Magnodeno in pericolo: 25 mila firme per salvarlo
Il monte Magnodeno è una bellissima montagna situata accanto al più celebre monte Resegone di manzoniana memoria. Fa parte dei famosi “monti sorgenti dalle acque” descritti nei “Promessi Sposi”. Offre un panorama mozzafiato su Lecco e i suoi laghi. Da oltre un secolo questa montagna viene scavata per estrarre materiale per la produzione di calce, ma ora si profila un pericolo: la Provincia di Lecco vuole infatti approvare un piano per permettere a una azienda siderurgica di allargare il fronte di una delle cave così da produrre più calce.
Ancora una volta un ecosistema viene dunque messo a rischio trivelle. Tra l’altro l’intensificazione dei lavori andrebbe a rappresentare un pericolo anche per la fauna del posto e aumenterebbe sensibilmente l’inquinamento atmosferico di questa vallata.
“Fermiamo le trivelle, salviamo il monte Magnodeno” è l’appello lanciato attraverso una petizione all’inizio di marzo. In poco tempo sono state raccolte più di 25mila firme. La petizione vuole sollecitare la Provincia di Lecco a negare l’autorizzazione ad allargare il fronte di cave.
“A brevissimo, il 31 marzo”, si legge nella petizione, “si terrà la Conferenza dei Servizi in cui la Provincia di Lecco deciderà se autorizzare o meno la ditta Unicalce spa, società attiva nella cavazione del monte Magnodeno, ad allargare ulteriormente il fronte di cava di Vaiolo Alta (delle tre quella situata più in alto). L’allargamento previsto è di 2.791.000 metri cubi di materiale (equivalenti a un cubo con spigolo di 140 metri, per intenderci), in accordo con il piano cave già approvato nel 2015″.
Il Comitato ‘Salviamo il Magnodeno’, impegnato nella salvaguardia di questa montagna già così compromessa, intende porre all’attenzione della Provincia le problematicità che spingono con forza a voler evitare questa autorizzazione, cioè che l’escavazione proceda fino al 2034.
L’attività sul Magnodeno comporterebbe gravi conseguenze su vari fronti, a cominciare dalla salute pubblica e dall’ecosistema: la produzione della calce produce infatti l’emissione di circa 200 000 tonnellate di CO2 all’anno (a confronto, le 130 000 del forno inceneritore di Valmadrera paiono quasi uno scherzo), tra le maggiori fonti di inquinamento atmosferico, oltre che l’emissione di polveri e l’inquinamento acustico legato alla forte rumorosità del processo di estrazione, frantumazione e trasporto della calce. (Ser)