La neve finisce? Due o tre cose giuste da fare
Il 30 novembre, Sant’Andrea, nella Granda dicono che “l’anvèrn a mônta ‘n careja” (si insedia). Infatti nei bollettini meteo si legge di un’imminente offensiva nevosa che potrebbe imbiancare Alpi e pianure nella notte dell’Immacolata. Un ritorno all’antico? Un conto però sono le durature nevicate nel Cuneese (Provincia Granda), un conto quelle sull’Appennino marchigiano dove sotto l’effetto del vento che soffia dai Balcani in un week end si possono accumulare tre metri di neve destinati però a sparire nel week end successivo, liquefatti dallo scirocco.

Se questa è la situazione, se è impossibile nell’Appennino programmare una stagione con gli sci come ha raccontato Aldo Cucchiarini di Mountain Wilderness Italia all’incontro in streaming “La montagna italiana senza neve” sabato 28 novembre, inserito nel palinsesto di “Fa’ la cosa giusta!”, che senso hanno i nuovi impianti sulle piste del monte Catria? Che senso ha riempire di ferraglia anche questa bellissima montagna dell’Appennino umbro-marchigiano? Che senso hanno i milioni di euro investiti per i nuovi impianti a spese dei contribuenti? Di pure speculazioni ai danni dell’ambiente si tratta, questo è sicuro.

L’incontro di “Fa’ la cosa giusta!” ha avuto il merito di offrire la possibilità di ripensare a più voci, senza dover fare i conti con interessi di bottega e senza interruzioni della pubblicità, la fruizione della montagna invernale. “Sono contento che in questa rassegna si possa parlare nella neve che non c’è e di un modello di sviluppo a senso unico che inizia a mostrare la corda”, ha spiegato il coordinatore Paolo Paci, nuovo direttore della testata Meridiani Montagne (a partire dal numero di gennaio 2021).
“Questo modello”, spiega Paci, “mostra i suoi limiti alle soglie di quest’inverno, con le restrizioni dovute al Covid che amplificano la collisione tra l’emergenza climatica e tutti i problemi economici, sociali e ambientali che questa solleva. Siamo solo all’inizio di un cambiamento epocale, ed è giusto interrogarci su quale nuovo modello vogliamo nel nostro futuro. Sempre più cannoni? Impianti sempre più in quota? Oppure quello che potremmo chiamare un nuovo umanesimo della montagna? La montagna avrà a che fare con una nuova imprenditoria, più creativa e sostenibile, che ridia vita al deserto (ambientale, culturale) delle stazioni sciistiche?”.

L’incontro di “Fa’ la cosa giusta!” lo si deve con pieno merito all’organizzazione di Terre di Mezzo, la casa editrice più sensibile alle problematiche ambientali, quella che più di ogni altra ha accompagnato lo sviluppo dei grandi itinerari a piedi italiani. Quello di sabato 28 novembre è stato solo uno dei cento appuntamenti organizzati on line da questa rassegna unica al mondo “per scoprire, condividere e divulgare le buone pratiche del consumo critico e degli stili di vita sostenibili”. Un’impresa senza precedenti, un evento che andrebbe programmato a blog unificati su tutto il web.
Oltre a quelle di Paci e Cucchiarini, si sono ascoltate le testimonianze di Ines Millesimi di Legambiente e Luigi Casanova, presidente onorario di Mountain Wilderness Italia. Dell’arido Terminillo, minacciato da un’insensata rete d’impianti, ha riferito la Millesimi. Va riferito un curioso dettaglio: in mancanza di neve i romani proprietari delle seconde case si accontentano volentieri di salutari passeggiate senza mascherina. Ed è come se si realizzasse quella transizione verso una montagna invernale da molti auspicata, sottratta alla schiavitù degli impianti…

Decisamente negativo è stato invece lo scenario delle Dolomiti descritto da Casanova che si è soffermato sull’assurdità dei nuovi collegamenti Cortina-Arabba e Cortina-Monte Civetta per cui la Regione Veneto ha previsto, con una delibera regionale, una spesa di 100 milioni di euro nell’incongrua prospettiva che possano limitare il traffico automobilistico sulle strade del Bellunese. Un’assurdità, una delle tante di cui questa perla delle Dolomiti offre un vasto repertorio in vista dei prossimi mondiali di sci e dei Giochi invernali del 2026.
Tutto sommato, ha osservato Paci, l’impressione è che nell’Appennino sia più facile la transizione verso un nuovo modello di turismo basato sull’”altra neve”. Quel tipo di turismo, per capirsi, che contribuisce pur sempre a far girare l’economia alpina: a quanto si legge nelle statistiche coinvolgerebbe infatti il 23% dei turisti. Non è un caso se nell’indagine previsionale di Skipass Panorama Turismo per l’inverno 2020/21 le attività con margine di crescita siano proprio le ciaspole (+29% di praticanti), lo scialpinismo (+9.2%) e lo sci nordico (+2.2%). In calo sensibile invece lo sci alpino (-8.7%), lo snowboard (-11.1%), e il freestyle (-14.1%).
Stando all’incontro organizzato per “Fa’ la cosa giusta!” da “Terre di mezzo”, un nuovo umanesimo in montagna, sempre secondo le parole di Paci, si andrebbe dunque prospettando. Saranno rose? Niente di nuovo, per carità. A Modena nel 2017 in una troppo in fretta dimenticata “Carta della montagna bianca italiana” sottoscritta da Isabella De Monte, eurodeputato, e promossa da Skipass, Modena Fiere e JFC con il patrocinio Regione Emilia-Romagna, già veniva espresso l’invito a sponsorizzare una nuova immagine “più leisure” della montagna invernale, dalla quale far emergere una fruizione legata alle tematiche del benessere, della lentezza, della bellezza e di un sano stile di vita.
Ora a tre anni di distanza quell’immagine di una Montagna Bianca Italiana leader per innovazione, sicurezza e competenza sulle discipline sportive, sembrerebbe più che mai da rafforzare. Nel turismo invernale non è mai troppo tardi per fare la cosa giusta. (Ser)
