Lacedelli e gli appunti ritrovati

L’Italia è un paese montano oltre che montuoso e vanta una luminosa cultura montana. Nel suo pedrigree vanta anche una “montagna degli italiani” che tutto il mondo ci riconosce: quel K2, vinto il 31 luglio 1954 dalla spedizione guidata da Ardito Desio. Vale la pena di rileggere a questo proposito le parole di Dino Buzzati (1906-1972) attraverso alcuni suoi appunti casualmente ritrovati in un archivio privato. Vere rarità che MountCity è riuscito a procurarsi. Gli appunti sono vergati con grande cura durante un’intervista fatta da Buzzati a Lino Lacedelli, uno dei due uomini saliti per primi in vetta (l’altro è stato Achille Compagnoni). Sono testimonianze, quelle che pubblichiamo, di un giornalismo irripetibile, accurato e denso di minuti particolari, frutto di un geniale scrittore che oggi si definirebbe opinionista, inviato speciale del Corriere della Sera.
Ma prima di addentarci nella lettura di questi storici appunti, ecco come Buzzati annunciò la conquista del K2 sul Corriere della Sera del 4 agosto di quell’anno: “Hanno vinto! Da parecchi anni gli italiani non avevano avuto una notizia più bella. Anche chi non si era mai interessato di alpinismo, anche chi non aveva mai visto una montagna, persino chi aveva dimenticato che cosa sia l’amor di patria, tutti noi, al lieto annuncio, abbiamo sentito qualcosa a cui s’era perduta l’abitudine, una commozione, un palpito, una contentezza disinteressata e pura. E con la fantasia abbiamo cercato di vedere i due vittoriosi sul pinnacolo ultimo del colosso diecimila volte più grande di loro, appollaiati sugli spalti della ciclopica parete…”. Di colonna in colonna ecco poi “la gloria, il trionfo, il sublime, l’ora memorabile, i ghiacciai esili, le virtù magnanime, l’onore, i prodi, il caduto”.

Al ritorno degli italiani in patria, Buzzati fu tra i primi a presentarsi al cospetto degli eroi. Per raccogliere il racconto di Lacedelli si munì di una risma di fogli di grandi dimensioni e di una biro. La grafia è nitida, senza correzioni e sbavature, come se il racconto stesse prendendo forma ancora prima di venire dattiloscritto per poi essere dato in pasto alle linotype. E’ una testimonianza quasi in presa diretta – o perlomeno Buzzati questa sensazione riesce a offrire – che Lacedelli rese guardando con spontaneità negli occhi il suo interlocutore. Con la sincerità, la spontaneità che chiunque lo abbia incontrato gli riconosce.
Qui il magistrale giornalismo di Buzzati spicca il volo per affrontare da par suo uno degli aspetti più controversi della spedizione, oggetto per anni e anni di litigi e recriminazioni continuamente rinfocolati da giornalisti compiacenti per ravvivare le tirature. Chi ha prestato orecchio a queste faccende sa che quella notte del 30 luglio Bonatti la raccontò molte, moltissime volte. Il campo 9 che non si trova, l’hunza Mahdi che sta congelando, Compagnoni e Lacedelli arrivati per primi a 8300 metri in vista dell’attacco finale alla vetta…

Nel volume “La conquista del K2”, Compagnoni e Lacedelli raccontano: “Quando calano le ombre, Bonatti e l’hunza Mahdi non sono ancora arrivati all’inizio della pericolosa traversata delle placche. E col buio avventurarsi per quelle rocce infami sarebbe una specie di suicidio. All’imbrunire sentiamo delle grida. Subito usciamo dalla tenda. Bonatti e Mahdi non si vedono perché l’aria si è già fatta scura. Ma ci arrivano le voci. Purtroppo il nostro è un dialogo estremamente incerto perché il vento disperde le parole. Lacedelli finalmente crede di avere capito: ha l’impressione che a chiamare sia Bonatti il quale dice di potersi arrangiare da solo, Mahdi invece vuole scendere”.
“Torna indietro”, gli gridano allora all’unisono Achille e Lino. “Torna indietro! Lascia i respiratori. Non venire più avanti”. E precisano a Buzzati: “Non ci passa neppure per la mente che i due, Bonatti e l’hunza, possano pensare di passare la notte senza una tenda né un sacco da bivacco. Ma la voce di Bonatti adesso tace: evidentemente, noi pensiamo, se ne è già sceso in basso…”
Bonatti nelle sue memorie accusa i due colleghi di aver sistemato l’ultimo campo 100 metri più su e più in là di dove era stato pattuito. Ma chi era mai salito tra quei ghiacci a 8300 metri? Chi poteva programmare il tempo, il luogo esatto del bivacco? Sta di fatto che Bonatti accusa Achille e Lino di non avere mantenuto le promesse, di non avere risposto ai suoi richiami. Quindi nei suoi scritti aggiunge: “Mahdi stava malissimo, abbiamo scavato una buca nella neve, sarebbe potuta diventare la nostra fossa. No, io non li perdono”. E infatti non li ha mai perdonati. (Ser)

La lunga notte al campo 9, la salita in vetta
Ecco alcuni passaggi dell’intervista a Lino Lacedelli negli appunti di Dino Buzzati:
“Il 29 tempo bellissimo…partiti per piantare il 9° verso le 8…altri due dovevano tenda e possibilmente O (Ossigeno, Ndr). Salito sopra pensato a d. sembrava impossibile: neve fonda e valanghe a s. peggio: crepacci. Tornati a d. lasciato sacco – con idea tornare a prenderlo
Quasi a fine muro . grande crepaccio – lungo 200 metri – 70%
Verso le 14 usciti da muro – capito tardi proseguito per plateau, piano circa un’ora e lì lasciato sacco e foto – ridiscesi – Alle 16.30 circa arrivati Gallotti e Bonatti – 2° tenda e dormito lì –tempo verso sera??? nubi . altimetro favorevole – con le radio impossibile collegarsi perché radio “a vista”. La sera fatto piano d’attacco- deciso: Gallotti e Bonatti scendere fino a respiratori che a ½ strada fra 7 e 8 .- cominciare con altri sotto (Abrahm, Rey e hunza) perché andasse al 9 in serata, perciò poi
Il 30 mattina
Gallotti non si sentiva . arrivato all’8con oltre 20 chili – sperava portare ancora una volta
Bonatti si sentiva meglio – avuto breve crisi e poi ripreso
Il 30 mattina con carico mio (?) salito al 9° – sempre tempo bello – il plateau sopra muro non molto ripido, con crepacci e neve dura – spettacoli meravigliosi – su cresta poco sotto fasce di rocce bisogna traversare a s. (sopra 8000), più ostacoli di roccia dopo spalla – impiegato tempo-placche pericolosissisme – neve instabile così verso le 15 piantato il campo nove (8100 circa) su cresta che dominava versante che dava su campo base.
Sopra muro di roccia, si vedevano molte vie.
Si aspettava ossigeno – pensato non arrivassero più – se non arriva attaccheremo anche senza
Invece verso le 16 visto subito fuori muro tre puntini neri Bonatti Abrahm e Mahdi (partiti in tre perché facile che arrivassero tutti – Abrahm aveva intenzione salire (?) fino a sera, poi scendere a 8come fece.
…
Noi intanto al 9 piantato tenda, sole già calato, cominciammo a farci camomilla per sere come mai successo. Morale alle stelle per tempo buono e fisico ancora pieno energie, per di più salivano i 3 con ossigeno.
Il programma del 29 sera era che i due dell’ossigeno (si riferisce a Compagnoni e Lacedelli NdR) pernottati al 9. Quando venne buio speranze diminuiscono. Quando sentii grida Bonatti erano circa le 21 (ogni tanto uscivo da tenda) Lo consigliai di lasciare bombole dov’era peché proseguire pericoloso e cercasse raggiungere campo 8 in serata
Dopo vari tentativi capii “lui si arrangiava ma preoccupato per Mahdi che aveva perso testa, roteava piccozza e faticava a calmarlo” (invece il giorno dopo alle 4.30 vidi uno scendere) si fece buca e faticava a tenere Mahdi che voleva partire da solo – erano a 100 m sotto il campo 9 (quindi Pakistan detto 30 piedi). Fece massaggi e invitò l’hunza a massaggiarsi.
Il 31 (cominciò vento, ultime ore terribili –Mahdi parte prime luci un’ora dopo sceso anche Bonatti. io vidi uno scendere barcollando quello ha congelamenti” capii quello che Bonatti voleva dire sera prima)
Non dormito –sempre camomilla – gole ulcerate – minestrina con bustina –niente fame – caramelle
Si parlava della salita che ci aspettava – Preoccupati per l’ossigeno – Tre quattro volte camomilla bevuta insieme ai fiori.

“Stretta tenda, ci si era messi di costa, piedi fuori”
Siccome stretta tenda, ci si era messi di costa, piedi fuori (mi accorsi che entrava neve) niente freddo
Verso mattina vento, nevischiava, altimetro di alzava
Notte interminabile e dura – ogni tanto colpi di nervoso – come nei bivacchi – lampadina a pila
Appena si fece giorno si uscì verso le 4.30 preparato sacchi
Primo sguardo a tempo – fatto: mare di nebbia – Straordinaria levata del sole
Nel preparare sacco cominciai a sentire freddo pollice e indice s – non diedi peso – massaggi – Intenzione era di portare su ossig. e macchine cine e foto, zucchero e caramelle, niente da bere
Tutto il resto lasciato in sacco al posto bombole
Giornata non sicura. Ugualmente si decise
Salimmo un po’ verso muro roccia e poi si discese fino a bombole peché meno pericolose
“Ossigeno finito, respiro affannoso”
A un certo punto la parte finale (“E’la vetta?”) Voltati indietro, nebbia diradata, ecco laggiù campo 8 e qualche puntino nero – questo rincuorati. Buttiamo bombole? Fatica – e poi lasciare qualcosa in vetta – fatto fatica a slacciare nodo bastino per prendere le macchine da presa – ripresa panoramica – anche indice mano destra duro.
Si può dire che poco dopo, quasi insieme, ossigeno finito – respiro affannoso – caldo testa e ai piedi – non si riusciva più a stare in piedi. Preoccupati subito: si ragionava bene? Nessun dubbio quando visto che si ragionava bene…Ormai sicuri di arrivare!
