La lupa figlia della tempesta
L’opera dello scultore di Asiago Martalar nei boschi del Trentino registra un boom di visitatori come già a suo tempo il drago e altre opere realizzate da Mortalar con gli scarti degli alberi abbattuti dalla tempesta Vaia
A Vetriolo nel Trentino, la “Lupa di Vaia” realizzata dall’artista veneto Marco Martalar è diventata in breve una grande attrazione per i turisti. Martalar (nome d’arte di Marco Martello) che ha base a Mezzaselva di Roana, sull’Altopiano di Asiago, è autore con la stessa tecnica anche del famoso “Drago di Vaia” a Lavarone, dell’ “Aquila di Vaia” sui Colli Berici e del “Leone alato di Vaia” al palazzo delle Albere a Trento. Era stato incaricato nel mese di giugno dal comune di Levico Terme per realizzare anche sul territorio della città termale un’opera che ricordasse l’evento della tempesta Vaia dell’ottobre 2018.
Due mesi di lavoro, 2 mila scarti di legno raccolti hanno fatto sì che Martalar riuscisse in breve a inaugurare l’opera alta 6 metri. La si può raggiungere dopo aver parcheggiato l’auto a Vetriolo e incamminandosi poi per un chilometro circa lungo la strada forestale del Pian de la Casara (a fianco del maso e del parcheggio della piattaforma di lancio per i parapendii e deltaplani).
Continua ad attrarre i turisti anche il grande drago di legno sull’Ape Cimbra di Lavarone, dove la tempesta Vaia nell’ottobre 2018 fece strage di boschi distruggendo un enorme polmone verde. Anche il corpo del drago è fatto interamente di scarti di alberi abbattuti dalla furia della tempesta.
Per vedere la lupa
Per vedere la lupa bisogna incamminarsi da Vetriolo per un chilometro circa lungo la strada forestale del Pian de la Casara (a fianco del maso e del parcheggio della piattaforma di lancio per i parapendii e deltaplani). La scultura sorge in una radura che un tempo era bosco, ma che dopo il passaggio di Vaia è diventata brulla, ma dalla quale si gode di una magnifica vista sulla Valsugana e sui laghi. Anche la scelta del soggetto non è casuale: infatti il lupo, animale che solo negli ultimi anni è tornato a popolare i boschi e le montagne trentine, è simbolo di cambiamento in atto con cui l’uomo deve imparare a convivere.