Letture. Gli alberi raccontano il clima che cambia

Il prossimo 29 ottobre sarà la ricorrenza (triste) del disastro causato dalla tempesta Vaia nel 2018. Un evento dalla furia indescrivibile che ha investito il nord-est italiano tra il 27 e il 30, con culmine nella giornata del 29. Una tempesta che ha letteralmente spazzato via ettari di foresta tra Lombardia e Friuli Venezia Giulia, con raffiche di vento tra i 190 e i 217/220 Km/h.

Nelle zone colpite dalla furia di Vaia restano ancora oggi gli scheletri di buona parte degli alberi abbattuti. 42.000 ettari di foresta sono scomparsi. La stima delle piante cadute si aggira tra i 15 e i 20 milioni. E’ sufficiente andare in direzione del Passo Rolle o verso il Passo di Lavazè per vedere alcuni dei versanti di montagna ancora affollati da lunghi tronchi stesi a terra (come fossero lievi fuscelli) o file di tronchi mozzati, e cataste di legna tagliata ai bordi della strada… Un disastro che nessuno si aspettava, ben documentato dall’intenso lavoro fotografico post-Vaia di Manuel Cicchetti (“Monocrome”). Una catastrofe senza precedenti che ci mette, inevitabilmente, di fronte al cambiamento climatico in atto.

Da adesso in avanti, anche l’area mediterranea potrà essere colpita da eventi di eccezionale potenza come Vaia, e con frequenza sempre maggiore. Lo dimostra l’uragano che ha investito le isole greche la scorsa settimana. Fenomeni che sono causati dall’incontro tra acqua troppo calda (quella dei mari o degli oceani) e aria troppo fredda: un cocktail micidiale.

La dinamica di formazione di tempeste come quella Vaia è ben spiegata nel libro “C’era una volta il bosco” di Paola Favero e Sandro Carniel edito da Hoepli (2019). Si parte dagli alberi, i principali protagonisti e testimoni di fenomeni atmosferici inaspettati e cambiamenti climatici. Nel legno viene registrato tutto o quasi. Gli alberi raccontano la storia dei nostri luoghi (e di luoghi lontani) per farci capire che cosa è accaduto e che cosa potrebbe accadere, per (di)mostrare che una tempesta con la furia di Vaia sul nostro territorio non si era mai abbattuta prima dell’Ottobre del 2018. Mai.

Un’appassionata alpinista, forestale e scrittrice come Paola Favero assieme all’oceanografo Carniel ci raccontano la genesi di Vaia (denominata anche “Adrian”) dandole addirittura “voce” nel quinto capitolo del libro, facendoci capire come viene dato il nome a un uragano e ci guidano per mano nella comprensione di fenomeni complessi dove fondamentale è la stretta relazione tra oceani e atmosfera.

Un libro da leggere per comprendere a fondo quanto sta accadendo adesso al nostro pianeta e a noi stessi. Perché si possono fare tutte le manifestazioni “Climbing for Climate” che si vuole (come quella dello scorso 19 settembre 2020) ma se non cambia la testa delle persone, se non cambiano le politiche, se non cambia il modo di agire, fare e pensare, non si assisterà mai ad alcuna inversione di rotta e si andrà nell’unica direzione possibile: quella dell’evento eccezionale e inaspettato, inevitabilmente disastroso.

Testo e foto di Ambra Zaghetto


Una catasta di tronchi di alberi abbattuti al passo Lavazé. In apertura un’impressionante veduta di un’area colpita dal ciclone Vaia.

Un pensiero riguardo “Letture. Gli alberi raccontano il clima che cambia

  • 23/09/2020 in 18:19
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    Un libro che con semplicità, ma profonde analisi scientifiche, ci raccolta la complessità delle foreste, la loro forza e fragilità, il monito che Vaia ci ha lasciato e che purtroppo non abbiamo recepito. Non va solo le
    tto, a tenuto in evidenza e quindi riletto una volta all’anno.

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