Il laboratorio-montagna e Il Sole 24 Ore
Centosei pagine in formato 20×28 per spiegare, nella carta color paglierino con cui viene confezionato Il Sole 24 Ore, l’economia della montagna. Diretto da Fabio Tamburini, chiuso in redazione il 24 aprile 2019, l’opuscolo si chiama, appunto, “L’economia della montagna”. Tabelle, grafici, dati statistici contribuiscono a definire l’immagine di una montagna in cerca di nuova vivibilità e ne emerge un racconto a più voci per dimostrare, a dispetto di tanti abitanti delle valli che si danno addosso la croce mostrandosi vittime di una società che li sfrutta e non li comprende, la vitalità delle terre alte. Un dato su tutti salta all’occhio in queste pagine: fra il 2004 e il 2014 la popolazione montana nel suo complesso è cresciuta dall’1,3 per cento. Dopo la grande emorragia avvenuta per lo più fra gli anni Cinquanta e gli anni Novanta, con la fuga verso le città industrializzate, il processo di impoverimento demografico si è stabilizzato: addirittura, in una provincia come l’Alto Adige, si arriva a parlare di un “boom”: il numero di abitanti continua a crescere, passando dai 504.643 abitanti del 2011 ai 527.750 abitanti a fine 2017.
Anche il tasso di fertilità totale (1,72 figli per donna in età fertile) in provincia è il più alto di tutto il territorio nazionale. Non sorprende che le donne siano un elemento cruciale nelle comunità delle Alpi. Michela Zucca, antropologa milanese che ha fondato la rete delle donne della montagna, ne è convinta: dalle donne viene la spinta all’innovazione, il bisogno di qualità, la volontà di recupero delle tradizioni. Il fascicolo del Sole 24 Ore offre fin dalla lettura del sommario l’idea che nessun aspetto sia stato trascurato dell’ evoluzione del laboratorio-montagna. Quello che manca è il controcanto di chi considera, in termini ambientali, anche gli aspetti negativi di questa evoluzione. “Sotto una pista da sci, ma spesso anche sotto il tracciato di un sentiero sassoso e impervio”, spiega Alberto Orioli nell’introduzione, “corrono cavi e tubi. Portano acqua, elettricità e fanno transitare dati. Un mondo. Simile a quello di tante altre infrastrutture di pianura. Ma più invisibile che mai, attento a non disturbare una natura che resta un valore. Il vero valore della montagna e del suo immaginario dove la vastità e la potenza, la vertigine e l’armonia sono fusi da sempre”. Basta così. Liberi tutti, è ovvio, di considerare diversamente, nell’incalzare delle avversità climatiche, il valore di quei cavi e quei tubi.
Nell’ordine vengono analizzati, nei brevi saggi dell’opuscolo, i simboli (la montagna diventa social), i distretti (ad alta quota la zone industriali sono l’eccellenza), gli impianti (impiantisti leader in Europa), energia (impianti idroelettrici e fonti rinnovabili), lo sport (le olimpiadi 2026 spingono il pil con 2,2 miliardi), il turismo (soggiorni più corti ma per più periodi), i prodotti (l’agri foot, le acque minerali), gli immobili (la casa in montagna resta un investimento vantaggioso), i borghi (patrimoni da salvare), le reti (servizi e internet, le vere armi per la lotta allo spopolamento), l’innovazione (la montagna come piattaforma per le start up).
Può darsi, come altrove si è ipotizzato, che in alcuni casi lo sconsiderato proliferare dell’impiantistica sia visto come lesivo dei valori ambientali, ma occorre prendere atto, insieme con il giornale di Confindustria, che il settore rappresenta un potente moltiplicatore in termini di economia e posti di lavoro. Un euro di fatturato di un impianto di risalita, a quanto viene spiegato, ne genera tra i 7 e i 10 nella filiera a monte e a valle: maestri di sci, ristoratori e commercianti da un lato, artigiani e operatori di diverso genere dall’altro. ”La fabbrica altoatesina di funivie Leitner oggi ha 3500 dipendenti, di cui un terzo in Italia”, precisa Valeria Ghezzi, presidente dell’Associazione nazionale esercenti funiviari. E a proposito d’impiego, un progetto realizzato dal team di ricerca Unimont – centro di eccellenza della montagna dell’Università Statale di Milano – dislocato a Edolo (BC) e finanziato da Regione Lombardia, assessorato Enti Locali, Montagna, Piccoli comuni, ha indagato le aziende a conduzione giovanile nelle sette provincie con territorio montano (Bergamo, Brescia, Como, Lecco, Pavia, Sondrio, Varese) della regione registrando che circa 11,200 imprese attive nei comuni montani delle sette province esaminate è condotto da giovani imprenditori e che le opportunità per le imprese e i nuovi imprenditori è simile a quella riscontrabile nelle aree urbane e in genere di pianura.
E infine un aspetto riguarda anche chi si dedica per pura passione o per business a tenere in vita sul web siti dedicati alla montagna. I social network vengono considerati un’arma possibile e potente per rompere l’isolamento. Sono molti, a quanto informa Barbara Ganz, i siti che si occupano di montagna (a partire da quello istituzionale del Cai): www.mountcity.it,ne ha censiti almeno una trentina, da Alpinia.net che si occupa di editoria a Ruralpini.it che si occupa di rilanciare l’alpeggio e Mountlive.com che racconta la vita di montagna e non solo gli aspetti sportivi o ricreativi, come tendono a fare quasi tutti i social. (Ser)