Letture. Gogna racconta il “maestro” Bonatti

Poco tempo fa sugli scaffali della Feltrinelli in piazza Piemonte si contavano 12 libri di e su Walter Bonatti. Un fenomeno editoriale da Guinness, ma venerdì 11 settembre anche questo record è stato superato. E’ stata infatti dedicata a Bonatti la seconda uscita della collana I Grandi Alpinisti, in esclusiva con il Corriere della Sera e La Gazzetta dello Sport (9,90 euro il prezzo di copertina più il quotidiano). Autore del volume è l‘illustre alpinista e scrittore Alessandro Gogna che di Bonatti si proclama allievo “pur non essendo mai andato a lezione da Walter” e che già volle esprimere la sua ammirazione definendolo “limpido e cristallino come le sue montagne” nella prefazione di “Bonatti, l’uomo, il mito” di Roberto Serafin (Priuli&Verlucca, collana “I licheni”, febbraio 2020): un libro vincitore di premi letterari, tradotto in Francia dal prestigioso editore Glénat ma che non si è guadagnato una citazione nella cospicua bibliografia bonattiana posta in coda al libro di Gogna. Così come non si dice che fu scattata da Serafin la foto diventata ormai un’icona di Cassin e del suo “bocia” Bonatti felici e contenti davanti alla chiesetta dei Resinelli. Bastava scorrere le pagine del libro citato per trovarla, ma non si è avuto evidentemente il tempo di farlo.
La tormentata conquista del K2 che ha ispirato a Bonatti ben sei edizioni del libro-requisitoria “Processo al K2” (vedere il 9 settembre in mountcity l’analisi del volume e della sua genesi compiuta in una recente tesi di laurea) occupa non poche pagine nel volume distribuito da Corriere e Gazzetta. La presentazione sul Corriere riapre invece il 12 settembre un interrogativo: Bonatti voleva davvero salire in vetta alla “montagna degli italiani” nonostante il capospedizione Ardito Desio avesse designato a tale scopo Achille Compagnoni e Lino Lacedelli? L’ipotesi come si sa venne bocciata anche da un tribunale che condannò per diffamazione il giornalista che vi costruì sopra un intrigante articolo.
I fatti sono arcinoti, riferisce sul Corriere Lorenzo Cremonesi nella presentazione del libro (titolo a tutta pagina “Walter, i confini dell’alpinismo” e box intitolato “Alessandro Gogna racconta il suo maestro”). Ed ecco i fatti secondo Cremonesi. “Bonatti e uno sherpa (in realtà Mahdi apparteneva all’etnia degli hunza, NdR) dovevano portare le bombole di ossigeno a circa 8.100 metri di quota: sarebbero servite il giorno dopo a Lacedelli e Compagnoni per arrivare in cima. I due però non si fecero trovare, non piantarono apposta il tendino nel ghiaccio dove era stato convenuto, bensì in un luogo più alto e da lontano si limitarono a gridare a Bonatti di lasciare le bombole e scendere. Questi trascorse un terribile bivacco all’addiaccio con lo sherpa semicongelato”.
Gogna è stato lassù in quello stesso posto nel 1970, a quanto riferisce nel suo articolo Cremonesi. Lo fece durante un tentativo di salita al K2 poi abortito per il brutto tempo. E qui salta fuori di nuovo la faccenda della vetta mancata. “Ovvio che Bonatti era il più forte di tutti”, è la spiegazione virgolettata che Gogna ha reso al Corriere, “voleva andare in vetta, anche senza ossigeno, nonostante Desio fosse contrario. Quel tardo pomeriggio (al campo numero 9, NdR) non scese. Ci sono stato e sono sceso di notte nella tempesta. Poi scrisse che era troppo tardi. Ma è un pendio relativamente semplice. Lui voleva salire. Una vicenda che racconta le luci e le ombre di un gigante”.
Sul desiderio o, forse, il tentativo del “gigante” Bonatti, il più giovane e forse il più ambizioso dello squadrone, di andare in vetta al K2 si espresse tra le righe nel 1996 anche Emanuele Cassarà, all’epoca tra i maggiori cronisti di alpinismo, un maestro. A pagina 234 del suo libro “Un alpinismo irripetibile. Cronache di montagna da Bonatti a Messner” (Arti Grafiche San Rocco), Cassarà scrisse a proposito della temeraria scalata di Bonatti al Dru, successiva al K2: “Passava un anno e Walter Bonatti, disperatamente offeso dal K2 ‘mancato’, s’avventava da solo (sul Dru)”.
Apriti cielo. Nel replicare per le rime a Cassarà il 23 giugno 1996 nelle pagine del Sole 24 Ore, un infuriato Bonatti precisò in un articolo: “E certo, fui molto offeso dalle vicende postume del K2. Ma non certo per aver ‘mancato’ la sua cima, anche se ognuno di noi sin dall’inizio poteva ben sperare di raggiungerla”.
Il titolo dell’articolo sul Sole 24 Ore, “Tradimenti d’autore”, provocò il giustificato risentimento di Cassarà. E anche il sommario gli dispiaque: “Bonatti critica l’informazione scorretta”. Seguì uno scambio di lettere tra Cassarà e Andrea Casalegno, redattore del quotidiano che si professava grande amico di Bonatti, un bonattiano di ferro come ce ne sono tanti.
“Un giornalista serio, come tu forse ti ritieni, non dovrebbe permettersi un giornalismo truccato, superficiale e diffamatorio”, scrisse Cassarà a Casalegno. E Bonatti dal canto suo si rifiutò per spregio di concedere interviste a Cassarà che così poco stimava.
Come si è visto Bonatti non smentì nell’articolo sul Sole 24 Ore di aver desiderato la vetta del K2. Disse e non disse, attribuendo quel sogno a tutti i suoi compagni d’avventura. In realtà era tra i pochi ad avere i requisiti per andare in cima nello squadrone capitanato da Desio. Il quale però scelse da onesto caposquadra le persone giuste per la vetta e incontestabilmente ottenne il risultato che sappiamo.
Nel libro di Gogna distribuito da Corriere e Gazzetta la storia viene riletta tutta dalla parte del compianto eroe. Sembra però strano che, nelle dichiarazioni al Corriere, Gogna prospetti un diverso scenario. Misteri tra luci e ombre dei giganti dell’alpinismo. Davanti ai quali un giornalista per non compromettersi dovrebbe avere il solo compito di non stonare e, possibilmente, non far sentire la propria voce. (Ser)
