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Alla ricerca degli alpinisti perduti

Kurt Lauber fa sapere nel suo libro “Il custode del Cervino” che 25 vittime della Gran Becca non sono state mai trovate. Ma il Cervino è fatto anche così, geloso dei suoi caduti (non certo per colpa sua). Adesso però il ritiro dei ghiacciai sta portando alla luce le spoglie di chi da quei luoghi non è mai tornato a casa. Michele Cucchi, guida alpina e soccorritore, da tempo si dedica alla ricerca dei resti di alpinisti scomparsi che affiorano dai ghiacciai. Argomento purtroppo d’attualità dopo la carneficina sulla Marmolada in seguito al (prevedibile?) distacco di un seracco sotto l’impulso di un’estate particolarmente torrida. La storia di Cucchi è al centro del docufilm “Cinquanta passi” di Niccolò Aiazzi, prodotto dalla Radio televisione svizzera.

Il regista ha filmato la spedizione sulle pendici del Cervino di una squadra speciale: Cucchi, il glaciologo Michele Freppaz e l’antropologa Elisabetta Dall’Ò. La base per le riprese era Air Zermatt, la sede della squadra svizzera che si occupa dell’elisoccorso. Il gruppo ha dormito al rifugio della Hörnlihütte, a 3.260 metri. I “cinquanta passi” del titolo indicano quanto si è ritirato tra il 2018 e il 2019) il ghiaccaio del Gorner, dove la squadra ha trovato i resti di un uomo disperso, forse un tedesco sparito nell’estate del 1983.

“Quando una persona scompare in montagna e rimane sotto metri di rocce e ghiaccio è come se avesse una sepoltura naturale ed è giusto che resti tale”, spiega Cucchi. “Ma quando i resti riaffiorano è necessario attivarsi per recuperarli”. (Ser)

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