Ferrari (“Mia sconosciuta”) in vetta a “Leggimontagna”

Quello della montagna salvifica e rigeneratrice non è un tema nuovo nella narrativa del settore. Ma è sembrato riemergere con forza dalle opere presentate alla 19ª edizione di Leggimontagna, il premio internazionale letterario organizzato dall’Asca, l’associazione delle sezioni Cai dell’Alto Friuli. Una funzione terapeutica associata all’andare, all’immersione in un ambiente che non è quello promosso dal turismo d’alta quota. 

Nulla da dimostrare agli altri e forse anche a se stessi, solo uno stacco dei moduli comportamentali dell’oggi, approccio slow e sweet, caratterizzato dall’ascolto della natura, dal dialogo con se stessi e dal rifiuto della logica della produttività e dei risultati. Potrebbe essere un marginale effetto positivo dell’epidemia di Covid, innescato anche dalla necessità pratica di fare attività fuori dai luoghi affollati, ma è presto per dirlo.

Comunque le giurie del Premio, che ha visto in lizza 37 opere per la narrativa, 32 per la saggistica e 20 per gli inediti sabato 16 ottobre, al teatro “Candoni” di Tolmezzo, hanno attribuito i premi dei diversi settori. Nella narrativa si è affermato “Mia sconosciuta” di Marco Albino Ferrari (Ponte alle Grazie), già vincitore del premio Itas, ricostruzione della figura materna dell’autore, che gli deve l’imprinting alpinistico. “Attraverso una narrazione costruita con sapienza, la montagna, forte elemento formativo, finisce con l’assumere una valenza concettuale e simbolica, tale da rendere inimmaginabile la vicenda in sua assenza”, nota la motivazione della giuria.

“Mia sconosciuta” di Marco Albino Ferrari, è il libro vincitore della quattordicesima edizione di Leggimontagna, settore narrativa. In apertura l’autore riceve il riconoscimento della giuria. Nel libro, secondo la motivazione, “la montagna, forte elemento formativo, finisce con l’assumere nel libro una valenza concettuale e simbolica”.

Il secondo premio è stato aggiudicato a “Gli eroi invisibili dell’Everest” dello scrittore e alpinista sloveno di Trieste Dušan Jelinčič (Bottega errante), “una potente metafora sul modo di coltivare (e di calpestare) la vita e l’amicizia; sulla dicotomia che anima il mondo, fra spiritualismo e prestazione tecnico-fisica; sul modo di intendere la realtà in bilico fra razionalismo e spiritualità”.

Terzo si è classificato “La torrenta” di Federico Pagliai (Tarka), “che racconta il viaggio di un torrente dell’Appennino, che attraversa terre e storie di uomini, intrecciate dal respiro della montagna che quelle acque percorrono”.

Menzione a “Missione Terra” di Paola Favero (Cierre), “romanzo per bambini, ma non solo: un viaggio per tutti, capace di toccare le corde di un ‘sentire’ più profondo”.

Per la sezione inediti il primo premio è andato a “Come in un film” di Marco Verzini, racconto dalla “strutturazione molto originale, che si rifà ai moduli cinematografici, e nel serrato alternarsi dei primi piani dialogici, allude o prelude a una sceneggiatura (di fatto forse lo è)”. 

Secondo è arrivato “Pesto”, di Giacomo Genovese, favola-metafora ambientale i cui “protagonisti sono giovani studenti che intraprendono un’avventura impossibile: avvicinare la montagna alla città”, piano che prevede di ancorare alcune corde a un grosso albero, di trascinare nel cuore della città il “grigio muro di roccia” nel quale affonda le sue radici.

Terzo premio a “Infinito 9°+”, di Gabriella Sperotto, che “ha la freschezza delle alte cime e un linguaggio stringato, essenziale, che si addice ai gesti misurati del 9a+. Un racconto che sconfina nella poesia e che riesce, in uno spazio molto breve, a trasportarti altrove”. 

Quarto e quinto “Pelmo – Una nera favola cadorina” di Silvia Cavorso, e “Ultimo”, di Domenico Flavio Ronzoni.

La saggistica ha visto prevalere “Le acque agitate della patria” di Giacomo Bonan (Viella) su“Pascoli di carta” di Gianandrea Mencini (Kellerman). Il primo è “un’analisi storico-critica estremamente accurata, dedicata al bacino idrografico del Piave, che descrive con attenzione il passato per permetterci di vedere più chiaramente il presente e di tentare di indirizzare il futuro”; il secondo un “libro di denuncia totalmente privo dell’abituale retorica dedicata all’agricoltura, alla pastorizia e all’alpeggio nelle terre alte e al patrimonio di saperi e storie a essi inerenti”.

Al terzo posto “L’ultima sfida” di Bérénice Rocfort ed Emilie Brouze (Corbaccio), che esamina “la narrazione di sei ascensioni e l’analisi del coinvolgimento delle autrici nei confronti dei protagonisti, le motivazioni che spingono all’impresa, le diversissime personalità degli alpinisti, le valutazioni non sempre benevole degli psicologi”. 

Menzione speciale a “Autobiografia della neve” di Daniele Zovi (UTET), segnalato “sia per la qualità e la briosità della scrittura, sia per il livello di capacità divulgativa che ha caratteristiche interdisciplinari”.

Ad aggiudicarsi il “Premio Unesco” è stato “Montagne di mezzo” di Mauro Varotto (Einaudi), che propone la montagna spopolatasi nel Novecento “come luogo di coesistenza di funzioni e istanze diverse, economiche sociali, culturali, ambientali, per nuovi abitanti che possono essere residenti, ritornanti, neo-montanari, immigrati da altri mondi”.

Il “friend d’oro” riservato all’“amico alpinista” è andato al cividalese Rodolfo Sinuello, mentre il riconoscimento in ricordo di Giulio Magrini, destinato a chi è attivamente impegnato nella realtà locale, è stato attribuito all’associazione fondiaria Valle dell’Erbezzo che, superando il frazionamento fondiario, ha realizzato una gestione comune del territorio, e, individualmente, a Franceschino Barazzutti, per la sua opera in difesa dell’ambiente.

La seconda tranche del premio “Cortomontagna”, riservato agli audiovisivi si svolgerà invece tra qualche settimana, sempre a Tolmezzo, da giovedì 2 a sabato 4 dicembre, sempre a Tolmezzo.

Luciano Santin

“Gli eroi invisibili dell’Everest” dello scrittore e alpinista sloveno di Trieste Dušan Jelinčič  è il secondo classificato nella narrativa. In base al verdetto della giuria il libro è “una potente metafora sul modo di coltivare (e di calpestare) la vita e l’amicizia”.

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