Zecche, un’insidia anche in pieno inverno

“Zecche: un problema emergente anche in provincia di Bergamo” è stato il tema di un convegno svoltosi sabato 26 ottobre 2019 presso la sede dell’ordine dei Medici della provincia di Bergamo. Hanno introdotto i lavori Guido Marinoni presidente dell’Ordine dei Medici di Bergamo, e Benigno Carrara presidente della Commissione Medica del CAI di Bergamo. Pubblichiamo quattro relazioni per cortese interessamento del dottor Gian Celso Agazzi.

 

  • LE ZECCHE DELLE NOSTRE MONTAGNE

Gioia Capelli, veterinaria parassitologa

Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie

La relatrice ha affermato che la zecca Ixodes ricinus (zecca dei boschi o delle pecore o zecca seme di ricino), appartenente agli Artropodi, ordine degli Ixodidi, classe Aracnidi, é per quasi il 100% responsabile della trasmissione della malattia di Lyme e della TBE. Si tratta di una specie trifasica (tre ospiti), con una certa complessità del ciclo biologico. Vi sono una grandissima quantità di ospiti e una minor varietà di ambienti che possono accoglierle. Produce qualche migliaia di uova e, poi, muore. Si nutre di sangue (micro-mammiferi e uccelli). Il ciclo parte dallo stadio di larva (breve pasto di sangue), poi, cade nel terreno. Segue lo stadio di ninfa, che è molto attiva, e che deve cercare un altro ospite. Poi, consuma un pasto di sangue un po’ più lungo (1 settimana). Cade a terra, e muta in adulto, che cerca un animale ospite più grande (bovini, cervi, cani, caprioli, cinghiali). L’intero ciclo biologico si può concludere in circa tre anni. L’uomo non è l’ospite preferito per la zecca, perché poco provvisto di peli.

Le zecche sopravvivono bene anche d’inverno, pure su terreni innevati. Preferiscono l’ombra e detestano il sole. La zecca è attiva da febbraio a novembre. Vi sono due picchi di attività in primavera e in autunno. Il numero delle zecche diminuisce nei mesi di luglio e di agosto, causa il clima caldo e secco. I fattori che influenzano il ciclo vitale sono la presenza e l’abbondanza degli ospiti, la temperatura dell’aria, l’umidità relativa e la vegetazione. Le zecche avvertono le vibrazioni e l’anidride carbonica presente nell’aria. Alcune specie di zecche vanno alla ricerca dell’ospite, mentre altre specie corrono dietro all’ospite. Le zecche vivono attaccate alle piante che crescono ai margini dei sentieri, in attesa degli ospiti da parassitare. Attendono il suo arrivo sui fili d’erba e sui cespugli. Ecco perché si raccomanda di tenere puliti i sentieri. I problemi si verificano quando ci sono troppi disequilibri in natura (troppi cinghiali, uccelli o micro-mammiferi, come i roditori). I grossi mammiferi amplificano la popolazione di zecche. I piccoli topi sono il recevoir per le zecche. Le zecche si spostano con gli ospiti, come gli uccelli. È difficile conoscere quante zecche si trovano in una certa area. L’OMS ha messo a punto dei metodi (studi entomologici) mediante l’uso di coperte che vengono stese sul terreno da valutare. Gli studi vengono fatti sulle zecche raccolte da animali domestici, da zecche raccolte da animali selvatici o da zecche raccolte nell’ambiente. Vengono stabiliti dei tassi di infezione per animale o per uomo. Viene redatto un bollettino settimanale per il monitoraggio.

I focolai di TBE sono ristretti, legati ai topolini di foresta, che hanno una vita molto breve. Nelle provincie di Lecco e Sondrio si trova la maggior parte di casi di malattia di Lyme. Esistono delle coinfezioni. Il rostro delle zecche è costituito da delle lame molto affilate che penetrano nella cute. Il morso non genera dolore. Vengono iniettate sostanze anestetiche, cementanti e anticoagulanti. Durante il pasto di sangue la zecca può aumentare di oltre 20 volte il suo volume. La trasmissione dei patogeni avviene in questa fase. I virus vengono trasmessi subito, mentre i batteri impiegano 24/48 ore per infettare l’ospite. Ecco perché si deve cercare di rimuovere le zecche il prima possibile. La presenza di un patogeno nella zecca non vuol dire necessariamente che vi sia infezione. È opportuno portare le zecche, morte o vive presso gli Istituti Zooprofilattici. Per esempio quello di Brescia, che, poi, le inoltra al Centro di Reggio Emilia. Occorre cercare il patogeno qualora insorga una sintomatologia e conservando la zecca in un piccolo barattolo viva o morta in frigorifero. Le zecche vivono non soltanto in montagna, ma pure in città nei parchi pubblici, per la presenza di cani e uccelli. I parchi estesi supportano la presenza di popolazioni di animali selvatici (roditori, volatili). Il primo patogeno per l’uomo è la Rickettsia. Il 10% delle zecche staccate dall’uomo è infetta. La TBE va di pari passo con la produzione di pinoli, che favorisce la presenza di topolini nelle foreste. L’abbandono della montagna, i cambiamenti climatici e gli interventi umani sul territorio incrementano l’espansione delle zecche. Dal punto di vista statistico l’uomo viene colpito per il 17% dalla Rickettsia spp., per lo 0,8% dall’Anaplasma phagocytophilum, dalla Borrelia afzelii per lo 0,5%, dalla Borrelia valaisiana per lo 0,3% e dalla C.N. mikurensis per lo 0,6%. Il Dermatocenter reticulatus e lo Hyaloma marginatum, specie difasica (larve e ninfe sullo stesso ospite) vengono trasporati dagli uccelli (Spagna). Sono molto prolifici. I principali fattori che influenzano le variazioni di incidenza della TBE sono presenza, densità e fluttuazioni di animali recevoir, l’abbandono delle aree collinari e montane, il clima e l’impatto dell’uomo sull’ambiente.

 

  • LA MALATTIA DI LYME

Anna Beltrame

Dipartimento di Malattie Infettive, Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, Negrar (Verona)

Anna Beltrame, esperta di malattie rare e zoonosi, è stata la seconda relatrice del convegno e ha parlato della malattia di Lyme. Con la TBE, è una delle patologie più conosciute trasmesse dalle zecche. É stata descritta nel Connecticut (USA), nel 1977.

Erano allora segnalate nei ragazzini delle artriti, accompagnate da eritemi cutanei non dolenti, che si allargavano. Fu il ricercatore Willy Burgdorfer tra i primi a descriverla. La malattia è presente anche in Europa (Germania, Slovenia). In Italia è stata descritta per la prima volta nel 1984 (Liguria, Friuli, Venezia Giulia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana). È stata considerata una malattia rara come la Lebbra. In realtà non lo é. Tra il 2006 e il 2018 ne sono stati osservati 757 casi in Veneto. La malattia oggi dà diritto a un’esenzione sanitaria. Nel 2019 sono stati segnalati 41 casi a Negrar. Occorrono campagne di prevenzione, di educazione e di formazione. Il rischio di contrarre la malattia è basso (5% di rischio). Dopo un morso di zecca non è necessario somministrare una profilassi antibiotica. Si deve, piuttosto, fare un monitoraggio.

Il periodo di incubazione varia dai 7 ai 14 giorni (3-30 giorni). La relatrice ha paragonato la malattia di Lyme alla Sifilide. Vi sono, infatti, la fase iniziale (precoce localizzata) caratterizzata dalla comparsa dell’eritema migrante (disseminazione cutanea), la fase disseminata e, infine, la fase tardiva, rara. Nella fase iniziale la clinica è essenziale. Occorrono 2-4 settimane perché gli anticorpi facciano la loro comparsa nel sangue. Il picco delle IgM compare a sei settimane (il dosaggio deve essere ripetuto dopo 2-3 settimane). Scompaiono dopo 4-6 mesi. Se non compaiono le IgG si tratta di un falso positivo (4-6 settimane). La presenza delle IgG testimonia un’infezione in atto. Il picco compare a 2-3 mesi e rimangono a lungo anche dopo il trattamento. Serve un test di conferma tramite western blot. Compare 7-14 giorni dopo il morso della zecca (3-30 giorni) l’eritema cutaneo (>5 cm.) (40-60%), non caldo né dolente. È una lesione cutanea (macula/papula) rossa o rosso-bluastra che si estende lentamente (giorni/settimane) con o senza una zona centrale più chiara. Segue una sintomatologia di accompagnamento (un terzo dei soggetti) (artralgia, mialgia, malessere, cefalea, astenia).

Se non viene effettuata una terapia l’eritema si allarga. Può essere confuso con una Tigna Corporis. La fase precoce disseminata compare nell’80% dei soggetti non trattati. La Borrelia si diffonde per via ematica/linfatica nei diversi organi. Compaiono sindrome simil-influenzale, numerosi eritemi migranti, mialgia, artralgia, radiculopatia (di solito dopo mesi), ricorrenti episodi di artrite transitoria, cardite con difetti della conduzione. Come terapia si usa la doxiciclina (1 cpr. da 100 mg. ogni 12 ore per 14 giorni). L’alternativa è la somministrazione di amoxicillina (1 gr. ogni 8 ore per 14-21 giorni). La malattia di Lyme precoce con sospetto interessamento neurologico richiede sempre una valutazione specialistica, tenendo presente che l’arco di tempo nel quale può compa rire la sintomatologia varia da una settimana a tre mesi dal morso). Possono manifestarsi una meningoradicolite (Bannwarth syndrome) o una paralisi del III,°IV°, VI° nervi cranici. Frequente nei bambini la paralisi del nervo facciale V°. Nel caso occorre effettuare una rachicentesi (pleiocitosi linfocitaria) e la sierologia del liquido cefalorachidiano. La “late Lyme Borreliosis” compare raramente ed è difficile da curare (Ceftriazone per 30 giorni).

 

  • L’INFEZIONE DA VIRUS TBE

Simone Vasilij Benatti

Malattie Infettive

Asst Papa Giovanni XXIII°, Bergamo

Il relatore ha parlato della TBE (Tick Borne Encephalitis), una malattia infettiva che può essere trasmessa dalle zecche, e che è provocata da un Flavovirus. Tre sono i sottotipi del virus: europeo, siberiano e quello dell’Estremo Oriente. L’infezione presenta un tasso di mortalità dell’1%. Dal 1° gennaio al 31 maggio 2019, al sistema di sorveglianza nazionale integrata delle arbovirosi sono stati segnalati quattro casi confermati (tutti autoctoni) di TBE, secondo quanto riportato nel portale dell’epidemiologia del Istituto Superiore di Sanitá. Cervi e piccoli roditori rappresentano il recevoir della malattia. Il vettore la zecca Ixodes Ricinus nell’Europa Occidentale e Ixodes Persulkatus in Russia. La trasmisione avviene per via transovarica, transstadiale (varie mute della zecca) o tramite il “co-feeding” (roditori). Nel 12% dei casi la malattia necessita di cure intensive e può presentare molte sequele. Ha un’epidemiologia “a chiazze” (pochi metri quadrati). Le maggiori responsabili della trasmissione sono le ninfe in quanto più attive. La temperatura compresa tra 6 e 25°C è favorevole, come pure l’umidità. Le zone più idonee a questo tipo di zecca sono quelle boschive, frequentate dalle capre, e dalle pecore. Il consumo dei derivati del latte non pastorizzato favorisce la malattia. La maggior parte dei casi di infezione avviene a quote inferiori ai 750 metri, ma sono descritti casi anche oltre i 1500 metri. La malattia veicolata dall’Ixodes Persulkatus è più grave con possibili sequele. L’Austria e la Slovenia sono nazioni ad alta endemia (1 caso/100.000 abitanti in Austria). I maschi di mezza età o i bambini sono i più colpiti. L’incidenza è in aumento (14 casi nel 2006, 39 casi nel 2018 confermati nel Triveneto). Nel 30% dei casi i pazienti non si ricordano di essere stati morsicati da una zecca. Possono esserci malattie concomitanti (Borreliosi). Il periodo di incubazione può durare da 4 a 28 giorni. Una parte delle infezioni decorre in modo asintomatico. Il 25% dei soggetti sviluppa sintomi. La malattia presenta un andamento di tipo bifasico. Una prima fase di 5 giorni con febbre nel 90% dei casi, cefalea e dolori diffusi. Poi, si può avere una fase di benessere (da 7 a 21 giorni). Infine una fase di recrudescenza, meningoencefalitica. Molti pazienti vanno incontro a complicanze (meningite nel 50%, meningoencefalite nel 40% e mielite nel 10%). Nel corso della prima fase compare la viremia e la PCR serve per far diagnosi. Nel corso dell’interessamento neurologico servono la sierologia e il dosaggio di IgM e IgG. Le IgG sono rilevabili a vita. Si può avere una cross reattività con altre malattie da Flavovirus come la febbre gialla. La malattia si dimostra più severa negli anziani. Non esiste terapia specifica, ma solo di supporto. La RMN (risonanza magnetica nucleare) cefalica è di scarso aiuto diagnostico (18% dei casi). Nel 46% dei casi si sviluppa una sindrome post-encefalitica. Fondamentale la prevenzione. Esistono 5 tipi di vaccini, 2 registrati in Europa. In Italia esiste il Tico Vac (0,5 ml., Baxter). Vengono somministrate 3 dosi, con un richiamo ogni 5 anni, o prima nei soggetti anziani. Il vaccino risulta efficace nel 92-100%. Vanno vaccinate le persone esposte o che vivono in specifiche aree “selvatiche”. “Vanno vaccinati i soggetti a rischio. L’uso di immunoglobuline iperimmuni è sconsigliato. È obbligatoria la denuncia. La gravità della malattia è crescente, non trascurabile. In caso di necessità di esami sierologici ci si può rivolgere al Servizio di Microbiologia del Policlinico S. Matteo di Pavia.

 

  • IL VIAGGIATORE INTERNAZIONALE E IL MORSO DI ZECCA

Andrea Rossanese

Infettivologo dell’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, Negrar (Verona)

Responsabile “Travel Clinic”

Esperto di medicina dei viaggi e di wilderness medicine, Andrea Rossanese, ultimo relatore, da oltre vent’anni segue soggetti nel pre e nel post-viaggio (vaccinazioni, profilassi, ecc.). Nel mondo vengono segnalati 100.000 casi di malattie trasmesse dalle zecche. Sono seconde solo alle malattie trasmesse dalle zanzare. Sono le prime malattie per morso da vettore negli animali. Si può pensare ad una malattia trasmessa da zecche quando ci sono febbre, rash cutanei specie se con febbre acuta altrimenti inspiegabile, febbre associata a sintomi neurologici. Ma anche: febbre, alterazioni della funzionalità epatica, febbre con piastrinopenia, o febbre con neutropenia. Altri elementi anamnestici utili: residenza, viaggi, lavoro, stagionalità, esposizione alle zecche. Rossanese ha parlato di tre criteri importanti per valutare la malattia. Il primo è quello geografico. Le malattie trasmesse dalle zecche non sono mai al primo posto nelle febbri “da rientro”. Il criterio temporale. Si tratta di agenti patogeni con emivite brevi (entro 3 settimane), entro il primo mese dal rientro da un viaggio (mai dopo sei mesi dal rientro da un viaggio).

Il criterio clinico aiuta ad inquadrare il paziente. Fondamentale è la prevenzione. La profilassi antibiotica non serve, salvo nel caso del tifo delle boscaglie, o tifo fluviale giapponese (Tsutsugamushi), provocato dal morso di pulce. Si devono indossare abiti coprenti (pantaloni dentro al calzino). Si devono usare repellenti con DEET (N-dietiltoluamide), efficace per 4 ore (concentrazione 30-50%). Si può usare la Permetrina, impregnando gli abiti (Jungle Formula, DEET al 48,5%). Agisce al 100% se spruzzata sugli abiti, causando danni al sistema nervoso delle zecche. Dura anche dopo 4-5 lavaggi. Fare sempre il “Tick-Check” (controllo delle zecche presenti sul corpo) dopo un’escursione, specie dopo un soggiorno nelle zone a rischio.

 

  • LE INDICAZIONI DELL’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITA’

Che cosa non fare in caso di puntura

  • Non utilizzare mai per rimuovere la zecca: alcol, benzina, acetone, trielina, ammoniaca, olio o grassi, né oggetti arroventati, fiammiferi o sigarette per evitare che la sofferenza indotta possa provocare il rigurgito di materiale infetto.

Che cosa fare 

  • La zecca deve essere afferrata con una pinzetta a punte sottili, il più possibile vicino alla superficie della pelle, e rimossa tirando dolcemente cercando di imprimere un leggero movimento di rotazione. Attualmente si possono trovare in commercio degli specifici estrattori che permettono di rimuovere la zecca con un movimento rotatorio
  • durante la rimozione bisogna prestare la massima attenzione a non schiacciare il corpo della zecca, per evitare il rigurgito che aumenterebbe la possibilità di trasmissione di agenti patogeni
  • disinfettare la cute prima e dopo la rimozione della zecca con un disinfettante non colorato. Dopo l’estrazione della zecca sono indicate la disinfezione della zona (evitando i disinfettanti che colorano la cute, come la tintura di iodio)
  • evitare di toccare a mani nude la zecca nel tentativo di rimuoverla, le mani devono essere protette (con guanti) e poi lavate
  • spesso il rostro rimane all’interno della cute: in questo caso deve essere estratto con un ago sterile
  • distruggere la zecca, possibilmente bruciandola
  • dopo la rimozione effettuare la profilassi antitetanica
  • annotare la data di rimozione e osservare la comparsa di eventuali segni di infezione nei successivi 30-40 giorni per individuare la comparsa di eventuali segni e sintomi di infezione
  • rivolgersi al proprio medico curante nel caso si noti un alone rossastro che tende ad allargarsi oppure febbre, mal di testa, debolezza, dolori alle articolazioni, ingrossamento dei linfonodi.

A cura del dottor Gian Celso Agazzi

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