Medici di montagna. Esperienze a confronto nel Québec (1)
A Jouvence, Québec, dal 22 al 26 gennaio 2020 si è svolto il quinto “Colloque de Medicine et d’Aventure”, convegno dei medici di montagna francofoni. Quindici i medici che hanno affrontato temi relativi alle evenienze cliniche in ambiente alpino. Ne riferisce il dottor Gian Celso Agazzi che ringraziamo per l’interessante contributo.
Jasmin Lienert: il trattamento dei traumi. La prima relatrice a Jouvence è stata Jasmin Lienert, medico dell’emergenza della base Air Glaciers di Sion e dell’ospedale di Berna, che ha parlato di come fronteggiare un trauma. In caso di interessamento della colonna vertebrale il primo step è rappresentato dall’immobilizzazione, da mantenere fino alla radiografia in ambiente ospedaliero. Dopo di che si deve utilizzare il collare cervico-toracico, somministrare l’ossigeno, e infondere liquidi. Uno studio realizzato nel 1979 ha evidenziato che fino al 50% dei soggetti feriti che sono stati vittime di incidenti hanno subito una lesione al rachide. Attualmente l’incidenza delle lesioni del rachide è in diminuzione, probabilmente per le maggiori misure di prevenzione e la superiore accuratezza delle prime manovre di soccorso Nonostante questo, ancora oggi si discute sull’opportunità dell’immobilizzazione. L’applicazione di un collare cervico-toracico rigido oltre a richiedere più tempo ai soccorritori, può provocare dolore, agitazione, compromissione delle vie aeree, diminuzione del ritorno venoso, a volte peggioramento neurologico. Quindi ci sono casi in cui è opportuno limitarsi a stabilizzare l’infortunato sulla tavola spinale, evitando questo presidio. Va detto, inoltre, che, nel caso di traumi cervicali penetranti, non si deve ricorrere all’immobilizzazione, pena un aumento della mortalità. Si tratta di raccomandazioni basate sull’esperienza clinica. Interessante l’utilizzo della Proteina S 100 B nei traumi cranici minori, quale marcatore di danno cerebrale primario, per evitare un utilizzo eccessivo della diagnostica per immagini (Tc).
Éric Notebaert: le emorragie del traumatizzato. Éric Notebaert, medico di medicina d’urgenza dell’Hôpital du Sacré Coeur di Montreal ha parlato delle novità a proposito delle emorragie nel traumatizzato nella fase preospedaliera e in urgenza. Facendo riferimento a una meta-analisi effettuata su 24 studi il relatore ha affermato, valutando i rischi e i benefici della rianimazione ipotensiva, che si evidenzia una diminuzione di mortalità tra i pazienti emorragici ipotesi, con un diminuito utilizzo di globuli rossi concentrati, minor somministrazione di cristalloidi, minor disfunzione degli organi. Si assiste al ritorno dell’utilizzo del sangue intero, più efficace e più facile da gestire anche in ambiente impervio. L’infusione di plasma fresco congelato nei pazienti emorragici durante il trasporto aereo fa diminuire la mortalità. Il PAMPER Trial ha evidenziato (N Engl J Med 2018; 379:315-326DOI: 10.1056/NEJMoa1802345) in uno studio effettuato su 501 pazienti che 230 sono stati trattati con plasma fresco congelato e 271 sono stati, invece, rianimati secondo i trattamenti standard. A trenta giorni i primi hanno avuto una minore percentuale di mortalità. Il beneficio diminuisce nei soggetti trasfusi in modo massivo. In un esame retrospettivo della letteratura (piuttosto scarsa) circa l’utilizzo di lacci emostatici si evidenzia che spesso vengono posizionati da personale non sanitario, sono facili da utilizzare e sono efficaci e sicuri nel 78-100% dei casi con rare complicazioni. La tecnica REBOA rappresenta una nuova frontiera per il trattamento delle emorragie interne non comprimibili. Lo shock emorragico non controllabile rappresenta il fattore primario per la mortalità precoce nel paziente vittima di un trauma. È in questo contesto che si inserisce la citata tecnica che consiste nel gonfiaggio di un palloncino all’interno dell’aorta in grado di arrestare l’emorragia e dare maggior tempo all’équipe chirurgica per intervenire. Il palloncino va posizionato al di sopra della zona in cui è avvenuta l’emorragia. La tecnica viene utilizzata soprattutto nei traumi addominali e pelvici. Esistono solo due studi in fase pre-ospedaliera. Ne vanno meglio definite le indicazioni e sarebbe bene creare un registro per raccogliere i vari casi. Si tratta di una misura temporanea, di facile utilizzazione e priva di conseguenze. Air Zermatt ha stilato una “check list” circa l’utilizzo degli emoderivati in ambiente pre-ospedaliero. Si può considerare l’utilizzo della vasopressina nei casi di shock.
Matthieu De Riedmatten: traumi cranio-cerebrali gravi. Matthieu De Riedmatten, anestesista di Sion, past president del GRIMM (Groupe d’Intervention Médicale en Montagne), ha parlato dei traumi cranio-cerebrali di tipo severo. La presentazione ha avuto inizio con la descrizione di un caso a lui capitato riguardante un giovane free rider di 24 anni vittima di un grave incidente e che, nonostante un severo trauma cranico, si è ripreso completamente. Il relatore ha sottolineato l’importanza della prevenzione, in particolare dell’uso del casco. L’83% dei traumi cranici gravi va incontro a una cattiva evoluzione clinica. Nei due terzi dei casi i traumatizzati non sono professionisti. L’incidenza è di 10,58 casi per centomila abitanti all’anno. L’età media dei traumatizzati cranici severi è in aumento nei paesi sviluppati. Per prima cosa va effettuata sul terreno una valutazione clinica della gravità in base al Glasgow Score. I traumi cranici severi hanno un Glasgow Score <9 dopo una rianimazione non chirurgica (intubazione, mannitolo, infusione di liquidi per via endovenosa). La mortalità supera il 40%. Si può effettuare, poi, in base ai risultati della Tc, in ospedale, la classificazione di Marshall, che valuta i pazienti in base al tipo di lesione. In seguito il traumatizzato cranico va seguito nell’evoluzione del Glasgow Outcome Score. Esiste anche una classificazione a seconda del tipo di lesioni focali o diffuse. L’outcome di questi traumatizzati è fortemente influenzato dalla qualità del trattamento eseguito nelle prime ore dopo il trauma. Il peso del cervello è pari al 2% di quello del corpo umano. Il liquido cefalorachidiano funziona da ammortizzatore per il cervello. La scatola cranica costituisce un contenitore che non si adegua all’eventuale aumento del volume di quanto contiene, che è così distribuito: 85% parenchima cerebrale, 10% liquido cefalorachidiano e 5% volume sanguigno. La lesione iniziale si aggrava con la comparsa di un edema cerebrale, che ha come conseguenze un accumulo di liquido intracellulare (edema citotossico) e un aumento della distanza tra vasi sanguigni e cellule che impedisce alle cellule stesse di ricevere ossigeno, glucosio, e di eliminare i cataboliti.
I primi dieci minuti dopo un trauma cranico rappresentano la “fase iniziale critica”, cruciale, eppure poco descritta in quanto di solito non è presente un medico. Successivamente si verificano due reazioni significative: l’apnea e la massiva risposta del sistema simpatico. Segni di impegno cerebrale sono: asimmetria pupillare, pupille dilatate e fisse (uni o bilaterali), movimento di decorticazione o di decerebrazione, depressione respiratoria, Triade di Charcot (ipertensione, bradicardia, respirazione irregolare). Due anni dopo un trauma cranico severo l’80% dei pazienti è in grado di camminare, ma l’80% ha turbe di tipo cognitivo-comportamentale. Poco più della metà, dopo tre anni, ha un rendimento lavorativo completo.
In caso di simili incidenti il medico si trova a dover affrontare una minaccia per la vita (in particolare a causa dell’ipotermia), un’evacuazione rapida, e la medicalizzazione, il tutto movendosi in uno scenario impervio e condizioni atmosferiche spesso inclementi. Oltre a mettere in pratica le procedure dell’ABCDE dell’ATLS e del GCS (triage), a stabilizzare le funzioni vitali e a limitare i danni cerebrali secondari, occorre somministrare l’ossigeno, ventilare, intubare per via oro-tracheale (GCS <9), proteggere il rachide (collare cervico-toracico, stabilizzazione della colonna vertebrale durante il trasporto), somministrazione di cristalloidi isotonici e di Na Cl 0,5% per sostenere il circolo sanguigno.
Gian Celso Agazzi
(1 – Continua)
