Patrimoni dell’umanità. L’alpinismo come il tango

Data storica l’11 dicembre 2019, Giornata delle montagne. L’Unesco ha iscritto l’alpinismo nella Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità al pari della pizza, del tango, dell’opera dei pupi, così via. E anche al pari della transumanza la cui candidatura, leggendo i giornali di giovedì 12 dicembre, fa più notizia di quella dell’alpinismo che lascia generalmente indifferenti. E si può capirlo: l’attività riguarda si e no il quattro per cento dei soci del Club alpino che comunque praticano quello che gli inglesi definiscono mountaineering, cioè l’andare in montagna e godersela con i dovuti riguardi. Sostenuta dalle comunità di alpinisti e guide francesi, italiane e svizzere, questa candidatura multinazionale presenta in ogni modo l’alpinismo come “una pratica fisica tradizionale contraddistinta da una cultura e una socialità condivise”. La decisione è stata presa dal Comitato Intergovernativo per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, riunitosi a Bogotá (Colombia) per il suo quattordicesimo incontro.

Indubbiamente lo “spirito di cordata” dell’alpinismo, “legame fisico essenziale nell’immaginario degli alpinisti”, incarna, come recita la motivazione della candidatura, “quel senso di solidarietà che impone ai compagni di risalita una comprensione reciproca e una costante condivisione delle responsabilità”. Da notare che il primo passo per il riconoscimento fu compiuto tra il 2009 e il 2010. Nel frattempo anche il ballo tondo, la dieta mediterranea, l’opera dei pupi, il tango – considerato un ballo peccaminoso per il fronte cattolico che ne auspicava l’abolizione – e l’Arte del pizzaiolo napoletano (Art of Neapolitan ‘Pizzaiuolo’) sono stati insigniti come patrimoni dell’Umanità.

Particolare significativo. L’ idea dell’alpinismo patrimonio immateriale dell’umanità venne coltivata con largo anticipo anche dal compianto Walter Bonatti. Che tuttavia si riferiva a un alpinismo epico, by fair means, rispettoso dell’ambiente mentre oggi un groviglio di interessi grava intorno all’alpinismo, specie quello himalayano, con la complicità di certa stampa cosiddetta specializzata. Per l’esattezza Bonatti una trentina d’anni fa dichiarò a chiare lettere il suo sdegno per “gli ormai proliferanti avventurosi del business e dello spettacolo”.

Bonatti fu buon profeta. Oggi siamo arrivati a un vero e proprio circo sostenuto da media, social e sponsor. E in molti oggi si chiedono a chi interessa questo alpinismo mentre tutti sono in grado di capire l’importanza della migrazione stagionale del bestiame, leggasi transumanza. Bene ha fatto perciò il presidente del Cai Vincenzo Torti a sottolineare in FB con molta concretezza come i Club alpini proponenti, italiano, francese e svizzero, al pari dell Guide alpine e dei Comuni transfrontalieri, “siano tenuti ad azioni di sensibilizzazione verso i possibili nuovi aderenti, partendo dal presupposto che, ferma la libertà di accesso alle montagne, l’avvicinamento alla loro frequentazione richiede fasi di apprendimento e di accompagnamento, l’esatto contrario della superficialità con cui vengono pubblicizzati messaggi di avventura no-limits”. (Ser)

L’annuncio su La Stampa del 12 dicembre 2019. Anche l’alpinismo ora è patrimonio Unesco.

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