Vette sovraffollate? Evitiamo il proselitismo

Sabato 12 ottobre 2019 si è svolto a Domodossola il Convegno Nazionale del Club Alpino Accademico Italiano (CAAI) organizzato dal presidente del Gruppo Occidentale, Mauro Penasa e da Giovanni Pagnoncelli. Introducendo il simposio, il presidente generale Alberto Rampini, dopo aver ricordato le iniziative portate avanti dall’Accademico nell’ultimo anno (tra le quali Convegni, Meeting di arrampicata, Premio Paolo Consiglio, Pubblicazioni), ha illustrato il problema del sovraffollamento delle aree alpine, soprattutto nelle zone più rinomate: una problematica sulla quale Rampini ritiene che l’associazione dovrà lavorare e prendere posizione in futuro anche “con il ripensamento di certe forme anomale di proselitismo da parte anche delle associazioni alpinistiche” . Qui il testo integrale dell’intervento.

Alberto Rampini

Le cronache di questa estate, sia alpine che himalayane, hanno portato all’attenzione generale, anche ben oltre i limiti dell’ambiente alpinistico, il problema del sovraffollamento delle aree alpine, soprattutto nelle zone più rinomate. I livelli attuali di frequentazione della montagna, esplosi negli ultimi anni sotto la spinta delle iniziative promozionali e della rete, rappresentano un rischio effettivo per la sopravvivenza dell’ambiente montano come tutti noi continuiamo ad immaginarlo, come oasi di tranquillità e di vita ancora legata ad un ambiente naturale sopravvissuto alla rivoluzione industriale. Un ambiente che dovrebbe imboccare strade di sviluppo ben diverse da quelle della pianura se si vuole evitare che ne diventi una replica alla lunga poco interessante e questo tolga gran parte del suo valore all’esperienza alpinistica. Così come occorre mettere un freno alle devastazioni ambientali ad uso turistico e ripensare i criteri di sviluppo delle aree montane, occorre recuperare il concetto e il valore originario dell’alpinismo, come esplorazione, scoperta e sfida leale con la montagna e le pareti, individuando chiaramente il limite che separa lo sport arrampicata dall’alpinismo.

Lo sport arrampicata, a diffusione ormai di massa, necessita di strutture artificiali omologate che meglio si collocano in contesti urbani o di prossimità mentre l’alpinismo dovrebbe basarsi su un uso parsimonioso e del tutto soggettivo dei mezzi artificiali e quindi con impatto ambientale ridotto. E l’impatto ambientale ridotto deriva poi soprattutto dal naturale ridimensionamento dei flussi di frequentatori. La migliore salvaguardia per l’alpinismo e la libertà di praticarlo passa attraverso uno sviluppo sostenibile del numero dei praticanti con il ripensamento di certe forme anomale di proselitismo da parte anche delle associazioni alpinistiche. Sembra giunto il momento di valutare con maggiore criticità l’opportunità di organizzare eventi promozionali a forte impatto e attività formative per un pubblico generalista che vuole provare un’esperienza diversa, concentrando gli sforzi sull’attività educativa e formativa di coloro che già per passione propria si avvicinano alla montagna e all’alpinismo, con gradualità e passione.

Non possiamo escludere altri modi di vedere le cose, ma ognuno di noi ha l’obbligo morale di impegnarsi e lottare con coerenza e decisione per portare avanti le idee che riteniamo migliori.

Alberto Rampini

Presidente generale del Club Alpino Accademico Italiano

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