Letture / Vita e amori di Segantini, cercatore di luce
Il dipinto appeso in una stanza rappresenta una giovane donna con un bambino tra le braccia. Chi saranno mai? Al ragazzo che trascorre le vacanze estive nella baita di famiglia pare di riconoscere quelle persone e chiede notizie alla Moma, la nonna originaria della Calabria, scoprendo che il nonno aveva conosciuto l’autore, Giovanni Segantini. Da questa scoperta prende avvio il romanzo di Carmine Abbate “Il cercatore di luce” (Mondadori, 348 pagine, 18,50 euro) che riannoda la travolgente vicenda umana del famoso pittore e quella della famiglia del ragazzo che si appassiona all’amore tra l’artista e Bice Bugatti, donna carismatica e compagna fedele.
Particolare importante. Questo romanzo. definito visionario e corale nei risvolti di copertina, intreccia l’avventura esistenziale e artistica di Segantini su varie prospettive: il Trentino di Arco, il Maloja immortalato in celebri quadri, Milano, la Brianza. L’autore si addentra così con ricchezza di particolari nei misteri della vita, della natura, della morte: gli stessi temi del famoso e misticheggiante Trittico della Natura di Giovanni Segantini esposto nel museo che a Sankt Moritz gli è dedicato.

S’intende che l’inesausto cercatore di luce altri non è che il pittore stesso il quale, pur presagendo la fine ormai prossima, sale in montagna a dipingere l’ultima, grandiosa opera. Nelle pagine del romanzo ritroviamo Segantini a Milano chiuso in riformatorio per oziosità e vagabondaggio, a Borgo Valsugana dove riassapora la libertà, di nuovo a Milano dove apre un atelier e dipinge sensuali lavandaie inginocchiate lungo il Naviglio, in Brianza dove diventa con l’amata Bice cittadino della natura e a Caglio dove dipinge il suo capolavoro “Alla stanga”.
La vita di Segantini offre non pochi spunti letterari. Orfano di madre, a pochi anni il piccolo Giovanni si trova anche senza padre che si è reso irreperibile dopo averlo affidato a una figlia di primo letto. A 10 anni supera una grave malattia infettiva con un lungo ricovero. A 12 anni fugge di casa con i pochi spiccioli avuti per comperare il latte. Arrestato per vagabondaggio viene internato nel riformatorio “Marchiondi” per tre anni. Durante la permanenza nell’istituto grazie a un certo padre Fedele si appassiona alla pittura. Dopo un’esperienza negativa come fotografo a Borgo Valsugana presso un fratellastro, Segantini (così modifica egli stesso il cognome dall’originario Segatini) rientra a Milano dove si fa benvolere da alcuni conoscenti che lo spingono a iscriversi all’Accademia di Brera.
A Milano Segantini conosce la donna della sua vita, Bice Bugatti, che vive con lui quasi vent’anni dandogli i quattro figli Gottardo, Bianca, Mario e Bertino. Dopo alcuni anni a Pusiano e poi a Carella di Brianza, si trasferisce con la famiglia a Savognino in Svizzera, dove vive momenti di esaltante e intensa produzione artistica, ma anche di contrasto con i residenti, contrari alla presenza di una famiglia non religiosa e sovente in difficoltà economiche.
Si vede subito nelle pagine del romanzo che Bice e Giovanni sono fatti l’una per l’altro, lei bionda, occhi azzurri, delicata, lui scuro, capelli barba occhi neri, a prima vista rude. Insieme negli ultimi anni svernano nell’incantevole Soglio in val Bregaglia, la soglia del Paradiso con le eleganti Sciore sullo sfondo dei castagneti. Poi quando traslocano al Maloja quel paesaggio seppellito dal manto bianco sembra al maestro la perfetta metafora della Morte, il tema che lo sta ossessionando da una vita.
Attingendo a varie fonti, a cominciare dagli scritti e dalle lettere del pittore, Carmine Abate ricostruisce in modo affascinante la vita del “cercatore di luce” che ora riposa tra alpestri fioriture nel piccolo cimitero del Maloja assediato dai condomini a pochi passi dal magico lago di Sils. Accanto a Giovanni, sia detto per inciso, riposa il nipote Pietro: fu un bravo medico, un atleta, un dirigente delle associazioni alpinistiche e un uomo di successo. Particolare che non gli impedì nell’altro secolo di togliersi la vita. (Ser)

di Giovanni e Bice Segantni al Maloja (ph. Serafin/MountCity)