Alla festa dei premi “Meroni” brilla la stella di Messner junior

Per decidere di premiarlo, la giuria ha dovuto superare l’ostacolo psicologico che a quanto si dice sfavorisce i “figli d’arte”. Questo si legge nella motivazione del Premio Marcello Meroni che venerdì 22 novembre 2019 a Milano, presso l’Università degli Studi, è stato consegnato per l’alpinismo a Simon Messner nel corso di una cerimonia molto partecipata, aperta dalle parole di benvenuto del rettore Elio Franzini. “Le imprese del giovane Messner”, si legge nel verdetto della giuria, “sono legate a quella tradizione che non parla di numeri, di difficoltà, di tempi, nella profonda convinzione che l’alpinismo non è misurabile e tanto meno soggetto a paragoni, perché ogni avventura rimane unica e a se stante. Un esempio perciò, quello di Simon, di quale possa e debba essere l’atteggiamento dei giovani verso l’ambiente naturale e l’alpinismo, un alpinismo di ricerca, rispettoso della storia e della natura”.

Una bella soddisfazione è stato questo premio ormai entrato nei riti ambrosiani della montagna per il ventinovenne Simon che ha avuto per padrino, come vuole il regolamento, una firma autorevole dell’alpinismo, lo scrittore Luca Calvi esperto traduttore e portavoce del Gotha alpinistico mondiale. Unico maschio e penultimo dei quattro figli di Reinhold, di recente Simon aveva ricevuto a Lecco anche il Premio Alpinistico Stile Alpino per le prime salite compiute quest’estate in Pakistan su due seimila: l’ascensione solitaria del Geshot Peak/Toshe III (6200 metri), di fronte al Nanga Parbat, e il Black Tooth (6718 metri), cima secondaria della Muztagh Tower, in Karakorum, condivisa con Martin Sieberer. Due prime che hanno consacrato il suo ingresso nell’alpinismo professionale oltre che nella squadra di un noto marchio di attrezzatura di montagna.

Reinhold e Simon Messner. Unico maschio e penultimo dei quattro figli, Simon si è aggiudicato la dodicesima edizione del Premio Marcello Meroni.

Alla Statale, nella cerimonia per la consegna della dodicesima edizione dei Premi Marcello Meroni organizzati dalla Società Escursionisti Milanesi con il patrocinio del Comune di Milano, Simon era in buona compagnia. Le targhe sono andate a Soledad Nicolazzi, attrice e regista di Carrara, per un suo appassionante monologo sulle cave di marmo, al grande alpinista Denis Urubko, alla Stazione del Soccorso Alpino di Lecco (che ha ricevuto anche il premio del pubblico presente alla premiazione), alla Società Italiana di Medicina di Montagna che di recente ha celebrato il ventennale, all’accademico del Cai Giuliano Bressan specializzato in materiali e tecniche, alla geologa Guglielmina Diolaiuti che dedica la sua vita allo studio dei ghiacciai, alla Scuola Quintino Sella di Biella. Ma di questa bellissima festa orchestrata da Nicla Diomede con la regia di Claudio Bisin, con presenze illustri in campo alpinistico come quelle dell’alpinista kazako Denis Urubko, del presidente generale del Cai Vincenzo Torti e della Vicepresidente di Mountain Wilderness International Gabriella Suzanne Vanzan, occorrerà riparlare in questo sito che si onora di rappresentare uno dei partner del riconoscimento.

Gentile, aperto e disponibile, Simon lo è stato come sempre nella bella serata all’Università degli Studi presentata da Luca Calzolari. Avere un grande nome da gestire impone anche buone regole di comportamento. “Il mio nome è e sarà sempre messo in relazione con quello di mio padre. E’ anche per questo”, ha detto Simon, “che sento di voler fare qualcosa di leggermente diverso e cercare di arrampicare quando mi interessa farlo, non quando devo. Molti atleti devono partire per portare qualcosa a casa e pubblicare le ascensioni, io mi sento libero e questo è molto importante per me”.

Simon Messner con la targa del premio dedicato a Marcello Meroni. Accanto a lui l’organizzatrice Nicla Diomede e Luca Calvi che ne ha presentato la candidatura.

“Nel mese di giugno ero con Simon in Himalaya”, ha a sua volta raccontato Reinhold Messner al periodico tedesco Zeit in una lunga intervista tradotta in italiano da Lorenzo Dotti. “Volevamo fare la prima salita di un seimila. Sotto uno strato ghiacciato c’era un metro di neve vecchia che ho ritenuto molto pericolosa. Volevo smettere, per me era troppo pericoloso. Simon disse che sarebbe andato comunque. Non potevo proibirglielo, ha 29 anni. Ho atteso al campo base. I locali lo hanno festeggiato, perché erano contenti che questa montagna fosse finalmente vinta. Simon successivamente ha puntato a una montagna ancora più difficile, che anche io volevo salire per la prima volta. Improvvisamente qualcuno chiamò (al telefono n.d.t.) e disse che Simon era disperso. Per un giorno intero non ci fu notizia di sorta, nessuna certezza. Ho subito capito che là non si poteva fare nulla. Nebbia, neve, tempesta, un elicottero non poteva volare”.

“Mi sono improvvisamente sentito dall’altra parte, quella in cui i miei genitori si sono trovati per una vita”, racconta ancora Messner sr. “Ma paura è la parola sbagliata, prima viene la preoccupazione molto concreta che tuo figlio possa veramente morire. Pensavo, in modo del tutto razionale, cosa si potesse fare Ma non c’era nulla che io potessi fare: per questa difficile escursione ero troppo vecchio, non abbastanza in forma. Sapevo che in ogni escursione di questa dimensione si può morire. Questo è sempre chiaro”. Orgoglioso di suo figlio? “L’importante è che trovi la sua strada: vale per tutti i giovani”, è stata la lapidaria risposta di Reinhold a Elvira Serra che lo ha intervistato per il Corriere della Sera. Forse Simon, laureato in ingegneria, alpinista appassionato, la sua strada la sta ancora cercando. Ma il tempo per farlo non gli mancherà e la volontà nemmeno. Buona montagna intanto caro Simon! (Ser)

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