Mostre / La regina che amava le Alpi
“Margherita di Savoia, Regina d’Italia” è il titolo della mostra che a Torino Palazzo Madame dedica fino al 30 gennaio alla prima Regina dell’Italia unita. Margherita di Savoia (Torino 1851 – Bordighera 1926), figlia di Ferdinando di Savoia duca di Genova, eroe del Risorgimento e fratello del Re Vittorio Emanuele II, sposò a 16 anni l’erede della corona, suo cugino Umberto, e salì sul trono il 9 gennaio 1878.
Regina tra due epoche, Margherita attraversò con gli italiani un tempo denso di cambiamenti politici, sociali e culturali. Icona femminile di casa Savoia, musa e mecenate artistica, fu promotrice della diffusione dell’istruzione e della formazione professionale, con particolare attenzione alle donne.
Il percorso dell’esposizione, con oltre settanta opere d’arte, tra ritratti, dipinti, sculture, abiti e gioielli, manoscritti, tappezzerie e mobili, racconta la Regina d’Italia in rapporto al suo tempo e al suo popolo, il suo essere madre, icona di stile, paladina dell’arte e della cultura, benefattrice, donna interessata al nuovo e alla modernità.
Nell’esposizione viene espresso anche il suo amore per le vette. La regina si fece fotografare da Vittorio Sella a 4.200 metri sul Colle del Lys, Monte Rosa, nel 1893. In una delle immagini la si vede incedere per niente impacciata da un lungo strascico, sotto il largo cappello tenuto fermo da un velo svolazzante, in fila indiana: prima un cane, poi una dama di compagnia, seguita da un altro cane, e poi lei, sua maestà Margherita, scortata da una seconda guida.
Margherita ascoltava rapita i racconti del suocero Vittorio Eamnuele II, gran cacciatore come tutti i Savoia e gran frequentatore delle montagne. Nell’ultimo quarto del diciannovesimo secolo, il riflettore sulla ribalta delle Alpi fu a lungo puntato sulla regina che si copri di gloria anche in una fortunata spedizione alle Isole Svalbard.
Non c’è dunque da meravigliarsi se la passionaccia montanara della Regina Margherita segnò profondamente la cultura alpina di quegli anni come venne messo in evidenza nella mostra “Picchi, piccozze e altezze reali” a cura di Amedeo di Savoia Aosta che richiamò folle di appassionati nel 1998 al Monte dei Cappuccini con il corredo di un cahier coordinato da Angelica Natta Soleri, Roberto Serafin e Fabrizio Antonelli d’Oulx.