Aule all’aperto, è il momento di approfittarne

Il nuovo “quaderno” su montagna e scuola.

Le mascherine servono, non servono, boh, chissà, ma di sicuro servono al personale sanitario. Serve però starsene all’aria buona, chi se lo può permettere. Soprattutto dovrebbero farlo i ragazzi costretti dall’epidemia a rimanersene in casa visto che scuole e università sono chiuse fino a nuovo ordine. E’ il caso di ricordare insieme con John Muir, profeta americano della vita in mezzo alla natura, che “un giorno in montagna è meglio di una carrettata di libri”. Questo è quanto si legge nel quaderno “La montagna fa scuola” curato da Laura Guardini e Roberto Serafin con il contributo dell’Enel e dedicato all’outdoor education nel quadro delle iniziative dell’associazione milanese “Quartieri tranquilli”. L’argomento è di strettissima attualità come conferma Michele Comi, geologo, educatore e guida alpina valtellinese. “Con il perdurare della chiusura delle scuole”, spiega Comi in FB, “vorrei trasportare l’aula all’aperto, con piccoli gruppi in cammino, coinvolgendo i miei ragazzi e alcuni compagni secondo le disposizioni sanitarie vigenti. Un’occasione per recuperare un’educazione che si realizza al meglio quando avviene in natura, quando l’esperienza all’aperto fa bene al corpo, alla sua capacità di movimento, all’esercizio dei sensi. Un’alternativa ai sistemi scolastici tradizionali, utile a sperimentare esperienze, incontri e a favorire un’attenzione diretta e non frammentata, non solo per conoscere la montagna e alcuni aspetti scientifici, ma per favorire relazione tra i ragazzi in un contesto di socializzazione spontanea”.

Michele Comi

Per saperne di più, Comi (info@mountlab.it) sarà lieto di essere contattato. Non va comunque dimenticato che, epidemie a parte, la virtuosa educazione alpina trova sempre più applicazione in una miriade d’iniziative. Si corre nei prati, ci si arrampica sugli alberi, si scavano buche e si osservano gli insetti nei numerosi asili nel bosco. In Lombardia ne esistono 14 secondo l’Ersaf. Uno di questi viene gestito dall’associazione culturale “Come tetto un cielo”. Non è una scuola, perché non ha le maestre. In effetti non è nemmeno un asilo, perché è senza banchi e muri. Quello che fanno nei boschi di Valbrembo (Bergamo) 14 bambini dai due ai sei anni, dalle 9 alle 15.30, da settembre a giugno, si chiama educazione in natura. Sempre nel citato “quaderno” di “Quartieri tranquilli” si viene a sapere che a Biella, dove nel 1891 nacquero le storiche “Carovane scolastiche” considerate le prime iniziative dell’Alpinismo giovanile del Cai, un patto di ferro è stato stretto nel secondo millennio fra le istituzioni scolastiche e il Club Alpino Italiano. Ufficialmente è del 2012 la nascita del Gruppo Alpinistico Scolastico (Gas), ma in realtà il protocollo è il risultato di un’esperienza in comune quasi trentennale. Risale infatti al 1987 l’inizio della attività educativa in montagna della scuola media di Mosso. I promotori furono il presidente della sezione Piero Bedotto e il preside della scuola media Fausto Berti. Appassionato coordinatore è l’insegnante Giuseppe Paschetto.

Da quei primi campi estivi si passò presto a escursioni e ricerche fatte anche durante gli orari scolastici e nelle domeniche, coadiuvati da un nutrito gruppo di accompagnatori di Alpinismo giovanile del Cai e coinvolgendo sempre di più genitori e volontari. I ragazzi di Mosso hanno potuto conoscere sul campo i molteplici aspetti del territorio e della natura, non solo montana, ma anche rivivere pagine di storia, come quelle legate alla 2ª Guerra Mondiale. Innovativo viene ritenuto l’approccio didattico e pedagogico del Gas. L’ambiente naturale, insomma, può diventare un’opportunità per fare storia, scienze, arte, cultura. E l’emergenza sanitaria di questi tempi difficili può essere una buona occasione per farlo (Ser)

L’invito di Michele Comi a “esplorare il proprio saper stare con gli altri” (da internet). In apertura il corona virus nella giocosa interpretazione di un ragazzo di Varese. (ph. Serafin/MountCity)

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