Nuove barbarie in città / Monopattini in agguato
Inciampando in un monopattino “posteggiato” su un marciapiede di Milano, il nostro Roberto Serafin è finito in ospedale con gravi traumi come appare evidente dal selfie che egli stesso si è scattato al ricovero al San Carlo. La circostanza gli ha consentito di farsi un’idea più precisa e inequivocabile dei pericoli a cui sono sottoposti i cittadini in seguito all’avanzata di questa micromobilità priva di regole e di etica. Una nuova barbarie con cui occorre tutti i giorni fare i conti.
Urbanità e montanità non sembrano due concetti che si stanno incontrando come ottimisticamente si legge nell’ultimo numero della rivista Dislivelli. Basterebbe l’invasione di monopattini elettrici, che contribuiscono a rendere problematica la vita dei cittadini a Milano in cambio di un contributo alla riduzione dell’inquinamento atmosferico, a smentire l’ipotesi oggi diffusa tra gli “addetti ai lavori” che la vita in città vada a braccetto con quella delle terre alte. E’ evidente che Milano, dietro il suo agitarsi spesso a vuoto, nasconde sempre più rischi mortali e si merita di essere abbandonata anche dai milanesi più affezionati che se lo possono permettere per trasferirsi armi e bagagli, smart working compreso, nella pace dei monti dove posseggono le seconde case.
Di monopattino si muore. Lo ha dimostrato la fine di Fabio Mosca, un ragazzo di 13 anni che è andato a schiantarsi lungo la pista ciclabile di Sesto San Giovanni. Sarebbe sufficiente un’indagine nei reparti ortopedici e chirurgici dei vari ospedali milanesi per saperne di più sulle conseguenze di questa invasione che non dà tregua costituendo per i cittadini un pericolo costante. E che di conseguenza ha un costo sociale altissimo. Personalmente ho notato che in ospedale il mio caso è stato associato a tanti altri incidenti provocati dai monopattini. Un male endemico al quale occorre porre rimedio al più presto anziché far finta di niente.
Di recente su una pista ciclabile si è schiantato a Milano anche un uomo di 43 anni riportando un trauma cranico. Ma un trauma cranico l’ho rimediato anch’io, ottantaduenne cittadino che il monopattino per raggiunti limiti di età non se lo può permettere, e di cui non avverto certo la mancanza.
Già, anch’io ho rischiato la vita e ciò che resta della mia integrità fisica e sono finito miseramente in ospedale per colpa di uno di questi onnipresenti monopattini. Uno dei tanti delle società di sharing che vengono abbandonati dove va va sui marciapiedi da questa pletora di scriteriati che tengono in scacco la città sfrecciando indisturbati anche contromano e sui marciapiedi senza che nessuno li controlli. Mai visto un vigile fermarne uno. E poi ci avete fatto caso? Ogni volta che il milanese esce dal portone di casa, è costretto a farlo con circospezione, consapevole che un monopattinista potrebbe travolgerlo arrivando sparato e privo di mezzi acustici per preavvisare del suo arrivo.
Colpa mia che ero distratto se quel 1° settembre, in via Marghera a due passi da casa, ho rischiato le penne su un marciapiede ristretto dove si affollavano i clienti delle numerose caffetterie, gelaterie e pizzerie i cui dehors nel dopopandemia dilagano fin sulla strada. Beninteso, me ne andavo a piedi pensando ai fatti miei. E per un’oscura ragione (il destino cinico e baro è sempre in agguato) forse ho alzato gli occhi per osservare l’enorme gru che incombe sull’ex spazio Mondadori. E’ l’ultimo ricordo che conservo di quella maledetta giornata prima di perdere i sensi.
Ho saputo da testimoni che da un anfratto spuntava la ruota posteriore di un monopattino di una nota società di sharing “posteggiato” (si fa per dire) in quel punto del marciapiede. Inciampai nella ruotina sfuggita al mio radar e finii esanime sul marciapiedi per alcuni interminabili minuti. Battei violentemente la testa sul selciato. Una dottoressa di passaggio rimase impressionata per il botto e si chinò su di me per assistermi. Quando mi riebbi non provavo dolore e stentavo a capire che cosa mi fosse successo. Trauma cranico diagnosticarono poi al San Carlo tenendomi in osservazione con la bellezza di tre Tac e rinviandomi a una successiva visita di controllo neurochirurgica.
Ricordo che, mentre ero disteso sul marciapiede, mani amorevoli mi portarono dell’acqua da spruzzarmi in faccia. Giacevo bocconi ignaro del motivo per cui mi trovavo lì. L’ambulanza arrivò in fretta. “Verso le ore 12 caduta accidentale (è inciampato su un monopattino)” è stata la prima anamnesi patologica redatta dai primo dei soccorritori. La Tac ha rivelato una sottile falda di “emorragia subaracnopidea”. Termini che inquietano come inquieta la prospettiva di trovare altri monopattini in agguato sui marciapiedi in questa città di zombie.
Morale. Dovrò stare a lungo sotto controllo e avrò tutto il tempo di pensare ai pochissimi rischi che mi sono preso, al confronto, scalando montagne senza mai incorrere in incidenti. Rischi che a Milano oggi sono la regola costringendo il Ministero delle Infrastrutture a convocare un’urgente riunione con le società di sharing che gestiscono l’affitto in strada dei monopattini. Perché così non si può più andare avanti.
E meglio tardi che mai, aggiungo. Saranno finalmente decise misure per la sicurezza e per il decoro urbano legato alla micromobilità? Me lo auguro a nome di tanti cittadini io che il conto lo ho già pagato. E piuttosto salato per giunta.
Roberto Serafin
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Incredibile caro Roberto. La tua riflessione che in montagna, pur avendo praticato tutte le discipline e, in tanti lustri, non si è avuto nessun infortunio, è da insegnamento per quello che può capitare sul marciapiede di una città. Mi trovo per il fine settimana a Roma. Ci sono tanti monopattini che sfrecciano veloci, zigzagando fra pedoni e traffico veicolare, anche sui marciapiedi. Menefreghismo assoluto. Anche a Roma questi mezzi pericolosi sono parcheggiati sui marciapiedi creando intralcio e pericolo. Vedere la tua foto, sono rimasto basito. FORZA, CORAGGIO, CARO AMICO. UNA VELOCE GUARIGIONE SPERANDO CHE QUESTA CRISI AMBIENTALE, NELLA QUALE IO ANNOVERO ANCHE I MONOPATTINI, POSSA FAR RIFLETTERE E INTERVENIRE CHI DOVREBBE DIFENDERE IL CITTADINO. CIAO
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