Stop alla funivia, il Queyras esulta

Un’altra montagna è possibile? Se lo chiede il Premio Strega Paolo Cognetti su La Repubblica del 26 novembre. “Una montagna”, specifica lo scrittore, “con un turismo che consumi meno, invada meno, passi meno di fretta, e si trasformi almeno in parte in un ripopolamento, portando alla montagna non solo clienti e denaro ma umanità e cultura”.  Non c’è rischio di sbagliare. Questa montagna esiste ed è nel Queyras, a pochi chilometri dalla frontiera con l’Italia. Dove il sindaco di Saint Véran a quota 2042 metri, uno tra i 159 borghi più belli di Francia situato al centro del Parco naturale regionale del Queyras, esulta per un motivo che avrebbe gettato nello sconforto la maggior parte dei suoi colleghi delle località alpine italiane: è stato infatti ufficialmente cancellato il progetto di una nuova funivia contro il quale erano state raccolte 13.822 firme. 

“Il consiglio comunale di Saint Véran riunitosi il 9 settembre 2020”, si legge in un annuncio dato ai suoi 275 compaesani dal sindaco Mathieu Antoine e che è riprodotto qui sotto, al piede dell’articolo, “ha approvato l’abbandono del progetto della funivia con 8 voti favorevoli, 1 astensione e 2 contrari. A tutti voi un ringraziamento per la vostra mobilitazione e per l’amore che avete manifestato per questa bella vallata…”.   

Il caso Saint Véran autorizza a pensare che è possibile immaginare una vita in montagna non subalterna ai luna park dello sci e alla colonizzazione culturale della città. Ma tutto il meraviglioso Queyras ne è un esempio, tutto improntato a un turismo sostenibile. Non la perfezione assoluta ma quasi: parola di chi laggiù ha soggiornato con soddisfazione estate e inverno. Quanto al consiglio comunale del piccolo villaggio, gli amministratori non si sono evidentemente nascosti che una nuova funivia avrebbe significato energia per farla funzionare e per battere le piste; e poi sbancamenti, strade, bacini per l’innevamento artificiale. E che quei soldi si potevano più utilmente impiegare.

E’ strano, viene da pensare, che di questo stesso parere non si dimostrino certi sindaci delle regioni alpine italiane. Per esempio, non sembrano ragionare come il collega del Queyras – salvo errori e ripensamenti e senza con questo volere esprimere giudizi negativi sul loro modo di amministrare – i sindaci dell’Unione Montana Alta Ossola. Di questo organismo fanno parte i comuni che da tre anni in qua sostengono, benché contro il progetto siano state raccolte più di 80 mila firme, i futuri e ormai inevitabili nuovi impianti nei territori di Devero, Val Bondolero, Val Buscagna, Monte Cazzola e limitrofi che rappresentano zone rare per conservazione e bellezza, uniche in tutte le Alpi e in Europa. 

Eppure dovrebbero sapere questi sindaci che, in base ai dati pubblicati sul sito revisione della spesa.gov.it, riferiti al 2012, le perdite complessive dell’industria dello sci, sottratti gli utili delle poche società in attivo, superano i 16 milioni di euro. Quasi tutti soldi pubblici. Una prospettiva ben poco lieta per chi vive e lavora in montagna.

Vale la pena di ricordare con le parole del compianto Erminio Ferrari, rinomato scrittore ossolano, che nuovi impianti come quelli caldamente sostenuti dai suoi concittadini non necessariamente significano “valorizzazione del territorio”, ma business; non di “interesse pubblico” si tratta, ma di speculazione privata. E ogni giorno che passa, sempre più viene da chiedersi se può la pandemia accelerare un processo di transizione dell’economia alpina verso un modello di turismo economicamente e ambientalmente più sostenibile. Come il Queyras insegna. (Ser)

Le proteste per il progetto a Saint-Véran.

L’annuncio del sindaco

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