Le sopravvissute di Bergemoletto
La letteratura della montagna è piena di valanghe, quasi sempre letali. La più spaventosa e misericordiosa seppellì le case di Bergemoletto nel 700, una cronaca che riesce ancora a farci tremare e commuovere. Con Matteo Bellizzi e Lara Giorcelli di Bottega Miller Enrico Camanni dedica all’evento la terza puntata delle “Storie in bilico”, con la testimonianza di Pietro Spirito che raccontò la valanga in un volume della collana dei Licheni. Era il 19 marzo 1755, festività di San Giuseppe, quando un’enorme valanga si abbatté su Bergemoletto, in valle Stura, distruggendo più di 30 case e provocando 22 vittime tra gli abitanti del luogo. Gli inverni erano “normalmente” nevosi e quell’evento, pur drammatico, non venne considerato così eccezionale. Quello che invece rese famosa e, ancor oggi, ricordata come eccezionale la sciagura di Bergemoletto fu che tre delle ventidue persone sepolte sotto l’enorme massa di neve (ben 18 metri) furono trovate vive il successivo 25 aprile, ovvero 37 giorni dopo il disastro.
La storia della valanga del Bergemoletto è suggestivamente rievocata nella serie “Storie in bilico” che ricostruisce ambienti e caratteri del tempo. Dell’evento si occupò anche il volume, oggi ormai introvabile, di Lorenzo Bersezio “Le streghe in bianco” (Edizioni Obiettivo Neve, 2004). Le sepolte del Bergemoletto si chiamavano Anna Maria, Anna e Margherita. Con loro c’era anche un bambino, Antonio, che tuttavia perse la vita. “A tutt’oggi”, puntualizza Bersezio, “questo di 27 giorni è il record assoluto di sopravvivenza sotto una slavina, seppure non a contatto diretto con la neve, in quanto le tre vittime immerse nell’oscurità più assoluta disponevano di un antro lungo tre metri e mezzo, largo due e mezzo e alto uno e mezzo”.
La sopravvivenza delle tre donne si spiega col fatto che bevvero il latte di una capretta sepolta con loro e, insieme, la neve che riuscivano a sciogliere. Ben presto le tre donne persero ogni cognizione del tempo. Una seconda capra che era con loro partorì (il capretto fu subito ucciso) e dal parto dell’animale le sepolte capirono che doveva essere la metà di aprile e cominciarono a sperare di essere ritrovate con il disgelo. E così per fortuna accadde: il 25 aprile attraverso un varco nella neve Antonio Bruno, fratello di Anna Maria, riuscì a ritrovarle.
L’evento venne descritto dallo scienziato Ignazio Somis (1718-1793) che studiò gli aspetti fisici e medici e che nel 1757 volle incontrare le sopravvissute. Nel 1913 Bernardo Chiara nel volume “Sessanta giorni in montagna” mise anche a fuoco il sogno telepatico tra la sorella sommersa e il fratello, un sogno che sarebbe alla base della ripresa delle ricerche al Bergemoletto.