Letture / Conoscere e amare il Mottarone
“Arrampicare, camminare, conoscere il Mottarone” inaugurò nel 2012 l‘attività di Monte Rosa Edizioni. Fu il primo volume di una collana nata con lo scopo, come spiegò a suo tempo l’editrice Livia Olivelli, di trasmettere la gioia di andare in montagna. “Quel libro mi era venuto proprio bene”, riconosce oggi l’autore Alberto Paleari. “E’ esaurito da tempo ed è anche ormai datato perché sono successe tante cose nel frattempo e avrebbe bisogno di una riedizione ampliata”. Oggi vale la pena di rileggere l’introduzione curiosamente intitolata “Se il Mottarone fosse in Svizzera”. “E’ indispensabile tenere conto dell’anno a cui risale questo scritto”, raccomanda Paleari, guida alpina, autore di romanzi, memorie, guide alpinistiche sulla Val d’Ossola e diari di viaggio, ultimo dei quali “Sul confine. In cammino tra Italia e Svizzera dal Sempione alla Formazza”. In definitiva, lo scritto mette a fuoco il “grande amore” che Paleari nutre per il paesaggio, la roccia, l’aria, il cielo e la natura del “suo” meraviglioso Mottarone oggi purtroppo sulle prime pagine dei giornali per ben altri motivi. Buona lettura. (Ser)

E se fosse in Svizzera?
Se il Mottarone fosse in Svizzera ci sarebbe ancora il trenino che saliva da Stresa ma il traliccio dell’Alpyland non ci sarebbe mai stato. Se il Mottarone fosse in Svizzera, intorno al piazzale superiore ci sarebbe un villaggio di chalet di legno coi gerani alle finestre. Il piazzale sarebbe almeno asfaltato, ma più probabilmente selciato, e tenuto in ordine e non ci sarebbe un gatto delle nevi arrugginito posteggiato lì tutto l’anno, né i bidoni dell’immondizia scassati, né la musica a tutto volume, e il posteggio si pagherebbe.
I proprietari del magazzino che c’è un po’ prima del piazzale, se il Mottarone fosse in Svizzera, li avrebbero già messi in galera per offesa al comune senso dell’ordine, ai gestori della funivia avrebbero ordinato di darle una mano di vernice, la segnaletica dei sentieri sarebbe omogenea e discreta, ci sarebbero panchine nei posti panoramici, i prati sarebbero tagliati e magari in estate ci pascolerebbero ancora le mucche. Invece le antenne sulla vetta probabilmente ci sarebbero anche se il Mottarone fosse in Svizzera perché la televisione, internet e i telefonini li hanno anche là. Ma forse i tralicci vicino al piazzale li avrebbero tolti.
Se il Mottarone fosse in Svizzera ci sarebbe un ufficio del turismo efficiente e ci verrebbero dall’aeroporto della Malpensa i pullman di giapponesi, ci sarebbero tre alberghi a cinque stelle e i resort con piscina, sauna, idromassaggio, fitness. Ci lavorerebbero decine di guide e maestri di sci e istruttori di parapendio e mountain bike e accompagnatori naturalistici, e questa guida sarebbe stampata in cinque lingue e venderebbe decine di migliaia di copie.
Se il Mottarone fosse in Svizzera l’introduzione di questa guida sarebbe stata scritta da uno svizzero e non comincerebbe con le parole: se il Mottarone fosse in Italia.
Però, se il Mottarone fosse in Svizzera, sono sicuro che gli svizzeri col loro perfezionismo sarebbero riusciti a rovinarlo più di quanto abbiamo fatto noi con la nostra trascuratezza, anche se il Mottarone è talmente bello che neanche loro sarebbero riusciti a offuscarne l’abbacinante bellezza.
L’ora migliore è fra il tramonto e il crepuscolo, in autunno. Dopo avere arrampicato tutto il giorno sui pilastri occidentali, a est, verso il Disgrazia, il cielo è pennellato di viola e il lago Maggiore già sprofondato nell’ombra; a ovest la piramide del Monviso è ancora soffusa di rosso; poco prima la roccia era calda e sembrava incendiata dal sole, un attimo dopo il sole è scomparso dietro ai monti della Valsesia, improvvisamente fa freddo, nel cielo appare la prima pallida stella e sul crinale le foglie giallo-oro delle betulle si spengono a una a una.
E’ bello, una volta usciti dalla via di arrampicata, attardarsi ad aspettare il buio. Non ci sono più pericoli, solo sentieri morbidi d’erba scura e profumata da risalire senza fretta. Su lago Maggiore ora si accendono i lampioni stradali disegnandone i contorni, le isole Borromeo sembrano navi da crociera illuminate a festa e anche la pianura padana vibra di mille luci.
Alberto Paleari
da “Arrampicare, camminare, conoscere il Mottarone” (Monte Rosa edizioni, 2012)
Pingback: Il 2021 sugli scaffali / 35 libri selezionati da MountCity – MountCity
ITALIA-SVIZZERA, Mottarone-Generoso o Campodeifiori-Tamaro, partite vinte e perse dove solo la moda dei tempi e la storia hanno dettato la fortuna dei luoghi, prima di delizia, di adoratori del sole, di alberghi di lusso. Poi il declino, incendi, abbandono. È giusto amarli per quello che sono, come fossero persone anziane che hanno bisogno solo di essere curate e comprese. Di orientali facoltosi in gita ne possono anche fare a meno.