito di riassumere il lavoro della giornata. Partendo dal fatto che gli antropologi oggi vengono chiamati in causa solo dopo avversità e tragedie, catastrofi naturali, quando la loro attività potrebbe essere meglio valorizzata. Ha messo in evidenza come l’intera giornata abbia rielaborato i tanti significati di un bosco con l’evidenza di un ambiente che è nostro partner diretto, la foresta è un nostro mondo. Vi si deve andare dentro, anche rompendo l’involucro, per comprendere, scoprire in profondità. Il legame con il territorio è una scommessa utile e fondamentale per proteggerci, anche quando, doverosamente, la natura la si lascia andare da sola in libera evoluzione, integra, che faccia da sé. 

Non vi è dubbio alcuno, ha sottolineato Marta Villa, che la giornata abbia rappresentato un valore politico. Il pensiero è stato ecosistemico, si è partiti dalle terre alte per prendersi cura, uniti, della casa comune. perché questo avvenga è necessario il lavoro di rete, come emerso in tutti gli interventi, la partecipazione a rete, il coinvolgimento. Vi è piena consapevolezza che il patrimonio naturalistico non sia riproducibile, che vada superata la nostra visione solo antropocentrica, è anche evidente come non si sia ancora compresa la complessità della vita naturale, quante conoscenze ci manchino. Come del resto è evidente che il paesaggio è in mutazione, è un polmone vivente, ci accompagna. la percezione del limite non va assunta solo in presenza di catastrofi. La giornata ha messo insieme attori fra loro diversi, nelle competenze e nei ruoli. E’ stata un’oasi di fraternità, che ha fatto emergere il valore profondo del documento elaborato dalle 26 associazioni. Nessuno oggi va lasciato solo, specie chi rimane in montagna. Ora la collaborazione, il dialogo deve arrivare a superare un divario più presente nelle parole che nei fatti, una certa divisione fra montagna e città.

Report a cura di Luigi Casanova

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