Il trekking “più lungo del mondo” diventa ciclabile
Il significato del termine trekking ha avuto origine in Sudafrica nel XIX secolo, dopo la conquista inglese del territorio. Gli olandesi, sconfitti, dovettero andarsene e attraversare a piedi spinosi sentieri facendo trekking, appunto, secondo un termine da loro coniato. L’Italia dispone a quanto pare del trekking più lungo del mondo, il Sentiero Italia, vanto del Cai. Un vero trionfo dell’andare a piedi, con tutte le implicazioni etiche che ciò comporta. Non per un caso, Teresio Valsesia che negli anni ottanta fu tra gli inventori del Sentiero Italia, ripeté a lungo, come un mantra, la frase “camminare per conoscere, conoscere per tutelare”.
Solo che adesso non si tratta più di camminare, bensì di pedalare. Come si apprende da fonti ufficiali del Club alpino, sono 119 su oltre 500 le tappe già verificate del Sentiero Italia per la percorrenza in mountain bike in entrambe le direzioni, per un totale di 2768 km su oltre 7200.
Incollati al sellino, con la pedalata assistita, è giusto allora parlare ancora di trekking? A scanso di equivoci non si è fatto alcun cenno al pedalare nel cordiale incontro del 17 giugno tra il ministro del Turismo e il Presidente generale del Club alpino italiano, intenti a firmare un Protocollo d’intesa per la valorizzazione dei percorsi alpinistici ed escursionistici, in particolare il Sentiero Italia Cai.
C’è forse qualcosa che stona e va di conseguenza taciuto nell’affrontare l’argomento del trekking “pedalato”? Lo lascia sospettare il 24 giugno in Gogna Blog l’articolo di Bruno Telleschi intitolato “L’illusione della bicicletta”: dove si parla addirittura di “profanazione della montagna”. “Con la complicità del Club Alpino Italiano”, si legge, “i ciclisti che inquinano le strade urbane ed extraurbane, tentano pure la conquista della montagna e si inoltrano negli ultimi spazi selvaggi che la terra offre ancora”.
E più avanti: “Alla fine i ciclisti pretendono di pedalare anche sui sentieri delle montagne con l’equivoco sostegno delle associazioni nate piuttosto per difendere la natura dall’aggressione della tecnica e delle macchine che partecipare alla violazione della terra”.
“Con la complicità della Società degli Alpinisti Tridentini”, scrive ancora Telleschi, “anche il Trentino si arrende alle ragioni dello sport e alla venalità del turismo per consegnare le montagne all’invasione dei ciclisti. Nel 2015 il Trentino modifica la legge provinciale del 2012 che vieta ai ciclisti le vie con pendenza superiore al 20% e larghezza inferiore alla bicicletta: ora il divieto diventa un’eccezione e l’arroganza una regola…”. E pensare che un tempo era talmente scarsa la considerazione dei “satini” arrampicanti per i ciclisti che il celebre Sentiero delle Bocchette nel gruppo del Brenta venne da loro definito spregiativamente come “La via alta dei ciclisti”!
Occorre continuare? Da tempo nel blog che state leggendo si continua a riferire della difficile convivenza sui sentieri tra ciclisti e camminatori. Si è anche fatto cenno al costante invito alla (non facile) tolleranza tra le due categorie quale risulta spesso nella segnaletica degli esemplari sentieri svizzeri e in particolare di quelli engadinesi. Se davvero esiste una carenza di tolleranza, significa forse che si sta raschiando il fondo del barile? L’argomento è di stretta attualità dal momento che anche il trekking più lungo del mondo sta per diventare, con unanimi consensi e per volere del Cai, una ciclabile. Una delle tante a disposizione del popolo che pedala. (Ser)
Il ministro del Turismo Massimo Garavaglia , (titolare della vigilanza sul CAI),
e il Presidente generale del Club alpino italiano Vincenzo Torti, alla presenza di Manuela di Centa, consigliere del ministro e di una delegazione del Cai, hanno firmato il Protocollo d’intesa per la valorizzazione dei percorsi alpinistici e escursionistici in ambito nazionale e internazionale, in particolare il Sentiero Italia Cai e la Via italiana dei Rochers al Monte Bianco. Nel parlamento italiano esiste la figura di : Titolare della vigilanza sul CAI, questo titolare è ministro, certamente SOCIO CAI, quindi bisogna sfruttare la situazione. Ben venga!
In Gogna Blog l’articolo di Bruno Telleschi intitolato “L’illusione della bicicletta”: dove si parla addirittura di “profanazione della montagna”. “Con la complicità del Club Alpino Italiano”, ha avuto 54 commenti. Più volte ho criticato i BIKER, spavaldi, menefreghisti, insensibili agli escursionisti. Ho fotografato i solchi che le ruote fanno, quando frenano, che verranno allargati dall’acqua piovana. NON GLIENE FREGA NIENTE A NESSUNO. Eppure, NEI MONTI TATRA – PARCO NAZIONALE – POLONIA E PIC D’EUROPE IN ASTURIA – SPAGNA, le bici possono entrare solo nei sentieri a loro riservati. Oggi, in una escursione pensavo solitaria, ho incontrato DECINE DI MOUNTAIN BIKE, HO DOVUTO FERMARMI, NESSUN RISPETTO! Vogliamo deturpare I SENTIERI del SENTIERO ITALIA? ACCONTENTATI, CI VUOLE POCO! FRENATA SU FRENATA, LA FERITA SI ALLARGA.