Vacanze 2020. Camminare tra gli schianti
Rappresenta un’insolita emozione camminare attraverso ciò che rimane di 14 milioni di alberi abbattuti nelle Dolomiti dal ciclone Vaja alla fine del 2018. Di sicuro, con le dovute cautele, questa estate può essere un’esperienza da compiere. Non sarebbe la prima volta che una catastrofe alimenta un certo turismo a caccia di sensazioni, era successo anche con il Vajont. Ma qui è diverso. Non ci sono state vittime per fortuna e a soffrirne è stata soprattutto la natura. La situazione peraltro non è molto cambiata in quasi due anni. Lo scenario è quello più volte visto sui giornali e alla Tv. Colpa del Covid 19 che ha rallentato o addirittura bloccato le operazioni di ripristino ove ritenute necessarie.
Ma ecco, nella stupenda Val Visdende, in Cadore, gli schianti si annunciano improvvisi a ogni svolta del sentiero costringendo l’escursionista a laboriosi aggiramenti per raggiungere le ospitali malghe. Dove è possibile adottare un bovino o una capra e godersi i prodotti caseari che ne conseguono. Lungo questa strada, che sale zigzagando verso i duemila metri per la gioia dei ciclisti dalla pedalata assistita, alla devastazione degli abeti abbattuti si contrappone l’impassibile Pietralba che svetta sullo sfondo con le sue candide rocce. L’incanto nonostante tutto è innegabile, come si può restare indifferenti?
Carente o addirittura soppressa per evidenti ragioni pratiche e di sicurezza è la segnaletica rivolta agli escursionisti, soprattutto quelli che di norma si spingono oltre confine, nelle vicine località austriache che dispongono di accoglienti rifugi. Qua e là viene invece segnalato il divieto di inoltrarsi nelle aree dove sono attivi i cantieri. In tal caso le ordinanze, riportate integralmente, sono protette dalle intemperie con buste di plastica che ne rendono difficile la lettura.
All’opera sono comunque i Servizi forestali regionali impegnati in opere di regimazione dissestate, nel taglio della vegetazione infestante, nella pulizia dei canali, nella sistemazione di massi ciclopici per contenere sponde franose che non voglio saperne di restare ferme. Piccoli uomini e grandi montagne.
Contemporaneamente procede anche l’opera di sgombero nelle foreste che più hanno subito lo schiaffo del ciclone Vaia e ora ricevono le visite quotidiane dei tir austriaci e sloveni mandati a fare provvista di legname: autocarri potenti muniti di gru che violano la foresta lasciando tracce vistose. Poi, a pieno carico, gli autocarri si fiondano ruggendo verso il confine al passo Monte Croce, lungo la statale stretta e contorta. Occorre fare in fretta prima che gli alberi abbattuti si ammalino.
Non soltanto in val Visdende, ma anche nelle foreste che sovrastano il citato passo Monte Croce dominato dal profilo aguzzo del Col Quaternà, il turista si imbatte nello scombussolio dei tronchi abbattuti. Scavalcamenti e aggiramenti aggiungono un pizzico di avventura se il sentiero è sbarrato dai giganti che il vento ha giustiziato. Ma gli schianti di Vaja possono rivelarsi trappole invalicabili per i cercatori di funghi che per loro natura sono portati a perdere la trebisonda nella ricerca delle prelibate prede.
Immancabile in questi casi è l’intervento delle Unità cinofile del Soccorso alpino costrette a destreggiarsi in questi labirinti alla ricerca dei fungaioli. Forse ci stiamo abituando al brutto e al degrado, ma queste visioni hanno qualcosa di soprannaturale. E intanto è in corso il dibattito sulla rinascita dei boschi schiantati. Pianificarne il ripopolamento artificiale o lasciare che la natura faccia il suo corso scegliendo la rigenerazione naturale? I più ottimisti ne sono convinti: tra qualche anno gli schianti potrebbero essere solo un ricordo (Ser)
