I bambini che scalano il Cervino
E’ giusto portare un bambino in vetta? Se lo chiede in un titolo a tutta pagina il Corriere della Sera mercoledì 22 luglio 2020 prendendo spunto dalla storia di Jules Molyneaux, l’undicenne scozzese che ha scalato il Cervino con il padre. Divisi dalla singolare performance a detta di Franco Brevini, firma “alpinistica” del Corrierone, risultano ora scalatori e guide alpine. “Una scelta troppo pericolosa, non è stato giusto portarlo lassù”, è quanto avrebbero affermato certi addetti ai lavori. Ignorando (e Brevini con loro) che il Cervino non si è mai negato ai bambini. E nemmeno il Monte Bianco visto che l’americano Patrick Sweeney nell’agosto del 2014 ha portato i suoi due figli di 9 e 11 anni in cima esponendo i pargoli a pericoli mortali: durante la salita i tre schivarono per poco una valanga.

Jules Molyneaux in vetta al Cervino con il padre e la bandiera scozzese. In apertura i piccoli Marco e Leonardo Vesely nel 1966 con la guida Pacifico Pession (da “Whymper, Carrel & Company”, L’Eubage, 2001)
Di sicuro la Gran Becca è affare per alpinisti preparati e “navigati” anche se si presenta in genere più abbordabile del Bianco. MountCity propose a suo tempo immagini di piccoli summiter soddisfatti tratte dal bel volume “Whymper, Carrel & Company” a cura di Ludovico Bich (Editions L’Eubage, 2001). E’ probabilmente vero che il Cervino, a differenza del Bianco, è una sfida da consumare in famiglia, come suggerisce Bich, convinto che “sul Cervino ci si va con i propri cari, per offrirsi un regalo unico, un ricordo indelebile”.
Problemi medici? Per quanto riguarda l’alta quota, secondo le indicazioni della commissione medica UIAA, per brevi soggiorni non ci sono restrizioni specifiche, almeno fino a 3000 metri di quota, sempre che il bambino sia in buona salute. Al di sopra dei 3000 metri è bene porre particolare attenzione al mal di montagna acuto, anche perché i più piccoli spesso non sanno riferire con precisione i sintomi.

Maurizio Arzuffi, 13 anni, arrampicato sulla croce di vetta il 12 luglio 1990 (da “Whymper, Carrel & Company”, L’Eubage, 2001)
Scandalizzarsi per certe esperienze “estreme” dei bambini sembrerebbe più che altro, per concludere, frutto della mentalità dei nostri tempi così votata alla sicurezza. Quand’era piccolo, chi raggiunge oggi il traguardo della terza età andava in bicicletta senza il casco, il latte era quello del contadino, non sterilizzato, le auto di papà non avevano cinture di sicurezza né airbag. E si trascorrevano ore e ore costruendo carretti a rotelle e i fortunati che avevano strade in discesa si lanciavano e, a metà corsa, si ricordavano di non avere freni. Dopo vari scontri contro i cespugli, s’imparò a risolvere il problema. Anche se i giocattoli non avevano il marchio CEE, questi bambini del remoto passato sono in genere sopravvissuti. E anche i piccoli che hanno scalato il Cervino non possono dire di avere corso rischi mortali o perlomeno non se ne sono accorti checché ne dicano oggi i presunti esperti chiamati in causa dal Corriere. (Ser)
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