Natura / Elogio della betulla
La betulla è un albero che conoscono tutti, anche i bambini delle elementari. È l’unico albero che ha la corteccia bianca, non la puoi confondere in nessuna stagione. Ho sempre amato la betulla, perché è un albero “povero”, quello che fa il “lavoro sporco”. Quando un pascolo o un prato in montagna vengono abbandonati, quando su un versante è passato il fuoco, quando in un vallone è scesa una frana o una valanga. Il primo albero che cresce è la betulla.
Lei ha bisogno di poco: poca acqua, poco nutrimento, sopravvive e cresce sui suoli aridi. Come certi uomini. Amo la betulla perché è un albero senza speranza. Come certi uomini.
Nasce, cresce ma sa che non scamperà a lungo. Quando avrà bonificato terreni aridi e devastati da accidenti meteorologici o climatici, morirà, lasciando il posto a specie di alberi più esigenti: il castagno, il faggio, il frassino.
La betulla è fatta così: la corteccia bianca assorbe sole, la corteccia sottile assorbe acqua, le radici filiformi cercano umidità dove non c’è. Quando, in una luminosa giornata d’inverno, vedete un bosco di betulle, pensate che prima lì c’era altro, un prato o una foresta.
Quando penso ai camosci che, malati, si rifugiano sotto una roccia in alta montagna e aspettano se vivere o morire, penso anche alla betulla che, dopo un abbandono o una devastazione, si radica, cresce e svolge il lavoro che natura le ha dato.
Un inno alla vita.
Paolo Crosa Lenz
da Lepontica numero 14