Dopo il riconoscimento Unesco. Alpinismo e ruolo sociale
La vittoria, si sa, ha molti padri. Lo dimostrano le voci favorevoli (finora registrate sui media) alla promozione dell’alpinismo da parte dell’Unesco quale patrimonio immateriale dell’umanità: una categoria che nel 2003 venne inserita nell’elenco dei Monumenti del Mondo (World Heritage). Unica eccezione appare per ora la voce dissonante del venerabile Carlo Alberto Pinelli, padre degli ambientalisti, accademico del Cai, che a questa “patacca”, come lui la definisce, dedica una sferzante requisitoria nel sito di Mountain Wilderness. Ma perché stupirsi del riconoscimento Unesco? L’alpinismo di riconoscimenti ne ha ricevuti a valanghe fin dalla notte dei tempi. Nobile come un lavoro lo definì Guido Rey all’inizio del secolo scorso e la frase finì sulle tessere di tutti i soci del Club Alpino Italiano. Più di recente come qualcuno ricorderà, difendere il ruolo sociale dell’alpinismo, promuoverlo in tutti i modi possibili, fu il tema di un “manifesto” divulgato nel 2011 in Francia dalle “Assise dell’alpinismo” a cura del Club Alpin Francais.
Come hanno dunque accolto la promozione in questo storico 11 dicembre 2019 gli alpinisti che il francese Lionel Terray definì in un suo celebre libro “conquistatori dell’inutile”? Con curiale letizia lo storico Museo della montagna, nel dare l’annuncio urbi et orbi che l’11 dicembre 2019, Giornata delle montagne l’Unesco ha iscritto l’alpinismo nella Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità, rivendica il suo importante contributo scientifico offerto nella circostanza e auspica (come viene riferito a parte in questo post) azioni concrete a favore dell’alpinismo. Quali staremo a vedere.
Lieto che il progetto, a cui ha lavorato con tanti amici – nel suo ruolo di allora direttore del Museo Nazionale della Montagna – abbia raggiunto il meritato successo è anche Aldo Audisio. “Un bel risultato”, lo definisce, “a riprova della bontà dell’operazione, anche superamento di atteggiamenti negativi e di tanti dubbi espressi dal ‘nostro’ mondo della montagna”. La fumata bianca dell’Unesco ha ricevuto l’ovvia benedizione del Club Alpino Italiano. Nel sito del Cai il presidente generale Vincenzo Torti precisa tuttavia che “se da un lato questo riconoscimento internazionale contribuirà a dare visibilità all’alpinismo in quanto tale, dall’altro comporterà l’obbligo di adottare specifiche misure di salvaguardia”, e preannuncia azioni di sensibilizzazione partendo dal presupposto che, “ferma la libertà di accesso alle montagne, l’avvicinamento alla loro frequentazione richiede fasi di apprendimento e di accompagnamento, l’esatto contrario della superficialità con cui vengono pubblicizzati messaggi di avventura no-limits”.
Esulta senza riserve invece l’assessore all’Ambiente della Valle d’Aosta Albert Chatrian. “Non possiamo”, dice, “che essere felici per questo prestigioso riconoscimento di un’attività nata tra le nostre montagne e che fa parte della cultura e delle tradizioni valdostane”. Soddisfazione viene espressa da Reinhold Messner ma con dei distinguo. “Occorre definire”, spiega il re degli ottomila, “di quale alpinismo si tratta. Di quello che sarà presente alle Olimpiadi di Tokyo attraverso le gare di arrampicata? Questo è sport. Delle salite su piste già preparate da altri per arrivare sulla cima dell’Everest o del Monte Bianco? Questo è turismo”. Una palese bocciatura all’alpinismo di oggi che già Walter Bonatti bollò una trentina d’anni dichiarando una certa ripugnanza per “gli ormai proliferanti avventurosi del business e dello spettacolo”.
In tono più sommesso Hervé Barmasse riflette sul fatto evidente che “noi alpinisti, con il nostro esempio, saremo i messaggeri di quei valori e di quell’etica che aiuteranno a sensibilizzare l’opinione pubblica al rispetto delle terre alte del nostro pianeta”. Ma poi, su tanto esaltarsi ed esaltare le virtù del riconoscimento Unesco arriva, non del tutto imprevista, la doccia fredda di Pinelli. “Posta nei termini perentori e istituzionali con cui è stata enunciata”, scrive il grande Betto, che è anche presidente onorario di Mountain Wilderness International, “tutta la faccenda puzza di retorica lontano un miglio. E anche, purtroppo, di retorica a buon mercato. Se proprio vogliamo trovare un lato positivo alla proposta, questo sta nella possibilità di dichiarare esplicitamente non-alpinismo le ascensioni all’Everest e agli altri Ottomila compiute dalle spedizioni commerciali con esteso uso di corde fisse, bombole di ossigeno e servizievoli squadre di portatori/guide sherpa. Ma chiediamocelo chiaramente: per condannare tali pratiche ci serve proprio il timbro di garanzia dell’Unesco?” (Ser)

Il comunicato del Museo Nazionale della Montagna
Il Museomontagna è lieto di annunciare l’ingresso dell’Alpinismo nella lista rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità. I 178 paesi che compongono il Comitato Intergovernativo dell’UNESCO – riuniti in Colombia, a Bogotá – hanno votato ieri, alle 22.30 ora italiana, a favore dell’iscrizione ai sensi della Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, siglata a Parigi nel 2003.
Il dossier è stato presentato dalla cordata internazionale Italia, Francia e Svizzera, con la Francia nel ruolo di capofila. L’UNESCO ha riconosciuto l’elevato valore della candidatura, congratulandosi con gli Stati proponenti per aver elaborato un dossier multinazionale di alta qualità che riflette la collaborazione tra le comunità sia nella preparazione della candidatura sia nella salvaguardia dell’elemento, sottolinea l’importanza delle conoscenze tradizionali sulla natura e fornisce un esempio virtuoso di un rapporto sostenibile tra l’uomo e il suo ambiente.
Per parte italiana, oltre al Comune di Courmayeur, che dal 2008 ha sostenuto la candidatura, un ruolo determinante è stato svolto dal CAI attraverso il contributo scientifico del Museo Nazionale della Montagna – CAI Torino, che ha contribuito alla redazione del dossier tecnico, e dal CONAGAI – Collegio Nazionale Guide Alpine Italiane. Il supporto istituzionale a livello nazionale è stato garantito dal prezioso lavoro della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO e dal MiBACT – Ministero per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo.
Il Comitato riconosce che l’iscrizione dell’Alpinismo evidenzia lo stretto rapporto tra patrimonio culturale immateriale, ambiente e sviluppo sostenibile, rafforza il senso di responsabilità condivisa per il mantenimento e il recupero di luoghi di notevole valore sociale e sensibilizza gli Stati contraenti in merito alla presenza di una storia e di valori comuni.
Il riconoscimento UNESCO apre la strada ad azioni concrete a favore dell’alpinismo. Temi cruciali sui quali lavoreranno tutti i partner con un coordinamento internazionale sono l’evoluzione della pratica davanti agli effetti dei cambiamenti climatici, l’adozione di strategie comuni davanti alla questione della responsabilità e dell’assunzione del rischio da parte degli alpinisti, in particolar modo gli accompagnatori, il mantenimento e il rinnovamento anche tecnologico dei rifugi nell’ottica della sostenibilità, la documentazione e valorizzazione culturale, la trasmissione della pratica alle nuove generazioni, la libertà di esercizio dell’alpinismo nel rispetto dell’ambiente e della natura.
Museo Nazionale della Montagna
Torino, 12 dicembre 2019
