Le metafore alpine di “Popi” Miotti
Il momento è critico, il primo veramente difficile da quando Draghi è a Palazzo Chigi. Si rischia un rompete le righe istituzionale, si moltiplicano gli episodi sbagliati nelle vaccinazioni, cresce il nervosismo dei partiti. La vetta sembra vicina ma la cordata deve ancora superare passaggi impervi anche se per fortuna, notizia dell’ultima ora, le restrizioni pagano: l’indice Rt in Italia scende a 0,92 e la penisola si colora sempre più di arancione.
E’ il caso che Draghi chieda conforto a un esperto alpinista? Ci provò Agostino Da Polenza a teorizzare in un libro le strategie da adottare in scalate estreme in montagna così come nella vita, nel lavoro, nella politica. Scritto con Gianluca Gambirasio con prefazione di Kurt Diemberger, il libro s’intitolava “La montagna, una scuola di management: la determinazione del singolo e della squadra sono le chiavi del successo sul K2 come in azienda” (Franco Angeli editore, 2008).
Ci prova ora Giuseppe “Popi” Miotti a esprimersi su un argomento così drammaticamente attuale prendendo spunto dalla problematica situazione a Palazzo Chigi e dintorni. Miotti, profondo innovatore dell’arrampicata sui graniti della sua Valtellina, si addentra infatti, nel canale di Sondrio News (Unica Tv), in una metafora politico-alpinistica intrisa di saggezza e chissà mai che l’eco non arrivi anche nelle stanze che contano.
Si avvicina dunque un temporale, la parete è inesplorata, gli appigli sono rari e aleatori, occorre agire. Questa è la premessa nel racconto di Miotti. Un momentaccio, ma guai se la guida si perde d’animo. Chissà, su una parete accanto potrebbe celarsi la salvezza, ma come affrontare la traversata per raggiungerla? E c’è da essere sicuri che ne valga la pena? Occorre assumere una decisione, bisogna farlo senza esitare.
Se ne guarda bene dal pontificare Popi, già guida alpina, che di alpinismo ad alto livello ne ha masticato parecchio. Ma si capisce al volo che non nutre eccessiva fiducia in chi ci governa in questi tempi grami. Un suo profetico racconto intitolato “Metafora alpina” circolò sul web l’anno scorso in piena emergenza sanitaria. Il racconto gli venne di getto mentre già la nostra vita era sconvolta dalla pandemia e ancora non ci si immaginava che saremmo arrivati, se basta, anche a una fase tre. Ma era chiaro che per uscirne fuori ci sarebbe stato da soffrire, da rischiare.
Nella “metafora alpina” immaginata da Miotti, la guida si comporta in modo prudente come ci si aspetta da lui. Sa benissimo dell’enigma ancora da sciogliere né si nasconde i guai ai quali va incontro con la sua cordata dopo che ha preso il posto di un fortissimo collega costretto a rinunciare. Che cosa avrebbe trovato in quell’immensità di roccia e ghiaccio? Come avrebbe risalito quei diedri vertiginosi e oscuri?
E ora, ecco, la cordata affronta le ultime difficoltà della salita. Tutti insieme di buona lena? Si e no. Capita, può capitare anche tra gli inquieti banchi del Parlamento. Nel metaforico racconto di Miotti c’è chi cerca modi alternativi di procedere, in aperto contrasto con la guida. E subito vengono in mente le restrizioni, le chiusure, le riaperture di cui quotidianamente si discute. “Lo ammetto”, dice Miotti, “ogni riferimento a persone e fatti reali è tutt’altro che casuale, anzi la politica mi offre tutti i giorni nuovi spunti e non è escluso che io torni sull’argomento”. E perché no? Una metafora tira l’altra, provaci ancora Popi! (Ser)