La grande frana che minaccia Sondrio
Da tempo sulla città di Sondrio incombe il rischio di una frana che potrebbe trasformarsi in un disastro delle proporzioni di un nuovo Vajont. Il problema viene tenuto al centro dell’attenzione grazie a un Comitato civico denominato “Sicurezza e Informazione per la Frana di Spriana” che venerdì 13 novembre ha organizzato con i parlamentari Mauro Del Barba e Raffaella Paita, quest’ultima Presidente della Commissione Trasporti della Camera dei Deputati, una visita al bypass creato in vista di un possibile precipitare (non solo metaforico!) della situazione. Viviamo purtroppo in tempi di pandemia che finora in Italia ha provocato migliaia di vittime, ma non è questo un motivo per cui si debba allentare la guardia in merito ai pericoli che incombono sul nostro territorio. Per saperne di più sulla frana e sulla sua genesi l’invito è dunque a leggere l’esauriente scritto che pubblichiamo, messo a disposizione, insieme con una copia dell’appello lanciato dal Comitato civico di cui fa parte, dal valtellinese Giuseppe “Popi” Miotti, scrittore, storico, alpinista e assiduo promotore della cultura della sua valle.
Evitare un nuovo Vajont
Un amico geologo, chiacchierando, mi ha detto di essere impegnato nella verifica di un movimento franoso che poteva andare a intasare un piccolo alveo torrentizio provocando possibili danni. Dopo averlo lasciato ho proseguito i miei quattro passi e l’occhio è caduto sull’imbocco della Val Malenco e sulla bella sagoma del Monte Foppa il cui versante Ovest è in parte occupato dalla sorniona grande “Frana di Spriana”. Sarà che è appena trascorso l’anniversario del Vajont, saranno state le parole dell’amico, sarà stata anche la mia fervida fantasia, ma, inevitabilmente, mi son chiesto cosa potrebbe accadere se la frana cadesse nel Mallero.
Il pensiero s’è fatto più molesto al ricordo che Alfonso Vinci, nel suo romanzo-denuncia “Orogenesi” sui tragici eventi che devastarono la Valle del Piave, cambiando nomi di persone e luoghi, chiama Mallero il torrente Vajont. Il Mallero è il corso d’acqua che scorre alle spalle di Sondrio, nella forra ai piedi del monte Foppa.
La frana, deposito morenico degli antichi ghiacciai, giace come sospesa in una enorme concavità rocciosa del versante del Monte Foppa ma non avendo un piede che la sostenga è soggetta ad un lento continuo scivolamento che accelera o rallenta soprattutto in funzione delle condizioni meteo climatiche.
Tuttavia anche la mano dell’uomo ha avuto le sue responsabilità nello stuzzicare il dissesto che negli anni 60 del 900 ha portato all’evacuazione dei paesi di Bedoglio, Cucchi e Piazzo: similmente al Vajont, si trattò di opere inerenti captazioni idroelettriche e di lavori fatti un po’ superficialmente.
Molta acqua è passata sotto i ponti e nelle tubature, ma il problema di quella frana che, ostruendo il vero Mallero, creerebbe a monte un bacino di notevoli dimensioni, è sempre rimasto sottaciuto. Almeno fino al 1987 quando gli eventi alluvionali verificatisi in Valtellina hanno innescato nuove preoccupazioni: la frana si muoveva e per qualche tempo sembrò anche accelerare pericolosamente. Il pensiero correva a una seconda Val Pola, ma con effetti ancor più disastrosi visto che l’eventuale crollo dello sbarramento naturale o la tracimazione improvvisa delle acque del Mallero avrebbe travolto il capoluogo della provincia.
Si susseguirono diversi progetti e alla fine ci si concentrò sulla costruzione di un doppio bypass con imbocchi posti a monte del previsto crollo: le acque del lago creatosi sarebbero state fatte defluire a valle dell’ostruzione grazie alle gallerie, svuotandolo e alleggerendone la pressione. Poi, come spesso accade in Italia, il progetto parve essere troppo costoso e ci si orientò su una sola galleria.
Ulteriori risparmi furono previsti diminuendo la camiciatura in acciaio delle pareti interne del tunnel: si dimezzò lo spessore riducendo di conseguenza anche la resistenza delle pareti al vorticoso turbinio delle acque. Per cause che sarebbe lungo indagare, le opere furono poi definitivamente abbandonate nel 2008 e il cantiere è tutt’oggi visibile sulla strada che da Mossini conduce ad Arquino.
Per la realizzazione dell’opera sono già stati spesi circa 60 milioni di euro e ne occorrerebbero da 15 a 30 per completarla e mettere in sicurezza non solo Sondrio, ma tutto il fondovalle. Personalmente, come membro del Comitato civico nato per sensibilizzare autorità e opinione pubblica al problema, io propenderei per il ritorno al doppio bypass. Esiste, infatti, la possibilità che, se lo smottamento assumesse dimensioni estreme, l’imbocco dell’attuale tunnel possa essere sepolto vanificandone la funzione.
Teniamo presente che, in caso di crollo, la Val Malenco si troverebbe completamente isolata con grave danno per la sua economia e nella peggiore delle ipotesi la Valtellina sarebbe tagliata in due.
Accanto alla costituzione del Comitato civico e alla forte partecipazione del Prefetto e di molte autorità politiche ed economiche, il Comune di Sondrio sta anche provvedendo ad aggiornare il Piano di Evacuazione cittadino. Il 13 novembre il cantiere viene visitato dai parlamentari Mauro Del Barba e Raffaella Paita. Forse finalmente qualcosa si sta muovendo: qui non si tratta della “tipica” incompiuta opera italica, ma di un intervento potenzialmente essenziale per la sopravvivenza della stessa città. E non potrebbero essere solo piogge intense o alluvioni a innescare il fenomeno, forse basterebbe anche una minuscola scossa di terremoto. Dal Vajont fino al Ponte Morandi passando per Rigopiano abbiamo avuto fin troppi esempi di negligenza e superficialità; spero che la ripresa dei lavori sul bypass della Frana di Spriana diventi un segno seppur piccolo che le cose stanno mutando.
Giuseppe Popi Miotti

L’appello del Comitato civico
Siamo cittadini che hanno a cuore il territorio di Sondrio, la montagna e il patrimonio naturalistico che ci circonda in questo meraviglioso luogo.
Siamo cittadini con storie diverse, diverse professionalità, ma accomunati dall’amore per il nostro territorio e da due moventi fondamentali: l’esigenza di sicurezza e la pretesa di chiarezza e quindi di una corretta informazione nei confronti della cittadinanza.
Siamo cittadini convinti altresì che troppo spesso non sia sufficiente la mera pretesa di risposte e soluzioni da parte dell’ente pubblico e delle autorità, ma che offrire al contempo il proprio impegno civico e la voglia di far sentire la propria voce, con equilibrio e approfondimento critico, possano costituire un elemento fondamentale per una spinta positiva e virtuosa verso l’individuazione di soluzioni a vantaggio del bene comune.
La Frana di Spriana è una tematica spesso dibattuta nel corso degli anni, che non ha ancora trovato una soluzione definitiva, ma che anzi ad oggi costituisce una vergogna per il nostro territorio, un simbolo emblematico delle innumerevoli opere incompiute che si contano nel nostro Paese.
Le prime rilevazioni in merito alla Frana di Spriana risalgono agli anni sessanta. I primi interventi di messa in sicurezza, con la costruzione del famoso bypass di derivazione delle acque del Mallero, iniziarono nel 1991. I lavori furono bloccati nel 1996 e poi ripresi nel 2001, per poi arrestarsi nuovamente nel 2008.
Dal lontano 1991 sono passati quasi 30 anni e al momento constatiamo null’altro che la presenza di una vera e propria opera incompiuta: un cantiere, quello del bypass, per cui sono stati spesi milioni di euro dei contribuenti, che è ora fermo, non ancora completato né reso funzionale a garantire un livello minimo di sicurezza. Nel cantiere risultano essere presenti ancora oggi gli impianti e i macchinari che venivano utilizzati per i lavori, a rimarcare ancor di più lo stato di totale abbandono dell’opera.
Totale abbandono, in due sole parole, è il riassunto dei sentimenti che si provano dinnanzi a questa vicenda. L’abbandono, infatti, non è soltanto quello del cantiere in sé e delle attrezzature visibili su di esso, ma è l’abbandono di una comunità, di una intera popolazione che meritava allora e merita oggi a maggior ragione delle risposte.
L’esigenza di sicurezza è uno dei bisogni primari dell’uomo e perciò qualsiasi elemento che possa pregiudicarla deve assumere un livello di priorità assoluta nell’impegno di qualsiasi soggetto che rivesta responsabilità pubbliche. Sosteniamo con convinzione il valore e la lungimiranza degli interventi di prevenzione, poiché non si finisca per dover rimpiangere dopo, come troppo spesso in Italia è accaduto, ciò che non si è fatto prima.
Crediamo che il cittadino abbia inoltre il diritto, oltre che di vedere garantita la propria sicurezza ed integrità, di ricevere un’adeguata informazione. Sulla Frana di Spriana troppo spesso ciò non è avvenuto: si è assistito infatti ad un continuo, logorante e sterile rimpallo di responsabilità da parte dei vari enti coinvolti. Per anni si è attesa una presa di posizione chiara ed univoca e insieme una ben definita assunzione di responsabilità da parte delle autorità: a che stadio è l’opera? Quali sono gli interventi necessari per garantire la sicurezza dei cittadini? Quali sono le procedure di emergenza da attivare in caso di pericolo?
Oggi siamo qui per ribadire che il tempo dell’indecisione è scaduto: bisogna agire per sbloccare una volta per tutte questo insopportabile immobilismo.
E’ nostra intenzione attivare tutte le energie civiche e le professionalità presenti sul territorio che siano in grado di analizzare a fondo il problema, attivare una forte azione di sensibilizzazione e informazione delle persone e un coinvolgimento della cittadinanza tutta, perché si riceva finalmente la giusta attenzione da parte delle autorità, nazionali e locali, e perché queste ultime decidano di affrontare la questione con determinazione, forti anche del supporto e della partecipazione di tutti noi.
Lanciamo questo appello a tutti coloro che si sentano parte a vario titolo di questa comunità, convinti che solo insieme, fianco a fianco, tutto questo si può fare.
Comitato “Sicurezza e informazione per la frana di Spriana”

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