Bambini e montagna / Il messaggio di Simona e Denis
Denis Perilli, scrittore e naturalista – laureato in Scienze Naturali all’Università degli Studi di Padova – è uno dei più prolifici autori di guide delle Dolomiti. Da anni nei suoi libri pubblicati da Idea Montagna promuove un escursionismo consapevole, intendendo con questo termine un approccio alla montagna arricchito appunto da una ‘consapevolezza’ naturalistica, storica e culturale riguardante i luoghi che si vanno a visitare. Simona Bursi, medico pediatra, da sempre amante della natura, degli sport e della vita all’aria aperta, è una grande appassionata di montagna fin dalla tenera età. Emiliana di origine, da qualche anno vive e lavora in Trentino. Iscritta alla Società Alpinisti Tridentini, è titolata come Operatrice Tutela Ambiente Montano del CAI. Insieme, sono gli autori del libro “La montagna spiegata ai bambini” (Idea Montagna, 367 pagine, 28 euro). Comunicare la montagna e insegnare ad amarla ai giovanissimi ha costituito per loro una sfida culturale di estrema rilevanza. Dieci sono i capitoli in cui Simona e Denis dipanano un grandissimo patrimonio di conoscenze. Nelle risposte alle domande di MountCity, illustrano il loro codice espressivo elaborato con impegno professionale in anni di vagabondaggi per creste e sentieri. E svelano anche qualche piccolo segreto. Buona lettura.
L’intervista
Che cosa ne sanno, secondo la vostra esperienza, i bambini del clima?
D Vorrei azzardare e dire che ne sanno più di noi adulti, nel senso che a modo loro cercano notizie e non si fanno deviare da notizie balorde “di comodo” come spesso accade a noi grandi. Sembrano molto attenti a ciò che gli succede attorno, il che, anche se non basta, fa ben sperare. È ovvio che la loro età anagrafica non gioca a favore dell’esperienza: non hanno visto o percepito grossi cambiamenti perché sono troppo giovani e non possono materialmente fare confronti con il passato, però sembrano voler prendere sul serio quel che sentono e leggono.
S I bambini di oggi hanno accesso a molte informazioni, anche e soprattutto grazie ai nuovi e sempre più potenti mezzi di comunicazione che molti di loro utilizzano. Inoltre, i bimbi sono per loro natura molto curiosi e hanno la sensibilità giusta per non farsi “scivolare addosso” certe problematiche. Pertanto, pur non avendo tutte le basi scientifiche o storiche che servono per comprendere bene certi fenomeni, sanno perfettamente che essi esistono e, in base a ciò che leggono e ascoltano, si fanno un’idea di quello che accade intorno a loro. Ecco perché è importante informare BENE, cioè comunicare notizie corrette, fornire loro gli strumenti necessari per aiutarli a capire e trasmettergli messaggi positivi e sani.
È giusto dire pazzo clima e non pazzo l’uomo che lo ha fatto impazzire?
D Forse qui bisogna fare chiarezza perché si sentono troppe fesserie. I ragionamenti sul clima vanno fatti su scala almeno trentennale, per cui una tempesta non fa statistica. Precisato questo è inconfutabile il fatto che l’attività umana abbia contribuito in maniera determinante a fare impazzire il clima. La follia vera è che noi siamo uno dei rarissimi animali che ha coscienza di ciò che fa, eppure andiamo avanti come nulla fosse, andando incontro a un’inesorabile autodistruzione. Il Pianeta se ne farà una ragione, in fin dei conti siamo più una specie dannosa che utile agli ecosistemi mondiali.
S Si parla spesso di “clima pazzo” per descrivere in toto i fenomeni sempre più estremi che stanno accadendo a livello climatico nell’intero globo, così come, facendo un altro esempio, si parla di “montagna assassina” quando accadono incidenti mortali dovuti alle cause più svariate e avvenuti in alta quota. Questi sono titoloni da giornale, frasi “ad effetto” che vengono forgiate per attirare l’attenzione, ma che trasmettono un messaggio sbagliato. È molto più facile scaricare le colpe invece che fare un proprio esame di coscienza. E parlando di clima, l’umanità intera questo esame di coscienza dovrebbe iniziare a farselo.
Bambini a parte, ci si ricorda ancora della tempesta Vaia?
D Noi Vaia la ricordiamo eccome, considerato che le Dolomiti sono il nostro campo d’azione preferito. Il vero problema in realtà è il post Vaia, con il bostrico, questo temibile coleottero che ha avuto un’incredibile esplosione demografica. Tale insetto depone le uova sul legno marcio e le larve, trovando cibo in abbondanza, proliferano senza controllo infettando alberi sani. In molti luoghi, si vedono velocemente comparire delle macchie marroni che attestano l’avanzare della piaga.
S Abito in Val di Fiemme da oltre quattro anni e credo che non dimenticherò mai quella notte. Vaia non ha lasciato segni indelebili “solo” sul territorio, ma anche nell’animo delle persone che in quel territorio ci vivono. Soprattutto in coloro che tanto amano le terre alte, in coloro che comprendono il danno enorme (e non mi riferisco solo al lato economico) che Vaia ha procurato. Basta camminare per le valli dolomitiche che sono state colpite per ricordare o avere un’idea di ciò che è accaduto.
Invitate i bambini a combattere gli sprechi. Potete indicare alcune regole fondamentali per cambiare abitudini?
D Questo è un argomento complesso. Noi abbiamo seminato una briciolina, ma ci vorrebbero delle campagne informative adeguate. Ripeto, i piccoli sembrano avere sensibilità, sono i grandi quelli più ostici da educare, me compreso. Non è semplice fare delle rinunce.
S Il segreto più grande è cercare di dare il giusto valore alle cose, soprattutto a quelle scontate, come per esempio l’acqua, il cibo, la corrente elettrica e tutti quei beni che utilizziamo (spesso sprecandoli) perché fanno ormai parte della nostra quotidianità. I bambini devono capire che queste risorse non sono infinite, hanno un costo e, soprattutto, ci sono ancora tante persone nel mondo che non hanno la fortuna di poterne usufruire. Se riescono a comprendere questo, il resto è una conseguenza. In merito a tale problematica bisogna però agire su due fronti, coinvolgendo anche gli adulti. I bambini hanno bisogno di esempi concreti e imparano dal comportamento dei genitori, zii, nonni, insegnanti, eccetera. Ecco perché a cambiare abitudini devono essere non solo i “piccoli” ma anche e soprattutto i “grandi”.
“Cambiamo Aria: la crisi climatica è una crisi dei diritti delle bambine e dei bambini” è il titolo di una campagna lanciata da Unicef Italia. Siete d’accordo?
D. È assolutamente una crisi di diritti. I più giovani stanno subendo qualcosa che la nostra e le precedenti generazioni stanno facendo ricadere sulle loro spalle. Davvero una brutta storia.
S Assolutamente sì. Saranno infatti le future generazioni a pagarne il prezzo più alto, soprattutto in termini di qualità della vita e salute.
Pensate che il vostro libro rappresenti un modo per riconoscere questi diritti?
D Non lo so, forse è meglio mantenere il profilo basso. Noi abbiamo cercato di porci alla pari con i giovani lettori, li abbiamo rispettati e considerati. Se bastasse solo questo scriveremmo un libro al mese, ma la realtà purtroppo è ben più complessa. Sicuramente ci impegneremo per fare la nostra parte, con le nostre capacità e i nostri limiti.
S Credo che il nostro libro sia uno strumento, che ha lo scopo di prendere per mano i lettori giovani e meno giovani e accompagnarli passo passo su un sentiero che è quello della scoperta, cercando di aiutarli a guardarsi intorno con curiosità e meraviglia e trasmettendo non solo la nostra grande passione per la montagna e la natura in generale, ma anche un grande amore per la vita e, di conseguenza, la voglia di lottare per difenderla.

In quale misura le giovani generazioni sono responsabili delle cause dei cambiamenti climatici?
D Questa è una domanda complessa. Sono responsabili in quanto fanno parte di un sistema che genera problemi, ma la loro non è sempre una scelta. La speranza è che possano prendere coscienza e tentino di cambiare la rotta tracciata da chi li ha preceduti. Faccio un esempio che c’entra poco ma che serve per rendere il concetto. Spesso si sente dire che i giovani rimbambiscono stando ore davanti ai videogiochi e ai cellulari. Ma questi strumenti chi glieli ha dati? Chi ci guadagna con questi aggeggi? Chi non fa capire loro l’utilità della tecnologia se usata nella corretta maniera? Parte sempre tutto da noi che stiamo qui a sentenziare, ma che dovremmo darci più da fare.
S Uso una sola parola: indifferenza. Quelli che, tra le giovani generazioni, rimangono indifferenti dinanzi a ciò che accade intorno a loro, continuando a pensare solo alle frivolezze e soprattutto al solo tornaconto personale, sono in parte responsabili. Serve unione, coesione, presa di coscienza, voglia di lottare tutti insieme per cercare di cambiare le cose e, soprattutto, bisogna essere ben consapevoli che i cambiamenti non avvengono senza sacrifici. Spesso questi ultimi vengono visti come un prezzo troppo alto da pagare, ma il prezzo del non fare niente è e sarà decisamente maggiore.
Quale messaggio vorreste principalmente trasmettere alle giovani generazioni?
D Osservate, ragionate e non ripetete gli errori e orrori fatti da chi vi ha preceduto. Siate parte della natura e non osservatori staccati e artificiali.
S In fondo al libro trovate una breve intervista che ho avuto la fortuna di rivolgere ad uno straordinario atleta friulano naturalizzato fiammazzo che ha, in questo modo, fornito un prezioso contributo alla stesura del libro: Danilo Callegari. Ho rivolto a Dani la stessa identica domanda e lui ha dato una risposta che io appoggio totalmente: seguite sempre i vostri sogni, lavorando sodo per cercare di realizzarli; imparate a dire “no”, che è fondamentale per togliervi di dosso i pesi (intesi anche come persone che minano la vostra serenità e remano contro) e, infine, cercate di vedere sempre il lato positivo in ciò che vi accade, perché anche quando la vita bastona, qualcosa di positivo c’è SEMPRE. Io questi consigli li approvo e li sottoscrivo, ma ne aggiungo un quarto: IMPARATE A GUARDARE. È il segreto per dare il giusto valore a ciò che ci circonda, per apprezzare le piccole cose e per conservare (o ritrovare) l’entusiasmo e l’AMORE PER LA VITA. Il bello è ovunque: basta saperlo vedere.
C’è qualche trucco da voi adottato per attirare l’attenzione dei bambini?
D Essendo noi stessi! Credo che i bambini sappiano “leggere” gli adulti: con loro non puoi mentire. Se vedono che tu metti passione in ciò che fai ti seguiranno a ruota libera, ognuno con la propria sensibilità.
S Alimentare la loro curiosità, utilizzando anche foto, disegni ed elementi grafici che possano attirare i loro sguardi. Sul piano personale, credo che le migliori carte vincenti siano la genuinità e l’onestà. Mai mentire a un bambino: si perde la sua fiducia.
Potete indicare tre (o anche più) elementi indispensabili perché un bambino possa amare la montagna?
D Capacità di stupirsi. Curiosità. Conoscenza. Credo siano elementi indispensabili in qualsiasi ambito se si vuole vivere davvero ogni esperienza.
S Concordo con Denis, ma aggiungo anche la sensibilità che è fondamentale per apprezzare le mille sfaccettature di quello straordinario ambiente che è la montagna.
In tutta sincerità, a quale riconoscimento maggiormente aspirate?
D La mia massima aspirazione è quella di essere visto come esempio, il che implica un gran lavoro su me stesso per poter essere in grado di esserlo. Per essere credibili dobbiamo unire i fatti alle chiacchiere, perché di personaggi che fan sterili proclami francamente ce ne sono fin troppi.
S Lo avete mai visto il sorriso di un bambino? Ecco, credo che quello sia il riconoscimento più grande di tutti. Trasmettere una passione, condita con tanti messaggi positivi, divertendo e incuriosendo. Lo scopo del nostro lavoro è questo.
Intervista a cura di MountCity