Le discusse scelte del Comelico
Continua a fare discutere il progetto sostenuto a spada tratta dalla Regione Veneto di un collegamento impiantistico tra Padola e Sesto Pusteria. A favore si esprime il 26 febbraio 2021 un lettore nel commentare un articolo sull’argomento apparso diverso tempo prima in MountCity, il 19 gennaio 2018, in cui si riportava la visione di Mountain Wilderness Italia contraria al progetto per una serie di ragioni: a cominciare dall’impatto paesaggistico definito “enorme” e dai costi elevati in parte coperti dal pubblico denaro. Dal commento del lettore emergono opinioni purtroppo diffuse tra chi ritiene legittimo “avvicinare le montagne” a suon di impianti per evitare che si spopolino diventando di conseguenza “tetre e povere”, sempre a detta del lettore; o tra quelli che addirittura nutrono una profonda avversione per chi vive in città e osa esprimere il suo parere “facendo da padrone in casa d’altri”. Orgogli e pregiudizi evidentemente difficili da superare. Su questo e altri argomenti coglie l’occasione per soffermarsi “da montanaro”, su richiesta di MountCity, l’amico Luigi Casanova, presidente onorario di Mountain Wilderness Italia.

Cinque punti su cui occorre fare chiarezza. La replica di Casanova a un lettore che ci scrive
1) Siamo sicuri che il clima stia cambiando?
Finalmente un anno con tanta neve e anche del freddo. La neve aiuterà la natura a riprendersi, anche dal dopo Vaia, perlomeno nella primavera. Anche il freddo è stato utile, abbiamo riscoperto cosa sia un inverno. Magari la fauna selvatica non ne è proprio contenta. Certo è che da 15 giorni le temperature di febbraio sono incredibili: a 1000 metri + 2° C la notte, alle ore 14 si va dai 14 ai 16 °C.
Passaggi estremi che ci confermano come i cambiamenti climatici siano in atto. Infatti gli scienziati non hanno mai detto che sulle Alpi non pioverà o nevicherà più, anzi. Hanno detto che entro il 2050, continuando con questo sviluppo, le temperature medie aumenteranno di 2° C e forse più, hanno detto che ci saranno più precipitazioni, che la neve rimarrà al suolo sempre meno.
La stagione sciistica 40 anni fa in dolomiti era di 130 giorni, oggi solo in poche località arriva ad essere di 110 giorni, il minimo sindacale per la sopravvivenza dell’industria della neve. L’inverno non ancora trascorso è una conferma della gravità del nostro futuro e ci dice che si deve agire subito, cambiando modelli, anche e specialmente in Comelico.
2) E’ corretto l’utilizzo di euro pubblici?
Sul Comelico incombono 26 milioni di euro pubblici per un banale collegamento. Inoltre la Regione Veneto ha stanziato 100 milioni di euro per un triplice folle collegamento: Cortina – Badia – Arabba – Civetta. Ancora la Regione Veneto ha stanziato 60 milioni di euro per l’innevamento artificiale in vista delle Olimpiadi, altri 100 milioni di euro per l’impossibile galleria sotto il Sella (verso Corvara, Gardena, Fassa, le zone oltremodo ricche ma fragili). 286 milioni di euro, solo per lo sci. Sempre pochi giorni fa il Laudato governatore (più modestamente, un Presidente) Luca Zaia ha stanziato 52 milioni di euro per la sanità veneta. Non un euro per la sanità del bellunese, io direi ai miei compaesani bellunesi di riflettere su questo invece che perdersi in altro.
Ma ritorniamo ai 286 milioni di euro. O ai 26 del Comelico. Con quelle cifre ogni amministratore pubblico dotato di un minimo di visione e onestà intellettuale trasformerebbe in modo virtuoso e qualitativo l’intero bellunese fornendo servizi essenziali, permettendo la ricostruzione (il rinascimento come lo chiama Zaia) della montagna locale.
3) E’ vero che in montagna si vieta di costruire?
Altro aspetto di cui si discute: si vieta di costruire. Certo, non c’è luogo al mondo dove la montagna consumi tanto suolo per abitante come nelle Alpi italiane. Quindi non è vero che si vieta di costruire, si costruisce troppo, male e specialmente si investe nell’inutile. I cambiamenti climatici ci dicono di smettere di consumare suolo perché il bene più prezioso che dobbiamo tutelare, sulle Dolomiti come ovunque, è si la bellezza, ma specialmente la biodiversità.
Una volta persa parte della biodiversità, sappiano i miei compaesani bellunesi che non la si recupera più, è persa per sempre a danno delle generazioni future (leggere l’Enciclica Laudato Sì). E poi, è proprio così vero che una montagna isolata, priva di megastrutture, sia tetra e povera? A volte si, ma solo perché chi la vive magari è privo di immaginazione, gli manca un alfabeto che gli permetta di comprenderne la ricchezza.
4) Ha qualche colpa chi vive città?
“Sono le città da eliminare”, afferma il lettore di MountCity, “le persone devono avere un pezzettino di terra e imparare cosa vuol dire coltivarla e tenerla bene”. Un cittadino del mondo, che abiti in montagna o altrove, non dovrebbe usare simili termini. Ad eliminare ci hanno pensato Stalin, Hitler, i turchi con gli Armeni. Eliminare significa, sempre, impoverire e praticare la violenza verso chi è più debole. Da montanaro io invece nelle città vedo un universo nel quale investire affinché dalle università, dai centri di ricerca, dalle mille culture diffuse, emergano idee, prospettive tese a rafforzare e a ridare vitalità a noi che in montagna abbiamo la fortuna di viverci.
Grazie cittadini, non solo perché ci portate necessari soldi con un turismo possibilmente intelligente e non aggressivo, ma specialmente perché ci tenete le porte della mente aperte, ci permettete innovazione anche nelle alte quote. Certo, le città sono da riconvertire, sono da ripensare, non solo nella mobilità, ma anche nell’edilizia e nell’urbanistica tutta. Il Rinascimento italiano (non quello strumentale di Zaia) ha avuto origine nelle città.
5) E’ giustificato prendersela con i “padroni in casa d’altri”?
Ultimo aspetto. Quello dei padroni in casa d’altri. Mi rifaccio ancora a papa Francesco e alle sue due encicliche, ma non solo, a Stefano Rodotà o a Salvatore Settis. Ma di che cosa siamo padroni su questa terra? Di nulla, siamo dei minuscoli temporanei gestori di beni non nostri, ma pubblici: il territorio, le acque, le foreste, i ghiacciai. Commettiamo un delitto a consumare questi beni, un delitto che ricade sulle generazioni future. La montagna mi ospita e mi dà da vivere, grazie, ma non è mia. Quindi, come cittadino del mondo, anche prendendo spunto dalla Costituzione italiana, pretendo di dire la mia sulla montagna del Comelico, dell’Agordino, come quella di Corvara o Fiemme. Stesso diritto ricade sul cittadino, specie quando si accorge che la collettività montana ormai è perduta e ha svenduto la sua identità.
Perché infine terre tanto ricche, tanto gloriose come il Comelico o la Carnia dovrebbero omologarsi al modello cittadino delle valli ricche della Pusteria, o della val Badia? Fino a quando reggerà quel modello di sviluppo? Perché non partire, in Comelico, da quei 26 milioni pubblici più altri 16 dell’imprenditore Senfter e non fare della conca uno straordinario laboratorio di sviluppo alpino che ci verrebbe invidiato ovunque?
Le mie non sono provocazioni, sono ragionamenti che abbiamo portato all’attenzione dei sindaci del Comelico fin dal 2017. Sono ragionamenti che sono stati rigettati. Per loro un solo obiettivo, il collegamento verso lo strapotere di Drei Zinnen e dei Senfter, diventare succubi di aree potenti. Invece di investire in una vera autonomia, grazie alla forza che dovrebbe essere presente nelle locali Regole e perché no, nel sostegno delle università venete e della Regione, anche questa rivisitata.
Luigi Casanova

Sarebbe interessante venire a conoscenza, quale è stato lo stimolo, del perchè questa persona ha riesumato questo articolo dopo TRE ANNI.
(https://mountcity.it/index.php/2018/01/19/comelico-pusteria-un-progetto-devastante/
Comelico-Pusteria, un progetto devastante? 19/01/2018). Il vero problema sono i soldi pubblici, che la regione veneto vuole bruciare per il NULLA. Incredibile voler restare ignoranti, menefreghisti, provocatori, con la situazione visibile della EMERGENZA CLIMATICA. Considerando che le associazioni ambientaliste, (alle quali in ritardo si è unita anche il CAI), hanno contestato questa sconsiderata speculazione a danno ambientale, a favore delle lobby del CIRCO BIANCO, la parola fine spetta solo, a DRAGHI e al nuovo ministro dell’Ambiente e della Transizione Ecologica. SPERIAMO!