La minoranza camminante
“Gemeinsam Tolerant” è l’invito (in tedesco evidentemente) espresso in un cartello posto lungo i sentieri dell’Engadina, nel Cantone svizzero dei Grigioni. Un avviso ben visibile all’inizio di ogni tratta in cui appaiono, come in un lieto carosello, le sagome di ciclisti, trekker, podisti. Ma come si fa a essere “congiuntamente” (gemeinsam) tolleranti quando ci si rende conto di fare ormai parte di una “minoranza camminante” sopraffatta numericamente dagli onnipresenti pedalatori con o senza (ma più con che senza) pedalata assistita? Come comportarsi quando la traccia, in Engadina o altrove, non è sufficiente a garantire il passaggio contemporaneo di pedoni e ciclisti e la fanghiglia rende incerto il passo e precario l’equilibrio a scapito di chi procede con il cavallo di San Francesco? Questo succede soprattutto nei giorni di festa in chissà quanti sentieri alpini o di mezza montagna al di qua e al di là delle Alpi.
L’imperfetta convivenza tra il popolo che pedala e quello che cammina lascia immaginare di quanta “Gemeinsam Tolerant” debba dar prova il pedone adesso che 450 mila nuove bici sono a disposizione dei pedalatori grazie al decreto attuativo del Governo che permette di recuperare il 60% della spesa – con un massimo di 500 euro – a chi ha comprato bici normali o a pedalata assistita, monopattini elettrici, hoverboard, segway, monowheel. Adesso che, aggiungiamo, i negozi di biciclette e affini sono stati svuotati a furor di popolo. Adesso che i cortili condominiali rigurgitano di biciclette d’ogni tipo.

Una riflessione andrebbe fatta nelle sedi giuste per regolamentare, disciplinare la convivenza tra ciclisti e pedoni sui sentieri e, purtroppo, anche sui marciapiedi cittadini invasi da pedalatori ignari di quanto prescrive il Codice della Strada. Il problema è di vecchia data. Già nel 2005 la Giunta provinciale di Trento stabilì divieti di percorrenza ai biker su sentieri con caratteristiche di pendenza e dimensione ben definite. Due anni prima fu il Club alpino, facendo nascere in Liguria e Piemonte la prima Commissione cicloescursionismo, a tentare di coordinare le attività pedalatorie su sentieri e mulattiere. Consapevole, il Cai, che la marea pedalante stava salendo a vista d’occhio. Nel 2009 il ciclismo venne poi riconosciuto dalla Commissione Centrale Escursonismo. Si fissarono linee guida, codici di comportamento.
Se ne discusse in convegni nazionali o regionali. E si arrivò all’estate 2014 quando si scoprì che la mountain bike aveva messo il motore. Era diventata, come si legge in Facebook, come le tette di silicone: artefatte e tristi. E vabbe’ il motore elettrico è ricaricabile, non inquinante. Ora però è arrivato il momento di riprendere il discorso sui tanti sentieri che indiscutibilmente sono fatti per andarci a piedi. Perché non si sa fino a quando i bipedi terrestri potranno dare prova della loro francescana pazienza, facendolo nell’unico modo possibile: scansandosi in modo “Gemeinsam Tolerant” al sopraggiungere dei pedalatori. Che non sempre si annunciano chiedendo permesso. A chi scrive è capitato che lo facessero con una bestemmia. Era la prima volta che gli capitava lungo uno de tanti sentieri percorsi nella sua vita. Almeno i pedalatori si dessero il disturbo di scampanellare… (Ser)
