Guida condannata, una sentenza che fa discutere
Una guida alpina è stata condannata a risarcire il cliente ferito precipitando in un crepaccio sulle pendici innevate del Cevedale durante una scialpinistica. Nella sentenza del Tribunale di Lecco viene ritenuta errata la scelta operata dal professionista consistente nel far procedere slegati gli escursionisti. Una scelta giudicata tuttavia dalla guida ineccepibile considerate le circostanze. “C’era pericolo di valanghe”, spiega infatti Fabio Lenti, protagonista di questa storia, intervistato sul quotidiano Il Giorno del 17 settembre. “Dovevamo attraversare un canale pericoloso e avevo deciso e comunicato ai clienti che ci saremmo legati solo dopo quel tratto. Se fosse scesa una valanga li avrebbe infatti portati via tutti”.
Sempre secondo la testimonianza raccolta per Il Giorno da Federico Magni, tra i più esperti cronisti della montagna, Lenti ha affermato che il rischio di cadere in un crepaccio lassù era minimo mentre quello di valanghe era di grado 3, cioè marcato. Sta di fatto che uno dei clienti, un imprenditore veneziano cinquantenne, è finito in un crepaccio ferendosi e rimediando un’invalidità del 15 %.
Riserve sussistono ora sulla sentenza del Tribunale di Lecco che ha condannato la guida a risarcire con sessantamila euro il suo cliente. “I pericoli in montagna ci sono, non abbiamo la sfera di cristallo”, è il commento di Lenti. Impossibile a questo punto non concordare con l’autore dell’articolo che si domanda fino a quale quota si può spingere la giurisprudenza. E quanto le regole del diritto possono decidere per quelle della natura estrema. Dove, come tutti sanno, il pericolo zero non esiste e sono ben altre le leggi da applicare nell’agire. (Ser)
Difficile giudicare chi ha incidenti in montagna, ma secondo me si è sempre commesso un errore.
Fabio è stato giudicato con un una valutazione di un consulente tecnico del tribunale, un suo collega guida.
Penso che la politica delle guide di proporre la “montagna in sicurezza” sia sbagliata e fra di loro provochi delle “vittime”, direi che lo stia facendo dovunque, in qualsiasi organizzazione la propugni, ma mi sembra che le assicurazioni danni funzionino bene.
Illudere la gente che la conoscenza e la responsabilità personale siano evitabili, per me è molto sbagliato, in montagna vi sono dei pericoli poco “civilizzabili”.
Ma il business della montagna richiede anche questo.