Vita in montagna / Il canto gorgheggiato delle pastore
Arsunà era il canto gorgheggiato che le pastore sulle mie montagne usavano per comunicare da un alpeggio all’altro. Un suono per rompere la solitudine del lavoro in montagna, per chiamare il bestiame, per chiedere aiuto. A Ornavasso si diceva faa yuglo, in Ossola anche yu fi fi. Vocali e consonanti accostate senza un significato: la voce profonda e misteriosa della montagna. Nella Svizzera tedesca e in Tirolo si chiama jodel ed è una forma d’arte con concerti e pubbliche esibizioni. Sui monti della Val d’Ossola era pratica femminile, perché erano le donne a lavorare sugli alpi, mentre gli uomini erano via in emigrazione.
Le pastore della Val Grande, dall’alpe Oro delle Giavine salivano la sera alla Colma Piana per guardare il fondovalle del Toce e le case lontane: in Ossola si accendevano le luci, in Val Grande scendeva il buio.
Da bambino trascorrevo tre mesi all’alpe Sarlede di Ornavasso. La sera, dopo aver raccolto le capre e averle munte, la mamma si sedeva sugli scalini davanti alla baita e faceva yuglo. In pochi minuti rispondevano voci femminili dagli alpeggi vicini (l’Ultosvendi, lo Steyt, i Trenghi). La mamma riconosceva le voci delle amiche. Non so cosa volessero dirsi. Forse non lo sapevano neanche loro.
O forse volevano dire che erano ancora vive, che la vita continuava.
Paolo Crosa Lenz
Lepontica, 17, marzo 2022