Tranquilli, i rifugi ci aspettano
In pieno lockdown corse voce che i rifugi alpini non potessero riaprire e il Cai contribuì a far circolare la previsione che agli escursionisti si chiedesse di portarsi appresso delle tendine per poter trascorrere le notti “alla belle étoile” fuori dalle strutture. Che si prevedevano chiuse a doppia mandata. Dislivelli raccolse giudiziosamente il grido di allarme di una rifugista di diverso parere. “Quello che assolutamente non sopporto”, disse Valentina Jorio del rifugio Chardouse, “è che figure istituzionali che dovrebbero sostenerci, difenderci e aiutarci, siano le prime a elencare le potenziali grandi criticità dell’accoglienza in rifugio ai tempi del Coronavirus. Si sottolinea la pericolosità della condivisione degli spazi e della condivisione dei servizi igienici in rifugio, ma non mi risulta che uffici pubblici, bar, pizzerie, musei, campeggi si stiano adoperando per offrire un bagno a ogni ospite”.
Le figure istituzionali chiamate in causa non furono buoni profeti anche se è vero che, per vivere un’esperienza a contatto con la natura e senza lasciare traccia del nostro passaggio, la tenda è sicuramente da provare. Piano piano i rifugi ora stanno ripartendo, anzi sono in larga misura già aperti e ogni rifugista ha trovato la soluzione giusta per soddisfare i requisiti di igienizzazione imposti dal virus che ancora circola. “Scegliere un rifugio come meta è oggi più che raccomandabile”, scrive Laura Guardini, per anni cronista delle terre alte nelle pagine del Corriere della Sera. Lo scrive nelle colonne del periodico Milano Sud. E aggiunge che per sua esperienza frequentare i rifugi “significa trovare l’appoggio di persone gentili, competenti ed esperte e anche sostenere un’attività importantissima per l’economia delle Terre Alte”.
Ma allora possiamo stare tranquilli davvero in rifugio? Laura lo ha chiesto, sempre per Milano Sud, a Lorenzo Maritan della Commissione rifugi del Cai Milano. “Assolutamente tranquilli”, è stata la risposta di Maritan. “I rifugisti, da imprenditori quali sono, si sono attrezzati sia per organizzare gli spazi esterni, sia per la sanificazione di stanze e bagni. Dal canto nostro, abbiamo diffuso anche delle linee guida che, seguendo le indicazioni di Istituto Superiore di Sanità e Inail, aiutano i gestori a tutelare ospiti e dipendenti”.
Dei 13 rifugi del Cai milanese, diversi hanno conosciuto fin dai fine settimana di maggio un’affluenza atipica. Al Rosalba come al Brioschi, in questo periodo non si era abituati a vedere tanta gente. I rifugi hanno offerto pasti e caffetteria d’asporto, proprio come avvenuto in città. La corsa ai rifugi è proseguita anche nei week end di giugno con migliaia di appassionati che si sono riversati nelle valli dell’Ossola provocando il tutto esaurito in Valle Antrona e nell’omonimo bellissimo rifugio.
E ora la bella notizia. Tutti i rifugi – in Lombardia sono oltre 170, contando quelli del Cai e quelli privati – sono pronti a restare aperti tutti i giorni sino a fine settembre. Con la mezza pensione tra i 45 e i 50 euro, tra l’altro, offrono una sistemazione anche economicamente conveniente. Merito di tutto ciò è dei rifugisti che hanno voluto mettersi alla prova aguzzando l’ingegno. Un esempio? All’esterno della Capanna Alpinisti Monzesi – storico rifugio del Resegone – esistono da tempo i tavoloni di pietra che si prestano al distanziamento. Si è trattato di metterli al riparo per i giorni di pioggia ed è lì che si gusta la polenta del rifugio insaporita con le erbe aromatiche coltivate nel vicino orticello.
Alla capanna Omio della Società Escursionisti Milanesi, in Valmasino, si riparte con tre gestori: Elena, Alberto e Stefano. “Vogliamo che la Capanna”, dicono all’unisono, “rimanga un ‘rifugio’, un luogo di custodia, di amicizia, di semplicità. Vogliamo rispettare il più possibile l’ambiente che ci ospita, dalla scelta dei prodotti alimentari biologici e locali, ai detergenti biodegradabili, alla limitazione dell’energia da combustibili fossili. Vogliamo anche collaborare con i rifugi vicini, in spirito di amicizia di montagna”. Anche il milanese Francesco “Frisco” D’Alessio, guida alpina e neo gestore dell’Allievi in Valmasino del Cai Milano, è ottimista. Peccato che per raggiungerlo nel suo angolo di paradiso ci vogliano non meno di quattro ore di marcia. E tutte in salita. Altro che gridi di allarme. Se queste sono le premesse, per i rifugi alpini si è aperta una nuova grande stagione. (Ser)
