Strategie / I cani che fiutano il Covid
Da tempo si parla o meglio si favoleggia di cani che riconoscono con il loro fiuto le persone positive al Covid. Una sensibilità del 98-100%, superiore a quella dei ‘tradizionali’ test antigenici rapidi che è pari all’87%-98% viene ora attribuita ai cani del progetto “Screendog” coordinato dall’Università Politecnica delle Marche (Univpm) e che coinvolge gli atenei di Macerata e Camerino (Unicam), unità sanitarie (una delle Marche e una della Sardegna) e cinofile. Lo studio, a quanto si apprende dal quotidiano La Stampa, ha permesso di testare 1.251 soggetti e di mostrare, appunto, una sensibilità dal 98% al 100% nell’individuare i 206 positivi che si erano anche sottoposti a tampone molecolare.
Una tardiva scoperta? Evidentemente occorreva andare con i piedi anzi con le zampe di piombo. E’ trascorso un anno da quando l’agenzia “Piemonte informa” della Giunta Regionale del Piemonte annunciò che cani anti covid erano pronti ad accogliere i passeggeri all’aeroporto di Cuneo. Si seppe che positive erano state le sperimentazioni condotte all’aeroporto di Helsinki-Vantaa dalla società finlandese partner del progetto avviato con l’aeroporto italiano.
Su un campione di seimila passeggeri nel 95% dei casi questi cani risultarono capaci un anno fa di identificare i soggetti portatori del virus anche cinque giorni prima che manifestassero i sintomi. I cani erano dei simpatici segugi bloodhound, definiti “molecolari” per il loro fiuto estremamente selettivo, mansueti bestioni che il Soccorso alpino da tempo impiega per le ricerche dei dispersi. Nello scalo di Cuneo erano stati messi a disposizione dall’Associazione Carabinieri e dall’A.V.S. O.S.L.J. Amici Volontari Soccorso di Milano.
Di cani che fiutano il Covid da allora non risulta che si sia più parlato. Tutti bocciati? C’è stato un motivato ripensamento? Ora si apprende del citato progetto “Screendog”. Buon segno. La ricerca a quanto risulta dai giornali si è svolta in più fasi: inizialmente sono stati raccolti i campioni di sudore conservati nei laboratori di ricerca. Successivamente i cani sono stati educati dai cinofili a distinguere i campioni positivi dai negativi, segnalando, sedendosi, solo i positivi e seguendo uno specifico protocollo.
Si è poi passati alla validazione del test ai drive in: questa fase conclusiva, la più importante, è stata fondamentale per dimostrare che i cani sono capaci di segnalare persone positive in una situazione reale dove non è più il campione di sudore ad essere annusato ma la persona stessa. Si appende che tale studio è il primo in Italia per questo aspetto. Eppure sul prodigioso fiuto dei “molecolari” blood hound al servizio della Protezione civile (e del Soccorso alpino) da anni si fanno studi e prove e più che positive dimostrazioni. Per quanto riguarda le priorità i conti proprio non sembrano tornare. (Ser)