Documenti / Foreste e cambiamenti climatici
Un documento, ora ufficiale, di MW Italia mette in luce le clamorose carenze nella gestione delle foreste. Per cortese interessamento di Luigi Casanova, ne pubblichiamo un’ampia sintesi non senza segnalare alcuni aspetti importanti del documento.
- l’emergenza climatica colpisce i boschi e li modifica strutturalmente e qualitativamente, con tempeste e attacchi di parassiti. E venti sempre più violenti ai quali siamo impreparati;
- le popolazioni delle alpi orientali sono preoccupate, vorrebbero soluzioni immediate ma non ci sono; è allarme vero;
- le nostre istituzioni pubbliche hanno smantellato negli anni il lavoro in bosco, si parla della gestione del giorno per giorno. Abbiamo perso professionalità attenzioni, controlli. Si deve recuperare, da subito, con investimenti economici e con risorse umane da coinvolgere;
- il lavoro deve essere teso alla conservazione e al recupero degli errori del passato (e presenti, vedasi gestione dei cedui). Non è vero che si deve tagliare di più: si deve risparmiare e investire in biodiversità. Serve anche personale ad alta qualificazione. Non solo per avere boschi più resilenti e pascoli di alta qualità, ma per vivere meglio tutti e per poter ancora fare turismo.

Il documento
Con questo documento Mountain Wilderness Italia non intende fornire linee guida selvicolturali o entrare nei particolari dei temi ambientali che troverete solo accennati. Le fondamenta del documento attengono al tema dei cambiamenti climatici in atto che stanno incidendo in modo inconsueto, anche drammatico, nelle nostre foreste. Anche per questo motivo riteniamo che i gestori privati e pubblici di boschi debbano investire sul tema particolari attenzioni e lavoro.
Le emergenze della montagna italiana sono queste:
- lo spopolamento delle montagne;
- il consumo di suolo sempre più diffuso fino alle alte quote;
- la grande fragilità dei boschi a seguito di attacchi di insetti, incendi e tempeste di vento;
- la perdita di biodiversità nei boschi e sugli alpeggi;
- l’abbandono della cura di sentieri e aree vicine a malghe e piccoli borghi montani;
- l’arrivo in montagna di nuovi soggetti che fuggono dalle città sempre più bollenti e al limite della vivibilità.
Il documento è nato dalle sollecitazioni ricevute, sempre più frequenti, e a seguito di collaborazioni e condivisione dei problemi dell’associazione con enti pubblici proprietari di boschi, enti sconvolti dalla velocità di propagazione del degrado forestale e associazionismo volontaristico attivo.
Non vi è dubbio alcuno: la tempesta Vaia, i sempre più ravvicinati fenomeni meteorologici estremi, con effetti disastrosi, l’impressionante accelerazione dello scioglimento dei grandi ghiacciai alpini, l’emblematico crollo di un pezzo di ghiacciaio della Marmolada, la siccità che ha caratterizzato l’intera primavera ed estate 2022, la grande frana di Stromboli, gli incendi diffusi, la devastazione forestale causata dall’attacco di parassiti alle piante sono situazioni fra loro diverse ma inserite in una sola causa scatenante: l’aumento delle temperature medie del pianeta e di conseguenza, con una incidenza di danni moltiplicati, nelle aree montane.
Il ripetersi di questi fenomeni con frequenze sempre maggiori ci deve portare da subito a superare gli interventi di emergenza, la cultura dell’emergenza: emergenza significa lettura della situazione nel breve periodo, isola il contesto dalla complessità del territorio, porta attenzione alla soluzione del problema specifico. Ѐ a tutti evidente come sia invece necessario rivedere le analisi del territorio, quindi modificare le pianificazioni in atto ponendo delle attenzioni inderogabili, fino ad oggi sottostimate, nei campi del consumo di suolo, delle carte dei rischi, della difesa delle biodiversità, della valorizzazione delle aree protette, delle gestioni idrauliche dei corsi d’acqua e delle foreste nazionali.
Riguardo le gestioni forestali da più parti si invoca la necessità di aumentare i tagli dei boschi (utilizzazioni). Non si tiene presente che la riconquista del bosco di superfici abbandonate o mal gestite impiega decenni a strutturare un vero e proprio insieme, una associazione forestale complessa. In Italia siamo ricchi di boschi poveri, generalmente monospecifici, monoplanari e coetanei. E’ doveroso da subito riconvertire questa situazione verso foreste più resistenti e resilenti: si tratta di un percorso che va sostenuto da una programmazione, anche locale, basata su ricerche approfondite, su studi ecosistemici e che abbia come obiettivo basilare il potenziamento e il recupero della biodiversità, vegetale ed animale con l’aumento della fertilità dei suoli. La propaganda nazionale che sostiene le utilizzazioni sempre più spinte anche a causa delle nuove necessità energetiche evita di fare i conti in modo corretto: se dall’incremento fino al 2015 (560.000 ha) togliamo le superfici boscate (160.000 ha bruciati nel 2020, 150.000 quest’anno ad agosto, 50.000 ha devastati da Vaia più le zone bostricate che stanno aumentando, solo per citare gli esempi più eclatanti) il risultato non è certo così positivo da consentire un incremento dei tagli, che devono rimanere contenuti e fatti in modo oculato per preservare i boschi che ancora resistono. Il bosco sembra avere una estensione maggiore ma è mediamente molto al di sotto della massa ottimale, 156 mc/ha invece dei 300 mc/ha che sono il minimo per un bosco evoluto e resilente.
Le ultime catastrofi che hanno colpito per lo più le aree orientali delle foreste delle Alpi italiane, la tempesta Vaia e il successivo attacco del bostrico (Ips typographus) ci hanno trovati impreparati. Eppure in tutta Europa catastrofi simili con schiantate da vento di dimensioni molto superiori si susseguono dagli anni ’90 del secolo scorso al ritmo medio di due all’anno. Il problema non va letto in una realtà locale, seppure ampia, ma continentale. In questa stagione caratterizzata da estrema siccità e temperature elevate il bostrico ha attaccato l’abete rosso ovunque, non solo dove ha infierito Vaia, ma anche in Valle d’Aosta, in Piemonte, Lombardia e negli Appennini.
La previsione nel breve e medio periodo, per tutta Europa, è quella di un drastica riduzione delle popolazioni di Picea al di sotto delle quote di 1.200 – 1500 m.s.l.m. Questo sarebbe un problema relativo pensando ad una successione di piante più adatte come abete bianco, larice, faggio e altre latifoglie, ma il timore è che anche le altre specie stiano soffrendo a causa del riscaldamento globale.
Anche l’attacco del bostrico era un fenomeno preventivato e documentato dalla letteratura scientifica. Eppure anche in questo caso in Italia ci siamo fatti trovare impreparati: pubbliche amministrazioni e attori della filiera del legno. Ora la diffusione del parassita da endemica è nella fase epidemica.
Che fare? Dal punto di vista selvicolturale, accompagnando il lavoro dello sviluppo naturale degli insetti antagonisti, più che asportare grandi superfici di piante morte, o intervenire sui margini, è consigliabile intervenire sulle piante appena colpite e asportare fin da subito il legname dalle superfici forestali, scortecciando quanto prima il tronco. Con il tempo si dovrà accompagnare la crescita naturale dei boschi del domani favorendo, laddove possibile, l’incremento di resistenza e la resilenza delle strutture forestali. Quindi boschi misti e disetanei, attivare un impegno coerente e costante rivolto allo sviluppo della selvicoltura naturalistica.
Ѐ necessario diffondere da subito una comunicazione sociale corretta, efficace e diffusa, ovviamente forte di basi scientifiche e di ricerca.
Va superato il consolidato, diffuso ma devastante concetto di “estetica forestale”.
Da subito si deve bloccare l’avanzante frammentazione delle superfici forestali dovuta alla costruzione invasiva di nuova viabilità forestale, alla presenza di viabilità statale e provinciale diffusa, di infrastrutture per il trasporto dell’energia – elettrodotti, di altre reti di servi, di impianti sciistici e nuove piste di sci sempre più vaste.
Rafforzare la diffusione di nuovi equilibri forestali prestando attenzioni specifiche rivolte alla fauna selvatica, alla microfauna, al mondo dei funghi, dei licheni, alla fertilità dei suoli forestali.
Senza trascurare il lavoro legato alla produzione di legame si dovrebbe avere sempre presente che il bosco naturale viene da solo e che i tempi della natura non sono i nostri. Sappiamo anche che ogni ecosistema naturale vive un perenne disequilibrio, è un’associazione di vite in mutamento, che si adattano a quanto succede attorno. I cambiamenti climatici in atto rendono questi mutamenti violenti e sempre più ravvicinati nei tempi, situazioni che ci colgono sempre di sorpresa. Noi esseri umani, rispettando i mutamenti dei sistemi forestali, possiamo accompagnarli, forse anche rafforzarli. Dovremmo avere ben presente che costruendo sicurezza naturale sulle alte quote rendiamo un servizio straordinario e trasferito sul lungo periodo a quanti sono costretti a vivere nelle grandi pianure europee e nelle aree urbane.
ALCUNI OBIETTIVI SOCIALI E POLITICI
Nell’accompagnare questi mutamenti possiamo investire in lavoro, recuperando quanto abbiamo trascurato nel recente passato e affrontando nuove sfide. Il documento è stato ispirato da questa necessità, urgenza. I lavori che proponiamo partono da investimenti nel campo scientifico e della ricerca per arrivare a consolidare sui territori lavoro manuale. Con investimenti pubblici costanti nel tempo arriveremo ad invertire una situazione di abbandono che non solo ha danneggiato o degradato nel tempo suoli e soprassuoli forestali e pascolivi, ma anche a recuperare lavoro, cura, costruzione identitaria e culturale del vivere la montagna.
- Ricostituire il Corpo forestale anche partendo dalla costituzione di Corpi Forestali Regionali anche nelle Regioni a Statuto ordinario.
- Assieme agli attori interessati, proprietari terrieri, industria e artigianato, commercio, strutturare in Italia una filiera del legno certificata e capace di lasciare sui territori di montagna il maggiore valore aggiunto prodotto.
- Rafforzare l’azione di controllo sul territorio.
- Recuperare e avviare al lavoro nelle Regioni e nelle Province autonome personale stagionale specializzato nel lavoro in bosco. Si tratta di squadre diffuse sui territori con gli scopi di intervenire nella manutenzione delle superfici boschive, provvedere laddove ritenuto necessario alla piantumazione, alla gestione di queste superfici nel corso del tempo. Non va relegato come secondario aspetto la manutenzione dei pascoli di alta quota e delle superfici aperte in bosco. Tale personale va gestito da tecnici di adeguato profilo professionale e da un specifica struttura burocratica.
- Chiedere alle Regioni e alle Province autonome di investire adeguate, sostanziose, continue risorse economiche rivolte al sostegno di analoghe squadre di operatori forestali dei comuni proprietari di boschi, delle ASUC, delle Regole, con la garanzia che questi investimenti vengano strutturati su tempi di impiego lunghi.
- Vanno poste attenzioni specifiche al lavoro di recupero di superfici silvopastorali nelle aree protette, siano questi parchi nazionali, regionali, provinciali, zone di Rete Natura 2000. I parchi devono rimanere luoghi di eccellenza per la sperimentazione scientifica.
- In ogni situazione la nuova pianificazione, oltre che indirizzata all’incremento cospicuo di massa legnosa, dovrà prestare maggiori attenzioni alla gestione della fauna selvatica, dell’avifauna, della microfauna, ai processi di modifica del patrimonio micologico e dei licheni, all’incremento della fertilità dei suoli, alle dinamiche relative ai temi della sicurezza idrogeologica e valanghiva.
- Infine urgente e sempre più necessario è investire nella conoscenza, educazione ambientale e comunicazione corretta.
Questo breve documento vuole essere un forte richiamo rivolto agli enti pubblici ad un ritorno ad investire nel lavoro dei boschi, parliamo sia di lavoro di alto profilo scientifico, sia nell’ambito privato che pubblico, ma anche in manodopera specializzata. Su tutti noi pesa una domanda alla quale va data risposta: fra un solo decennio chi sarà rimasto a lavorare in foresta? Chi gestirà il 50% del territorio nazionale? Con quali mezzi e quali risorse? Qualora i territori delle alte quote venissero definitivamente abbandonati a sé stessi, come sta accadendo, quali sarebbero le conseguenze nelle vallate di montagna, nella qualità dell’offerta turistica dei territori, della conoscenza delle montagne da parte dei residenti stessi? E quali sarebbero le conseguenze di un totale abbandono dei lavori in montagna per le aree urbane di fondovalle o nei centri industrializzati delle grandi pianure?
Mountain Wilderness Italia
agosto 2022
Come sempre la scienza esatta non esiste. La crescita delle conoscenze procede per esperienze, ovviamente poi convalidate dai dati, ma anche per fortuite casualità. La complessità dell’ambiente forestale non può che seguire queste tracce. Nemmeno i dati sisef sono tanto oggettivi. Certo è che la gestione di Vaia un po’ ovunque è stata frutto di improvvisazione e tragici errori, parte dei quali oggi stiamo pagando, anche nella filiera del legno, sempre a danno dell’Italia. Non possiamo qui addentrarci in una analisi tecnica, magari lo faremo a Trento a fine ottobre. L’obiettivo del documento è uno: portare i nostri amministratori a tornare ad investire nel lavoro in bosco. Non tanto nella produzione (anche) ma nella manutenzione giornaliera del territorio. recuperare quanto amministrazioni pubbliche e privati hanno buttato all’aria, recuperare boscaioli e tecnici dei pascoli, recuperare formazione continua. Su questo percorso dobbiamo essere uniti, fare fronte comune verso le troppe amministrazioni che sperperano denaro pubblico in opere inutili, grandi eventi e dimenticano il territorio.
Buongiorno,
ho letto il documento, lo apprezzo e molte cose sono condivisibili (la maggior parte) ma c’é anche molta confusione, imprecisione ed anche alcune affermazioni errate (dal punto di vista scientifico). Visegnalo il documento redatto dalla SISEF (Società italiana di selvicoltura ed ecologia forestale) in cui trovare molte delle vs indicazioni https://sisef.org/2022/07/24/dieci-priorita-per-le-foreste-italiane/