Tra fiction e memory, due modi di raccontare il Devero

Contro il progetto di ampliare l’area sciistica nell’Alpe Devero (Vco) si continuano a raccogliere firme. Ora sono salite a 88 mila e continuano a crescere grazie alla petizione “Salviamo l’Alpe Devero”, un’area protetta delle Alpi Lepontine di estremo pregio ambientale e paesaggistico che rischia di essere snaturata dall’anacronistica proposta di una forte infrastrutturazione con impianti a fune, interventi immobiliari e opere di servizio. Fatta salva questa premessa, non può che essere considerato un atto d’amore per “il” Devero il libro scritto a quattro mani da Alberto Paleari e Mirella Tenderini. E anche se non si accenna esplicitamente al progetto “Avvicinare le montagne”, nel volume “L’Alpe Devero tra sogni e ricordi” pubblicato da MonteRosa edizioni nella collana “Le parusciole” (168 pagine, 14,90 euro), il messaggio emerge chiaro. Nessuno tocchi questo “lembo di paradiso” come lo definisce la Tenderini che lassù salì negli anni Settanta con i suoi bambini e il marito Luciano, guida alpina, per gestire il rifugio Enrico Castiglioni all’epoca situato nella Casa della Contessa e oggi dislocato in un altro sito della piana.

“Per me il Devero era un luogo magico”, scrive Mirella nel suo “memoir” che occupa la seconda parte del libro mentre in apertura viene ripubblicato il romanzo “La casa della Contessa” con cui Paleari, rinomata guida alpina, iniziò nel 1993 la sua attività di romanziere nella collana dei Licheni. Si può concordare con la scrittrice. “E stata una piacevole sorpresa”, scrive Mirella, “trovare il Devero parecchio cambiato, sì, ma con garbo. Adesso c’è una strada carrozzabile, è vero, però si arresta prima di entrare nella piana…C’è qualche casa nuova sì, ma con la stessa struttura delle vecchie case, con il tetto di pietre…Persino la Casa della Contessa trasformata all’interno in condominio, all’esterno è rimasta simile a com’era prima”.

Mirella Tenderini con i suoi bambini negli anni Settanta.

Ecco, è in questa casa oggi trasformata in condominio che Paleari colloca un intrigo dominato dalle figure di Oreste e Maria, strana coppia salita lassù a occuparsi di questa “casa” risalente all’Ottocento e ristrutturata dall’Enel. Attorno ai protagonisti, pure invenzioni scaturite dalla fervida fantasia di Paleari, si aggirano in un curioso mix di realtà e fantasia personaggi reali, che di questo angolo di Alpi hanno scritto la storia. La presenza di una maga e di un maldestro angelo sterminatore la dicono lunga sull’abilità dell’autore nel riempire il romanzo di sortilegi come in certi libri di Gianni Rodari, così bravo nel cogliere il grottesco e il ridicolo nelle sue storie, facendone un’opera abbordabile anche dai ragazzi (a parte una parentesi di erotismo che può essere giudicata di una certa audacia). Paleari ama raccontare ma più ancora raccontarsi, e non ci si meraviglia se la sua fiction si sviluppa anche più giù, lungo il percorso della Toce, nella sua Gravellona, mettendo a frutto i ricordi della sua giovinezza. Infine, è curioso notare come il racconto di Paleari e quello della Tenderini combacino “fra sogni e ricordi” in un’alchimia che ha ben pochi riscontri o forse non ne ha nessuno tra i tanti libri di montagna dedicati a questo incantevole, fragile Devero oggi esposto a inquietanti strategie affaristiche. (Ser)

Alberto Paleari

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